Vice Presidente Vincenzo Calzolari, un’altra edizione del Torneo Roma Caput Mundi è al via…
«E siamo arrivati all’undicesima edizione, un traguardo importante per questa manifestazione».
Che lei ha vissuto in pieno sin dal primo giorno, per il suo ruolo di responsabile delle Rappresentative…
«Sì, sono stati undici edizioni che ci hanno accompagnato dal 2004 ad oggi con tante emozioni e sensazioni».
Ce ne racconta qualcuna?
«Bè, forse mi ripeto ma quando incontrai il figlio dell’ex leader della Libia, Saadi Gheddafi, quello rimane un momento indimenticabile. Fu una visita inaspettata nell’hotel che ospitava la Libia».
I Paesi africani hanno caratterizzato soltanto le prime edizioni del torneo…
«Ricordo che oltre alla Libia, ospitammo anche la Costa d’Avorio, che aveva dei calciatori davvero bravi e fortissimi fisicamente. Portarli in Italia, tuttavia, non era facile, e non lo è tuttora…».
Negli anni ci sono state anche le presenze di rappresentative sudamericane e cinesi.
«Sì, i paraguaiani fecero una cosiddetta “toccata e fuga”: arrivarono all’ultimo momento e vinsero il torneo con un po’ di sorpresa di tutti. Ma, d’altronde, in squadra avevano calciatori davvero bravi anche se allora sconosciuti come Estigarribia. I cinesi, invece, erano agli albori delle loro esperienze calcistiche. Vennero con tanti giovani, il cui tasso tecnico non era elevatissimo. Ma mi sorpresero per la loro organizzazione di gioco».
Ma il torneo si identifica soprattutto con l’Europa…
«Com’è giusto che sia, visto che siamo nella Comunità Europa. Ne abbiamo avute di squadre continentali, dalla Lettoria alla Russia, dalla Spagna, che portò una rappresentativa andalusa, alla Croazia e alla Slovenia».
Romania, Grecia e Inghilterra sono invece le nazioni più affezionate.
«Ormai sono di casa qui da noi. Le accogliamo, ogni anno, con tanto entusiasmo e loro con altrettanto entusiasmo vengono a giocare da noi. Con loro si è instaurato un grosso rapporto di amicizia e stima reciproca».
Che si è allargato, ora, a Galles, Albania e Malta, anche loro ormai tradizionali partecipanti.
«Se chi viene da noi torna volentieri, significa che si trova bene. Che le location in cui le ospitiamo sono all’altezza degli standard internazionali e che il livello del torneo è buono».
Senza dimenticare la Nazionale Dilettanti della LND, ovviamente
«No, assolutamente. E come potremmo, d’altronde, visto che nell’albo d’oro del torneo l’Italia LND figura scritta per ben tre volte. Dopo la Romania, che ha fatto man bassa di trofei, è la nazionale che ha fatto meglio al Roma Caput Mundi».
A proposito di livello, il CR Lazio come si accinge a vivere il torneo?
«Con lo spirito di sempre, che è quello di ben figurare al cospetto di nazionali importanti e di spessore internazionale».
Quest’anno si darà spazio ai ragazzi di classe ’99…
«Come ormai accade da alcuni anni, il presidente Zarelli vuole che il torneo sia riservato ai ragazzi under 17 in modo che per loro sia un primo passo verso una possibile affermazione in campo calcistico».
Roma Caput Mundi come vetrina dei ragazzi del Lazio, dunque.
«Sì, possiamo dire così, anche se ovviamente sul piano sportivo puntiamo sempre a fare bene. D’altronde, in due edizioni, siamo riusciti ad arrivare in finale, e questo significa che il valore del nostro calcio giovanile può competere con gli standard internazionali».
Ma come ci arriva la Rappresentativa Juniores?
«Con entusiasmo, come sempre. Il tecnico Marco Ippoliti ha messo su una rosa che, credo, possa fare la sua bella figura. Nel percorso di avvicinamento al torneo, ci siamo confrontati con squadre di serie D proprio per alzare l’asticella dei test e avvicinarci al confronto con quello che avremo con le nazionali giovanili di altri paesi».
Che sono tecnicamente un passo avanti, essendo espressione di una nazione e non di un movimento regionale…
«Lo sappiamo, ma il bello del nostro torneo sta anche in questo. Mettere a confronto diverse realtà calcistiche e culturali, per far crescere gli uni e gli altri e allargare gli orizzonti calcistici di questi ragazzi. Eppoi, il calcio ci ha spesso insegnato che il campo dà giudizi che non sempre tengono conto dei valori indicati alla vigilia».
Quindi?
«Quindi, andiamo in campo e giochiamo. E vinca il migliore…».