Poco prima di Natale aveva dichiarato che il suo obiettivo, nell’immediato, era quello di migliorare il record personale di gol realizzati nella scorsa stagione. Uno score che parlava di 18 reti, messe a segno con la maglia della Lupa Frascati nel campionato di Serie D. Oggi, dopo le prime 18 giornate del campionato di Eccellenza, Renan Pippi questo suo piccolo obiettivo l’ha già quasi raggiunto, portandosi a quota 18 reti in 17 gare giocate (18 effettive, ma nella trasferta di Monte San Giovanni Campano, terminata non a caso 0-0, lui era fuori per squalifica). E non c’è da stupirsi, visto che l’attaccante brasiliano della Lupa Castelli Romani è uno che di gol in carriera ne ha fatti tanti, calcando campi importanti e militando per diverse stagioni nel calcio professionistico.
Tanto che in molti in estate si sono stupiti nel vederlo scendere di categoria, affrontando l’Eccellenza come l’ennesima sfida da vincere. D’altronde, l’attaccante della Lupa Castelli Romani è uno a cui la vita ha insegnato ben presto che bisogna lottare e fare sacrifici se si vuole inseguire un obiettivo. E lui lo ha capito presto, fin da quando giovanissimo ha lasciato la sua terra d’origine, il Brasile, per raggiungere l’Italia e rincorrere un sogno. Un sogno che lo ha portato a girare in lungo e il largo per tutto lo Stivale, togliendosi belle soddisfazioni e realizzando tanti gol, anche se da tre anni a questa parte Renan si sente a tutti gli effetti un cittadino dei Castelli Romani. Perché è qui che ha scelto di vivere, insieme a sua moglie Emanoela ed alla piccola Sara, che da pochi mesi è arrivata a rendere ancora più speciale la vita in casa Pippi.
Brasiliano di nascita, castellano di adozione, ormai sei in Italia da quando eri poco più di un ragazzino, ma come è iniziata questa avventura?
Ho iniziato a giocare nel Gremio, dove ho fatto 5 anni di settore giovanile, poi durante una partita della Primavera un procuratore italiano mi ha visto giocare e mi ha proposto di venire in Italia. All’inizio non ero così convinto, ero molto giovane e il pensiero di lasciare tutto non era facile da accettare. Poi ho deciso di provare, e a gennaio sono arrivato al Chieti. Dopo qualche mese, allo scadere del prestito, sono tornato in Brasile e sono andato a giocare nel campionato uruguaiano, in quella che corrisponde alla serie A italiana. Ho fatto 30 partite, siglando 5 gol, e poi sono tornato qui andando a giocare con la Pro Vasto.
Eri solo un ragazzino quando hai preso la decisione di lasciare casa tua… Ti sei mai pentito della scelta che hai fatto o hai sempre saputo che era quella giusta?
Non mi sono pentito assolutamente, perché in Italia ho fatto delle grandi esperienze di vita, e non solo dal punto di vista calcistico. Sono uscito da casa quando ero piccolo, andando a vivere in un Paese diverso per lingua e cultura, lontano dalla mia famiglia e dai miei amici. Però fin dal primo momento ho imparato tanto, e non mi pento di nulla. Certo, qualche volta mi trovo a pensare che forse in quel periodo avrei potuto avere un po’ di pazienza, perché stavo crescendo in una squadra come il Gremio, tra le più importanti in Brasile, e chissà cosa sarebbe potuto succedere. Però non mi pento di niente, e sono convinto di aver fatto la scelta giusta.
I tuoi genitori come hanno reagito, quando gli hai detto che avresti lasciato il Brasile?
Sono stati fin da subito contenti, perché andavo a vivere in Europa, in un Paese come l’Italia… D’altronde io vengo da una terra di emigranti europei, e i miei bisnonni tanti anni fa avevano fatto il percorso inverso lasciando l’Italia per il Brasile, quindi per me era un po’ come tornare alle origini…
Dopo le due esperienze in Abruzzo con Chieti e Pro Vasto, arrivi nel Lazio, sponda Guidonia. Un campionato vissuto ai vertici, con risultati importanti e un gruppo straordinario. Che ricordi hai?
Ricordi bellissimi, perché a Guidonia quell’anno abbiamo fatto veramente bene. In panchina c’era Pochesci e al mio fianco tanti ragazzi di belle speranze. Nonostante fossimo una squadra molto giovane, fu un bel campionato. Io feci 15 gol, ma mi trovai ad affrontare molti problemi muscolari che mi costrinsero a saltare diverse partite, anche se alla fine collezionai 26 presenze in campionato. A fine stagione mi acquistò la Triestina, girandomi in prestito al Bellaria in serie C2, e quello fu un anno veramente importante. Saltai solamente due gare per squalifica, realizzando 16 gol e togliendomi qualche bella soddisfazione. Da quel momento ho girato un po’ di squadre, passando dalla Massese alla Cisco Roma. Qui iniziai molto bene, con 4 gol in 7 partite, poi mi infortunai e rientrai a Trieste, andando poi alla Sambenedettese. Quella fu la mia stagione più difficile, perché restai 6 mesi fermo a causa di diversi problemi muscolari, retrocedemmo, la società fallì… Anche momenti come questi, però, ti aiutano a crescere: ho imparato tanto in quell’anno, maturando e capendo molte cose.
Nemmeno in quel momento hai pensato di tornare in Brasile?
Quando sei lontano pensi continuamente di tornare a casa perché hai nostalgia della famiglia, degli amici, della tua vita. Capita che io e mia moglie, nonostante siamo felicissimi in Italia, abbiamo ormai fatto tante amicizie e siamo ormai perfettamente integrati, ogni tanto ci troviamo soli, ma nemmeno nei momenti più difficili della mia carriera ho mai pensato di scappare perché entrambi abbiamo sempre fatto questi sacrifici con la consapevolezza che fosse la cosa giusta da fare.
Tornando al calcio giocato, dopo il fallimento della Sambenedettese sei passato alla Sangiovannese, dove sei rimasto per due stagioni.
Il primo anno alla Sangiovannese è stato stupendo: nonostante le difficoltà societarie abbiamo creato un bel gruppo e siamo riusciti a raggiungere i play off per salire in C1, perdendo poi con il San Marino. A fine stagione decisi di rimanere, anche se sapevo bene che c’erano problemi societari e che non sarebbe stato facile, ma mi infortunai al ginocchio, e dopo 2 mesi fermo capii che non c’erano le basi per andare avanti e andai a Sanremo.
E sei tornato di nuovo nella Capitale…
Sì, inizialmente ho ritrovato il mio ex allenatore Pochesci al Monterotondo Lupa, ed infine sono arrivato ai Castelli Romani dove ormai mi sono stabilito da 3 anni. A Marino ho vissuto un’esperienza indimenticabile, conoscendo tra l’altro anche Marco Paolacci, con cui gioco ormai da 3 stagioni, e Orlando Fanasca, che oltre ad essere miei compagni di squadra sono dei buoni amici. Da allora ci frequentiamo anche fuori dal campo, mangiamo insieme, le nostre mogli sono diventate amiche, insomma diciamo che ormai mi sono “accasato” qui ai Castelli e sto veramente bene.
Questo è il tuo secondo anno a Frascati, anche se con due maglie diverse. La scorsa stagione hai fatto molto bene, con 18 gol in serie D che hanno contribuito al raggiungimento dei play off della tua squadra, la Lupa Frascati. L’anno passato ti ha lasciato più soddisfazioni per quanto avete raccolto o più rimpianti per non aver raggiunto l’obiettivo prefissato?
Mah, sicuramente posso dirti che per me è stato un anno molto bello. Eravamo una delle squadre più forti, è vero, e potevamo vincere il campionato. Purtroppo gli episodi ci hanno un po’ penalizzato, ci siamo lasciati scappare qualche partita che magari stavamo vincendo, non siamo stati intelligenti a gestire bene alcune situazioni, ma per me personalmente è stato un anno soddisfacente. Ho fatto 18 gol, pur convivendo con un fastidioso dolore al pube, mi sono divertito e sono stato benissimo qui a Frascati, tanto che ho deciso di rimanerci anche quest’anno.
Scegliendo appunto la Lupa Castelli Romani. Nonostante questi 18 gol in serie D, infatti, hai accettato di scendere di categoria per sposare un nuovo progetto, quello del presidente Virzi, con la voglia di metterti in gioco ancora una volta…
Quando mi ha chiamato il DS Iengo illustrandomi il progetto del presidente Virzi, ho immediatamente pensato che c’erano tutti i presupposti per far bene, e non parlo solo di quest’anno. Tutti siamo venuti qui per far bene quest’anno e vincere, per poi continuare a farlo anche l’anno prossimo. Quindi quando il 20 giugno ho ricevuto la chiamata di Iengo che mi ha proposto di venire qui, ho accettato praticamente subito, e la mia è stata una scelta di vita. La categoria non è tutto, e non nascondo che avevo ricevuto diverse offerte importanti in estate, ma le decisioni si prendono considerando anche altri fattori. Qui abbiamo un bel gruppo, giocatori forti, e oggi sono “contento estremo, al massimo”!
Dopo un avvio di campionato con il freno a mano tirato, hai preso il via ed ormai stai facendo gol a ripetizione. Sei già a quota 18, proprio come lo scorso anno, ma che obiettivo ti sei posto?
Semplicemente quello di vincere il campionato. In estate non stavo bene fisicamente, e devo ringraziare i miei compagni, il mister e il preparatore Taraborelli che mi hanno aiutato a migliorare. Senza dimenticare il presidente Virzi, che mi ha aspettato senza troppe pressioni, aiutandomi con le terapie e avendo pazienza pur vedendomi fuori per tutte le prime gare della stagione. Oggi sto bene, ma i miei gol sono per gran parte merito del collettivo. La squadra ha sempre giocato per me, e con giocatori come Colantoni, Gamboni e Fanasca in ogni partita arrivano decine di palloni perfetti in area, quindi il lavoro dell’attaccante è più facile. Personalmente, io punto sempre a migliorarmi, e non mi pongo limiti né obiettivi. Anche perché, ripeto, prima di tutto c’è la vittoria finale del gruppo, perché se non si centra l’obiettivo comune, quelli personali non contano nulla.
Oggi sei felice in Italia con tua moglie Emanoela, che è al tuo fianco da quando hai deciso di lasciare il Brasile, e la piccola Sara. Pensi che il giorno in cui smetterai di giocare tornerete in Brasile?
Sicuramente sì. Non so dire tra quanto tempo accadrà, e non ho fretta, ma la nostra vita è lì. Finché riuscirò a far bene il mio lavoro giocherò, quando non ce la farò più smetterò e torneremo in Brasile. Non so nemmeno cosa farò quando non giocherò più a calcio, ma non è ancora il momento di pensarci. Per ora, penso solo alla Lupa!
testo di Guendalina Fortunati