[gn_heading style=”2″]1984-1986[/gn_heading]
[gn_dropcap style=”1″ size=”1″]N[/gn_dropcap]ella stessa stagione della nascita del calcio a cinque federale, il terremoto colpisce la provincia di Frosinone, che nella sua attività calcistica risente di questo tragico evento. Il presidente De Angelis e i consiglieri mostrano subito grande sensibilità verso il problema e offrono collaborazione e aiuti alle società frusinati che hanno subito danni dal sisma. Anche il calcio viterbese è colpito da un evento tragico, la morte del suo presidente, il ragionier Luciano Ripamonti.
E’ il 7 luglio 1984 quando le società laziali vanno di nuovo al voto per rinnovare la dirigenza federale regionale in scadenza di mandato. L’assemblea conferma la fiducia al successore di Jacinto, Enzo De Angelis, che si rivela uomo di grande sicurezza, anche se un po’ troppo accentratore, ma comunque capace di mantenere politicamente gli equilibri giusti. Confermata anche la composizione del consiglio direttivo, che è sempre di sette elementi: così, a Eugenio Bartolozzi, Franco Ciavatta, Ruggiero Lopopolo, Raffaele Sciortino e Fausto Trani (ancora responsabile della Rappresentativa, affidata a Rolando Giovanardi e Visconti Follador) si aggiungono Giuseppe Russo (ancora oggi consigliere regionale) e Nuccio Caridi, che poi diventerà l’attuale presidente regionale del Settore Giovanile e Scolastico. Segretario viene nominato il consigliere Sciortino, mentre nella sede del Comitato il punto di riferimento diventa Alessandro Ciuffa, il dirigente al bancone che ha il primo contatto con le società e arriverà a ricoprire l’incarico di componente del Comnitato Provinciale di Roma. Il fratello Mario, invece, è l’uomo di collegamento con l’ufficio postale, un ruolo importantissimo perché per le sue mani passano tutti i referti degli arbitri.
[gn_dropcap style=”1″ size=”1″]A[/gn_dropcap]nche De Angelis, come Jacinto cura poco il rapporto con i Comitati Provinciali, considerato di secondo piano e non per la scarsa considerazione che c’è nei confronti dei dirigenti che li compongono, quanto per le ridotte funzioni attribuite agli organi periferici. Qualcosa, tuttavia, De Angelis lo fa per migliorare questa situazione. Nella riunione del Consiglio Direttivo fissata per giovedì 6 settembre, insieme al presidente del Comitato Regionale del Settore Giovanile, si ravvisa comunque la necessità e l’opportunità di migliorare la funzionalità dell’attività dilettantistica e giovanile in provincia creando una commissione speciale. “Tenuti presenti i considerevoli impegni – spiega il presidente De Angelis – che ciascun Comitato Provinciale deve già assolvere per la conduzione dei campionati di 3^ categoria e dei campionati di Settore Giovanile, si è ritenuto opportuna la creazione di un organismo al quale assegnare il compito di collegamento fra il Comitato Regionale – e in particolarte con la presidenza – e le società delle Province partecipanti ai vari campionati. Il Consiglio decide di affidare al ragionier Antonio De Bernardis, al commendador Domenico Francioni e al ragionier Angelo Marchetti, presidenti dei Comitati di Frosinone, Latina e Rieti e al cavalier Angelo Riccioni, già consigliere del Comitato Regionale, il nuovo incarico di Fiduciari della Presidenza”. Nasce anche la consulta regionale, composta dall’avvocato Dante Fedeli, da Piercarlo Giorgi, Giorgio Macagna e dai ragionieri Vittorio Mariotti e Aurelio Matteini.
[gn_dropcap style=”1″ size=”1″]L'[/gn_dropcap]attività agonistica della stagione 1984-85 viene condizionata dalle nevicate che colpisono il Lazio il 6 gennaio dell’85 e che bloccano come mai prima l’attività calcistica laziale. Il Consiglio Direttivo è costretto a riunirsi in sede straordinaria per prendere atto delle eccezionali avversità climatiche e decidere di spostare a domenica 20 gennaio le gare dei campionati previste per il giorno dell’Epifania, facendo così slittare di due settimane tutta l’attività, “non essendo possibile stabilire cronologicamente il perdurare di tali avversità”. La novità più importante della stagione è la delibera con cui il Consiglio direttivo del Cr Lazio stabilisce di elevare da 10 a 14 il numero dei gironi della Seconda categoria, in virtù della crescita del numero di squadre iscritte.
I premi Baldani, istituiti al posto del torneo riservato alle squadre di I e II Categoria di qualche anno prima, che intendono ricordare la figura di uno dei più grandi presidenti del Comitato Regionale Lazio diventano una consuetudine nelle estati e negli autunni del calcio laziale. Così il 5 ottobre 1985, nell’Hotel Ergife Palace di via Aurelia, avviene la consegna stagionale del prestigioso riconoscimento. La cerimonia è preceduta dalla relazione Consiglio Direttivo, che durante la stagione sarà chiamato a far fronte ad un problema emergente: i disagi del doppio tesseramento con il calcio a cinque, disciplina che prende sempre più piede, soprattutto a Roma. Viene pertanto stabilito che per giocare durante la settimana nel calcio a cinque serve il “nulla-osta” della società di calcio di appartenenza. Soltanto chi è in possesso di questo documento può tesserarsi anche per il calcetto, una regola che vale anche a parti invertite. Viene introdotta la limitazione nell’impiego dei giocatori in età anche nel campionato di II categoria. Il disposivito prevede l’impiego di non più di 4 calciatori al di sopra dei 27 anni. La regola andrà in vigore dalla stagione 87-88.
[gn_heading style=”2″]1986-1988[/gn_heading]
[gn_dropcap style=”1″ size=”1″]I[/gn_dropcap]l grande scandalo degli arbitri piomba sul calcio laziale nell’autunno del 1986, quando gli echi del “totonero” che ha sconvolto il calcio professionistico non si sono ancora spenti e mentre la Federcalcio vive uno dei momenti più difficili, con il commissariamento della FIGC, affidato prima a Franco Carraro e poi ad Andrea Manzella. A differenza di quanto accadde nel 1958 con Zauli, questa volta la Federazione uscirà dalla crisi con un nuovo Statuto, nuove regolamenti e nuove norme economiche ma non con un nuovo ordinamento dei campionati.
Nel pieno della crisi federale, scoppia dunque il grande scandale del calcio laziale, che viene fuori in seguito ad una denuncia del dirigente Giuseppe Carbonara, deluso per la retrocessione del Priverno in Seconda Categoria nonostante i suoi tentativi di corruzione tesi a favorire proprio il club pontino. Carbonara, ex carabiniere, ex pugile e proprietario di una piccola azienda casearia, è dirigente del Priverno Fossanova e al presidente del Comitato Regionale Lazio, Enzo De Angelis, dichiara di “essersi rovinato per comprare gli arbitri”, chiedendo quindi “il ripescaggio per meriti sportivi” della sua squadra. Ricevuto l’ovvio rifiuto di De Angelis, il dirigente del Priverno sporge denuncia, inviandola per conoscenza al presidente del Comitato Regionale Lazio e a Tonino Vitullo, Commissario regionale degli arbitri. Inizialmente sono cinque le partite indicate come “corrotte”, ma l’inchiesta porta subito alla luce un’altra serie di incontri in cui il tema della corruzione è dominante.
Il sistema per indirizzare il corso delle partite viene messo in piedi un anno prima la sua deflagrazione da Giuseppe Carbonara e da Giuseppe Neroni, presidente del Priverno e zio del Carbonara, che il 19 novembre 1985 incontrano all’Eur gli arbitri Bruno Esposito e Brunello Brunelli, ai quali viene proposto il primo illecito. Gli incontri si susseguono durante il campionato e coinvolgono altri direttori di gara e anche il designatore dei guardalinee Sergio Cavaliere. A far venire completamente alla luce il sistema di corruzione molto diffuso nei campionati regionali laziali è la confessione di quattro arbitri (Elia Catalano, Alfredo De Rosa, Bruno Esposito e Franco Zazza) che decidono di parlare nel tentativo di riabilitarsi. Soltanto Zazza, in seguito, proverà a ritrattare durante il dibattimento, ma l’unico risultato che l’arbitro riuscirà ad ottenere è una citazione di “meschinità psicologica” da parte della Commissione Disciplinare. “Le dichiarazioni rese dai quattro arbitro sono talmente concordanti – si leggerà poi nella sentenza firmata dal presidente Cesare Mazza – e quindi improntate alla verità. Sono quindi risultati vani i tentativi delle società, di fronte alle precise circostanze richiamate dagli arbitri, di elidere e attenuare le proprie responsabilità”.
L’inchiesta, condotta da una commissione formata dal magistrato Franco Serrao, dal capitano dell’aeronautica Biagio Martino e dal funzionario statale Lori-Piccolomini (tutti e tre membri dell’Ufficio Indagini della FIGC), prova il coinvolgimento diretto degli arbitri, che finiscono addirittura per frequentare la casa del Carbonara, come poi testimonierà la moglie dello stesso dirigente del Priverno. “Le accuse sono talmente dettagliate da non poter essere suscettibili di smentiti – si leggerà ancora nella sentenza – La Commissione ha lungamente vagliato la posizione del tesserati e seppur con sofferta decisione ha dovuto ritenere la loro piena responsabilità”. Il riferimento è soprattutto al dirigente del Fiumicino Pasquale Pes, tra i principali imputati, a cui viene contestato di “aver incaricato l’arbitro effettivo Lucio Lucarelli di contattare il guardalinee Elia Catalano – in relazione alla partita Fiumicino-Villalba – e l’arbitro effettivo Daniele Serra per indurli a favorire il Fiumicino, dietro compenso in denaro da dividersi tra la terna arbitrale e per aver corrisposto tramite il Lucarelli, al Catalano la somma di 800 mila lire che venne divisa tra il Serra, il Catalano e l’altro guardalinee Esposito e il Lucarelli medesimo”.
[gn_dropcap style=”1″ size=”1″]L'[/gn_dropcap]inchiesta conferma che la corruzione avveniva attraverso il versamento di denaro (150 mila lire a un milione e promessa di altri cinque a promozione avvenuta) o la donazione di buoni benzina, prosciutti, prodotti caseari, vino e dolciumi, definiti di “utilità varie”. Tra le donazioni, anche quella di un chilogrammo e mezzo di bistecche e l’ospitalità garantita per quattro persone (moglie e coppia di amici dell’arbitro De Rosa) all’albergo-ristorante “La Ripetta” di Gradoli, oltre ad una segreteria telefonica e a degli orologi.
Chiusa l’inchiesta, il dibattimento si svolge nell’Aula Magna della Scuola Centrale dello Sport all’Acqua Acetosa. A giudicare è la Commissione Disciplinare presieduta da Cesare Mazza e composta dai Tullio Capezzoli, Antonio Masiello, Renzo Merluzzi e Carlo Esposito. L’accusa federale è rappresentata da Manin Carabba, vice di Corrado De Biase che nella sua requisitoria rimprovera severamente i dirigenti coinvolti, colpevoli di “aver calpestato le regole del gioco fino alla più completa prostituzione. Arbitri da una parte e dirigenti dall’altra hanno formato due squadre, che hanno giocato una partita falsa durata tutto un campionato”.
[gn_dropcap style=”1″ size=”1″]A[/gn_dropcap]l procedimento è presente anche Gianfranco Menegali, rappresentante degli arbitri, la cui posizione viene stralciata in quanto tesserato per un altro organismo che ha un propria commissione disciplinare. Sarà proprio Menegali poi a giudicarle i 17 direttori di gara coinvolti nella vicenda. Per sette di loro (Mario Bartocci, Brunello Brunelli, Sergio Cavaliere, Luigi Fondacaro, Nevio Intilia, Lucio Lucarelli e Luigi Onesti) arriverà poi il ritiro della tessera.
La Commissione Disciplinare emette la sentenza il 21 dicembre 1986, quattro giorni prima Natale. E’ una sentenza pesante, che porta, complessivamente, 50 anni di inibizione ai dirigenti e 76 punti di penalizzazione da scontare nel campionato 87-88 alle squadre. Il presidente Cesare Mazza accoglie in pratica le richieste del vice procuratore federale della FIGC, Manin Carabba, ritenendo 10 dirigenti di società colpevoli di aver corrotto 17 arbitri con l’intento di alterare lo svolgimento e il risultato di 23 partite svoltesi tra il 20 ottobre dell’85 e il 18 maggio dell’86. Ai club vengono dati dai nove ai cinque punti di penalizzazione da scontare alla conclusione della stagione 86-87. Il massimo della pena tocca al Priverno e al Gradoli, il minimo a Fiumicino, Acquapendente, Nuova Itri, Fontana Anagni, Ceriara, Forano, Alvito e Policassino. Sette i punti di penalizzazione, invece, per la Stella Azzurra Porrino.
[gn_dropcap style=”1″ size=”1″]C[/gn_dropcap]on questo terremoto disciplinare sulle spalle, la stagione 1986-87 porta al successo finale l’Isola Liri nel girone B (la Policassino, penalizzata di sei punti, finisce terza a sette lughezze dalla prima classifica) e dal Passo Corese. Né il Fiumicino e né il Rieti, penalizzate, corrono rischi di retrocessione, chiudendo il campionato a metà classifica. Va peggio, invece, alle società di I Categoria penalizzate, che retrocedono quasi tutte in II, fatta eccezione per l’Olimpia Cecchina. Vengono promosse in questa stagione dalla I Categoria Trevignano, Romana Gas, La Rustica, Amatori Bnl e Sporting Pontecorvo.
[gn_dropcap style=”1″ size=”1″]L'[/gn_dropcap]anno 1987 si rivela un anno terribile per il calcio laziale. L’attività federale viene infatti funestata da ben tre lutti, che portano la perdita di due dirigenti che per quasi trent’anni hanno condotto per mano la vita del Comitato Regionale Lazio: Filippo Jacinto e Enzo De Angelis. Il commendador Jacinto scompare l’11 giugno 1987, De Angelis muore invece il 29 settembre, colpito da un attacco cardiaco quando è ancora presidente del Comitato Regionale Lazio e solo quattro giorni prima dello svolgimento dell’assemblea regionale per il rinnovo quadriennale della cariche federali.
Enzo De Angelis viene ricoverato all’ospedale San Giovanni in seguito ad un’intossicazione da medicinali dalla quale non riesce più a riprendersi. Proprio questa intossicazione gli aveva impedito di partecipare, il 22 settembre dell’87, all’assemblea della Lega Nazionale Dilettanti che aveva portato alla presidenza Elio Giulivi, dirigente dell’Elettrocarbonium Narni e figura importantissima, nel bene e nel male, nella storia del calcio dilettantistico italiano. I funerali di Enzo De Angelis si svolgono nella Basilica di San Lorenzo ed è padre Giustino a celebrarli, così come aveva fatto tre mesi prima per Filippo Jacinto. Per l’amico “Pippo” insieme a padre Giustino aveva officiato anche padre Libero, cuore della Spes, a cui era toccato il compito di ricordare la figura dell’ex presidente laziale. Sui banchi della basilica anche Franco Carraro, che era molto legato a Jacinto. Qualche mese più tardi la morte di De Angelis, scomparirà anche Maurizio Celani, segretario del Comitato Provinciale di Frosinone. L’8 febbraio dell’anno prima era invece morto l’arbitro Mario Lo Sasso, deceduto in un incidente stradale di ritorno da una direzione di una gara del campionato Under 18.
Nonostante la morte improvvisa di De Angelis, il commissario straordinario Manzella, in quei tempi insediato in FIGC a seguito di una crisi istituzionale, non può rinviare l’assemblea per il rinnovo delle cariche federali, ma riesce ad ottenere il rinvio della votazione per la carica di presidente, affindando ad un commissario straordinario la presidenza del Cr Laziale. Nell’hotel Ergife è il consigliere anziano Franco Ciavatta ad aprire i lavori in un clima di forte costernazione, mentre l’ex consigliere Alberto Tribioli traccia un toccante ricordo del presidente appena scomparso. L’assemblea dura pochissimo perché nessuno ha voglia e modo di parlare dei problemi del calcio laziale. Così, poco dopo la commemorazione di De Angelis si vota subito per l’elezione del Consiglio Direttivo che sull’onda emotiva viene confermato in blocco: Raffaele Sciortino ottiene 171 voti, Ruggiero Lopopolo 103, Fausto Trani 101, Nuccio Caridi 87, Giuseppe Russo 87, Franco Ciavatta 85 e Eugenio Bartolozzi 72. A presiedere il consiglio c’è Raffaele Cipollone, commissario straordinario, che aveva già vissuto una situazione d’emergenza qualche mese prima, gestendo l’Interregionale per qualche settimana prima dell’avvento alla presidenza di Alfio Branda. La stagione 1987-88 non segna soltanto dei lutti, ma anche la nomina di Antonino Catalfamo (consigliere federale con l’era Sbardella) a presidente del Comitato Provinciale di Roma, e quella di Roberto Ciccaglioni alla presidenza del Comitato Provinciale di Rieti.
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