Disturbi del comportamento alimentare, la dottoressa Salvetti avverte gli atleti

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Nella giornata nazionale dei disturbi del comportamento alimentare (celebrata con il fiocchetto lilla) abbiamo intervistato la dottoressa Gaia Salvetti, laureata in Scienze Motorie e Sportive, in Scienze Dietetiche e Specializzata in Nutrizione Sportiva

  • Dottoressa, cosa si intende per Disturbi del comportamento alimentare

I Disturbi del Comportamento Alimentare (o DCA), recentemente definiti Disturbi della Nutrizione e dell’Alimentazione (DNA), sono psicopatologie caratterizzate da un’alterazione delle abitudini alimentari e da un’eccessiva preoccupazione per il peso e le forme del corpo.

  • Da quanto tempo si è cominciato a definire il settore dei DCA?

La prima diagnosi di anoressia risale al 1689 ma è solo negli anni Settanta che essa si afferma come un vero e proprio disturbo alimentare. Il terrore di ingrassare e il “vedersi grasso”, associati a un reale sottopeso, è stato definito esplicitamente come anoressia nervosa

soltanto dal 1900.

  • Spieghiamo se si tratta di un qualcosa di circoscritto o se i numeri ci stanno spingendo verso un’emergenza?

I disturbi alimentari possono colpire individui di ogni età, genere, orientamento sessuale, etnia e area geografica. ha l’età d’esordio più bassa, più alta invece nella <nervosa o nel disturbo da alimentazione incontrollata. L’esordio di un DNA è maggiore tra i 15 e i 18 anni, con maggiore

dott. ssa Salvetti

incidenza del sesso femminile. A livello globale, la prevalenza dei disturbi alimentari è stimata in aumento del 25%, ma solo il 20% circa di queste persone tende a chiedere aiuto ed è disposto a seguire un percorso di cura.

  • Nello sport ci sono attività che mettono più a rischio DCA?

Certamente. Vi sono diverse tipologie di sport che sono maggiormente esposte. Gli sport cosiddetti estetici (la danza, il nuoto sincronizzato e la ginnastica artistica), gli sport che prevedono una categoria relativa al peso (il pugilato e le arti marziali), gli sport chenecessitano di strutture minute e peso corporeo basso (il ciclismo e nell’equitazione), gli sport che mettono in evidenza la massa muscolare (più frequente la dismorfofobia nel body building).

  • Nel calcio esistono casi di DCA? 

Soprattutto nel calcio femminile. Secondo un sondaggio tra le calciatrici che hanno partecipato a uno studio condotto dalla FIFPRO per monitorarne la salute, un’atleta su cinque ha sofferto di disturbi alimentari nell’arco di un periodo di 12 mesi.

  • I DCA nascono da comportamenti individuali o sono scatenati dagli ambienti circostanti?

Entrambi. Si è visto come il ruolo genetico abbia un ruolo importante. Ma sicuramente ci sono circostanze che possono facilitarne l’insorgenza. L’estetica sportiva è una di queste. La pressione extra esercitata dai coach, dalla famiglia e dai compagni di squadra per raggiungere determinate prestazioni può contribuire a livelli estremi di perfezionismo e competitività. Quando un atleta viene premiato per la sua competitività, per aver perso peso, per aver vinto o per aver fatto un nuovo record, questa lode può innescare, rinforzare o normalizzare pensieri e comportamenti relativi al disturbo alimentare.

  • Si possono individuare sintomi iniziali quali spie del problema?

Certamente. Una perdita/aumento di peso repentina, un rapido declino/aumento dell’assunzione di cibo, il parlare in continuazione di cibo, peso e dimensioni del corpo, un abuso di pillole dimagranti, lassativi o diuretici, il mangiare di nascosto, nascondere il cibo e sentirsi fuori controllo quando si tratta di cibo, il negare problemi relativi al cibo e all’alimentazione. Fino ad arrivare alle complicanze della salute.

  • A livello nazionale o internazionale ci sono particolari localizzazioni geografiche?

A livello globale, si stima che oltre 55 milioni di persone soffrano di disturbi alimentari, di cui 20 milioni risiedono in Europa. In Italia si registrano circa 3 milioni di casi, pari a circa il 5% della popolazione. I dati riportati sono in crescita, complice l’impatto della pandemia di Covid-19. Ad esserne colpita è principalmente la popolazione femminile con un rapporto tra femmine e maschi di circa 9 a 1.

  • Cosa fare se si sospetta un DNA in ambiente scolastico/sportivo/familiare?

Rivolgersi a figure professionali, come Dietista e Psicologo. Senza paura, senza vergogna. Parlarne con Allenatori, Familiari, Amici. Anche se il problema è in una fase iniziale, o non sembra essere ancora grave, è meglio prevenire lo sviluppo, lento e silenzioso, di queste malattie. Si parla in primis di anoressia e bulimia, ma ci sono tante manifestazioni del DNA/DCA.