Vittorio, il sinonimo di vittoria

0
1988
Vittorio Attili, classe 1995, attaccante della Rappresentativa del Lazio e del Monterotondo Lupa (foto LND)
Vittorio Attili, classe 1995, attaccante della Rappresentativa del Lazio e del Monterotondo Lupa (foto LND)

Definirlo eroe è sicuramente sbagliato, perché gli eroi con lo sport e il calcio hanno poco a che fare. Ma di certo, la settimana vissuta in Sardegna da Vittorio Attili, diciotto anni compiuti una decina di giorni fa, ha qualcosa di speciale per un giovane calciatore. Vincere, segnare ed essere il simbolo di un succeso che il Comitato Regionale Lazio ha atteso per diciasette anni si può definire una combinazione straordinaria. Che rende naturalmente felice, per non dire raggiante, il giovane attaccante romano del Monterotondo Lupa, che al Torneo delle Regioni ha segnato sei reti in sei partite con la Juniores di Giuliano Giannichedda, campione d’Italia per la quinta volta, l’ultima nell’ormai lontano 1996.

“Sì, indubbiamente ricorderò a lungo questa avventura. Questa straordinaria avventura, vissuta con un gruppo di ottimi ragazzi, amici prima ancora che compagni di squadra”. Venti giovanotti che i diciotto anni li hanno compiuti poco prima di prendere il volo per Cagliari o, addirittura, li hanno compiuti mentre si giocavano un pezzetto di storia (calcistica). “Io ero uno di quei ragazzi ( gli altri erano Schiavon e ………. ) che hanno raggiunto i diciotto anni in Sardegna, nel ritiro della nostra Rappresentativa. Ho festeggiati insieme agli altri ragazzi, ma soprattutto segnando due gol nella gara d’esordio del torneo”.

Già, perché Vittorio Attili ha da subito detto a tutti che questa era il suo torneo. La manifestazione che l’avrebbe (e l’ha) consacrato come attaccante di razza. A dispetto dei provini non andati a buon fine e dei passaggi, più o meno fortunati, nelle giovanili di Roma e Lazio. “Alla Roma sono stato due anni, giocando negli Esordienti e nei Giovanissimi con Pisani allenatore. Alla Lazio, invece, ho trascorso solo un mese, la scorsa estate. Sono stato con la Primavera di Bollini, poi sono venuto via perché non c’è stato accordo. Tra chi? Lasciamo stare, è acqua passata e non ho più voglia più parlarne”.

Del presente, però, Vittorio Attili, faccia da scugnizzo e una ragazza da qualche parte che lo sta aspettando, parla più che volentieri, “perché dopo aver vinto il Torneo delle Regioni ed essere stato capocannoniere del torneo, se vinco anche il campionato con il Monterotondo Lupa, avrò vissuto una stagione a dir poco eccezionale”. Che potrebbe aprirgli, stavolta sì, le porte del mondo dei professionisti. “E’ naturale che ci pensi. Lo fanno tutti i ragazzi della mia età che giocano a calcio, perché dovrei essere diverso?”. Soprattutto ora che in Sardegna è stato l’alfiere di un successo che non è un successo solito. E’ la vittoria di un gruppo sotto età, rispetto ai limit imposti dalla Lega Dilettanti in questo torneo. “A dire il vero, nessuno di noi si è accorto di questa differenza. Giochiamo quasi tutti in Eccellenza e ogni domenica ci troviamo a dover giocare con degli uomini, quindi qual’ era il problema?”.

Musica dolce per le orecchie del presidente del Comitato Regionale, Melchiorre Zarelli, che ha fortemente voluto una squadra di soli ’95, che Giuliano Giannichedda, l’ex centrocampista di Lazio, Juventus e della Nazionale diventato allenatore in casa Cr Lazio, ha assemblato perfettamente. “E’ un gruppo fantastico, ottimo sotto ogni profilo. Ci siamo trovati benissimo insieme”, ammette Attili che dopodomani, nel match di recupero contro il Morolo, tornerà ad essere uno dei protagonisti dell’Eccellenza. “Finora ho segnato cinque reti, ma nelle giovanili la mia media è stata di una ventina di gol a stagione”. Cinque reti, quasi tutte pesanti come quelle segnate con la maglia della Rappresentativa. E spesso arrivate quando gli altri già pensavano alla doccia nello spogliatoio. “Sì, è vero, segno spesso nei finali di partita e il perché è facile da spiegare: io sono uno che non molla mai, che corre fino al novantesimo e oltre perché credo che il risultato, e il go, possano arrivare sempre, anche all’ultimo minuto delle partite”.

Il gol, appunto. In Sardegna ne ha segnati in tutti i modi: di piede, di testa, di rapina, su punizione. “Io preferisco fare molto movimento in mezzo al campo, non amo stare fermo ad aspettare il pallone, anche se ammette che mi piace dribblare. Le punizioni? Bè, definirmi uno specialista sarebbe troppo, però mi piace tirarle. Contro la Calabria mi sono preso la responsabilità di calciare a pochi minuti dalla fine dell’incontro perché me la sentivo. Ed ho avuto ragione”.