Storia del Comitato Regionale Lazio – Capitolo VII

[gn_heading style=”2″]1926-1927[/gn_heading]

[gn_dropcap style=”1″ size=”3″]A[/gn_dropcap] metà degli anni Venti il calcio fa la sua comparsa in molte cittadine le cui squadre negli anni diventeranno protagoniste assolute del calcio laziale. A Frascati nasce l’Associazione Sportiva, che soltanto qualche anno più tardi, con la realizzazione dello stadio Mamilio, comincerà a partecipare ai campionati di IV Divisione e poi a quello di III Divisione. A Terracina viene fondata la Di Biagio, in onore dell’aviere pontino Francesco Di Biagio, medaglia d’oro al valor militare, caduto in guerra. La neonata società svoge attività locale fino al 1927, poi arriverà l’affiliazione alla F.I.G.C. e l’iscrizione al campionato di III Divisione.

La stagione 1925-26 viene aperta da un tentativo estivo di “colpo di mano” della Lega Sud, che vuole dividere le squadre laziali su due gironi a carattere interegionale. I club romani però insorgono, dopo aver fatto due rapidi conti sulle ingenti spese da affrontare per le trasferte fino a Taranto e Bari. Per affrontare il problema, è convocata un’assemblea straordinaria a Napoli nei giorni 18 e 19 luglio. E’ in questa occasione che viene lanciata l’idea di istituire una banca per il sovvenzionamento delle squadre non abbienti, con evidente riferimento alle società laziali. Idea fermamente respinta proprio dai club del Lazio che replicano chiedendo di essere ammessi alla Divisione Nazionale. Sul “Tevere”, quotidiano romano ma con un’identità nazionale, Renato Rossini, giornalistia attento alle vicende del calcio romano e omonimo del presidente del Comitato Regionale, commenta: “Il Lazio e Roma in particolare non può e non deve essere in alcun modo di gradino alcuno e che è doverso riconoscergli un campo di azioni più vasto… Le squadre romane pioniere del foot-ball dell’Italia centrale hanno già da tempo subito la trasformazione, o che sono o sarebbero quelle maggiormente sacrificate sia dal sistema attuale, sia da qualunque altro che vogliasi imporre al Centro-Sud”.

Il progetto della Lega Sud abortisce grazie al fronte comune che le società laziali, guidate da Audace, Alba e Fortitudo, formano dopo una serie di riunioni sfociate in un ordine del giorno firmato da Umberto Farneti (Alba), Guido Baccani (Lazio), Alberto Arzilla (dirigente della Fortitudo) e Felice Tonetti (Audace) con cui si minaccia di non prendere parte al campionato. Il ritorno al girone unico nella Lega Sud, però, non soddisfa pienamente l’Alba, il club romano maggiormente in auge. Il presidente Umberto Farneti, proprietario di una rinomata bottiglieria in via del Gambero (pizza e vino dei Castelli) prodigo di denaro nei confronti del gioco del calcio a dispetto di una moglie economa e risparmiatrice, è fermamente deciso a dare una grande squadra a Roma e così invia una lettera alla Federazione, con la quale chiede di elevare da 16 a 17 il numero delle squadre ammesse alla I Divisione Nazionale, con l’inserimento della vincente del raggruppamento centro-meridionale (l’Alba, ovviamente) nel campionato nazionale. Sempre sul Tevere, Renato Rossini, prende spunto dalla lettera di Farneti per lanciare l’idea di un accorpamento delle tante squadre romane per contrapporre una forza tecnica capitolina allo strapotere del Nord. E’ la prima idea per la nascita dell’AS Roma. “Per la stagione 1925-26 nel Lazio verrà giocato ancora il campionato regionale ed anche questa volta di selezione, perché assolutamente necessario, nell’interesse del foot-ball Laziale, ridurre in modo definitivo le squadre della Capitale a due”.

[gn_dropcap style=”1″ size=”3″]N[/gn_dropcap]el pieno della spaccatura tra le società laziali e quelle campane che compongono la Lega Sud, il 10 settembre del 1925 in vicolo Scanderberg, sede dell’Alba, si svolgono le elezioni per il rinnovo delle cariche del Comitato Regionale. La crisi influisce sulle decisioni dei dirigenti, che votano per il cambio di presidenza: Armando Rossini lascia l’incarico ad Alberto Arzilla, dirigente della Fortitudo tra i più attivi nel portare avanti la protesta del calcio romano e che terrà l’incarico per quasi dieci anni, aprendo così una nuova era dirigenziale per il calcio laziale. Nel direttivo del Comitato vengono nominati Ugo Benvignati, che è arbitro della sezione di Roma, Mosetti, Fiorentini, Santorelli, Capporelli e Federico Tedeschi, che assume l’incarico di segretario e sarà poi il successore di Arzilla, quale decimo presidente del Comitato Regionale.

Il principale campionato regionale continua ad essere la III Divisione, alla quale si iscrivono dieci club, divisi in due raggruppamenti: la Juventus Roma vince il girone B con 15 punti, precedendo Ostiense, Viterbese (che l’anno prima aveva vinto la IV Divisione), Banca Romana e Vivace Grottaferrata, club nato nel 1922 grazie a Giuseppe Tiberi, Antonio Ciocca, Alfredo Principino e Carlo Pisani, che costituirono la società nei locali della Trattoria “Antico Capannone”. L’Us Romana vince invece il girone A e gli spareggi promozione. Alla IV Divisione si iscrivono invece Cave, Pro Italia, Prenestina, Trastevere, Audace Genazzano, C.S. Italico, C.S. Roman, Esquilino e Frascati. Dopo l’esclusione dal campionato per il ritardato pagamento delle tasse d’iscrizione, torna in I Divisione il Tivoli, che vince la II Divisione, campionato al quale sono iscritti ben sei club: Andrea Doria Oriani Tivoli, Ardita, Civitavecchia, Romulea, Virtus Goliarda e la Tivoli, appunto.

Nel bel mezzo della stagione, lunga e avvincente, i dirigenti del Comitato Regionale (presidente Arzilla in testa) il 26 febbraio del 1926 partecipano all’inaugurazione del Velodromo Appio, impianto che può ospitare fino a diecimila persone e che diventerà il primo campo di gioco ufficiale della Roma, che verrà costituita l’anno successivo. Un paio di mesi dopo, il 3 aprile 1926, nasce l’Opera Nazionale Balilla, il movimento giovanile dipendente direttamente dal Partito del Fascio, che nel quinquienno successivo prenderà in mano tutta l’attività sportiva giovanile, arrivando a mettere fuorilegge i movimenti sportivi cattolici.

Più o meno nello stesso periodo, nasce anche il Gruppo Arbitri Romani (di sezioni ancora non si parla) il cui presidente è il conte Luigi Millo, che resterà in carica fino al 9 ottobre del 1933, quando rassegnerà le dimissioni, come risulta dal comunicato numero 2 del CITA. Il conte Millo è inserito nei quadri federali come arbitro benemerito insieme ad un altro ex presidente del Comitato Regionale, l’avvocato Vittorio Sciajola che diventerà presidente dell’A.S.Roma. Nella lista ci sono anche Armando Bonifazi, dirigente di spicco del Comitato Regionale durante il periodo fascista, Guido Baccani e Antonino Sidoti, che sarà a sua volta presidente per due mandati prima di lasciare a Federico Sani.

La svolta della Federazione Italiana Giuoco Calcio arriva nell’estate del 1926, quando uno sciopero arbitrale spinge la Presidenza e il Consiglio Federale alle dimissioni. Alla base della clamorosa protesta dell’A.I.A. c’è l’annullamento della partita tra Casale e Torino perché la F.I.G.C. non considera serena la condotta dell’arbitro Guido Sanguinetti. Il presidente della Lega Nord, Enrico Olivetti rimette il mandato nelle mani del presidente del C.O.N.I., Lando Ferretti, che nomina subito una commissione di tre esperti, a cui viene affidato il compito di ridisegnare l’organizzazione calcistica. I tre “saggi” sono l’avvocato milanese Giovanni Mauro, il gerarca romano Italo Foschi, che sarà il “padre” dell’AS Roma, e il bolognese Paolo Graziani, dirigente dell’F.C. Bologna, che si chiudono per tre giorni in una casa e lavorano giorno e notte per dare vita a quella che ancora oggi è considerata la “bussola del calcio italiano”. La “Carta di Viareggio”, che cancella l’elettività delle cariche federali e con essa ogni forma di democrazia dal calcio, viene emanata il 2 agosto del 1926.

[gn_dropcap style=”1″ size=”3″]A[/gn_dropcap]l Consiglio Federale viene sostituito un Direttorio Federale, alla cui presidenza è chiamato un potete gerarca fascista, Leandro Arpinati, che assume la carica di presidente anche di tutti gli organismi periferici, completamente ridisegnati. Al posto delle disciolte Leghe, nascono il Direttorio Divisioni Superiori (che si occupa del campionato Nazionale e della Prima Divisione Nord e Sud) e il Direttorio Divisioni Inferiori (Seconda Categoria e finali nazionali della Terza), mentre i Comitati Regionale sono trasformati in Direttori Regionali. A questi organismi viene demandata l’organizzazione della di Terza Categoria. L’elettività dei componenti (che prima avveniva attraverso un referendum tra le società) viene a decadere e da questo momento in poi spetta al Direttorio Federale nominare d’autorità i dirigenti, escludendo qualsiasi intervento assembleare delle società.

Leandro Arpinati, romagnolo d’origine e di bella prestanza fisica, è anche sottosegretario agli Interni, presidente del Bologna, capo dello squadrismo bolognese e presidente della Federazione di Atletica. Come primo atto del suo mandato trasferisce la sede federale da Torino a Bologna, la città in cui risiede, prima di portarla in via definitiva a Roma nel 1929.

Con la “Carta di Viareggio” si stabilisce anche la divisione tra calciatori dilettanti e non dilettanti. Sulla purezza di quest’ultima deve vigilare una commissione di tre membri, appositamente nominata dal CONI; il vincolo di un calciatore con una società viene fissato in un solo anno, mentre due anni servono per la riqualificazione di un calciatore passato nell’altra categoria. Ai non dilettanti si permette invece di percepire un rimborso spese dalle società. La nuova organizzazione federale decreta poi la cancellazione (che poi si rivelerà provvisoria) dell’A.I.A., sostituita dal Comitato Italiano Tecnico Arbitrale (C.I.T.A.), struttura inserita nella Federcalcio, a cui è affidato il compito di designare i direttori di gara.

Le competenze regionali sugli arbitri sono affidate al fiduciario del C.I.T.A., membro effettivo dei Direttori Regionali. Il gruppo arbitro di Roma, che richiama la figura di Erminio Sette antesignano dell’arbitraggio, affida la sua prima rappresentanza nel Direttorio ad Armando Bonifazi, arbitro benemerito e fedele del conte Luigi Millo, ex presidente del Comitato Regionale ed ora presidente del gruppo arbitrale capitolino.

[gn_dropcap style=”1″ size=”3″]I[/gn_dropcap]l Direttorio Laziale è dunque ufficialmente presieduto da Leandro Arpinati, ma in pratica a dirigerlo è ancora Alberto Arzilla, che dopo aver rimesso il mandato di presidente dal Comitato Regionale (ufficialmente sciolto il 18 agosto 1926) viene nominato segretario e cassiere, e quindi succede a se stesso. L’atto ufficiale che segna l’assunzione ad interim della presidenza ad Arpinati viene ratificato dal Comunicato Ufficiale di metà agosto in cui il presidente Arzilla e il Consiglio rassegnano l’incarico dando mandato “alla presidenza di procedere  alla consegna dell’archivio e delle cause del Comitato Regionale al Direttorio”.  I ranghi del Direttorio vengono sfoltiti, in considerazione di quanto stabilito dalle nuove Carte Federali. Sono soltanto tre i membri del Consiglio che si riunisce in vicolo Sciarpa 56, a Roma. Al fianco di Arzilla lavorano Carlo De Pità e Spositi, mentre Saturno Bianchi prende il posto di Bonifazi come delegato del C.I.T.A.; Guido D’Atri, invece, cura i rapporti con l’U.L.I.C.. I comunicati ufficiali vengono pubblicati su tre quotidiani: “Il Popolo di Roma”, il “Tevere” e  “Il Littoriale”.

La nuova organizzazione degli uffici del Direttorio coincide anche con la nascita del primo campionato a carattere nazionale, articolato su due gironi misti Nord-Sud e un girone finale per l’assegnazione dello scudetto. Alla Divisione Nazionale sono ammesse Alba e Fortitudo, che l’anno prima si erano classificate ai primi posti del girone laziale di I Divisione. Resta delusa la Lazio, che pensava di poter aspirare ad uno dei due posti spettanti al Direttorio Laziale in virtù del suo glorioso passato calcistico. Il peso dei dirigenti laziali in seno al Direttorio, però, non è così forte da far avanzare la candidatura biancoceleste. La Lazio deve così conquistarsi sul campo il diritto alla Divisione Nazionale, vincendo uno dei quattro gironi della I Divisione, che corrisponde alla serie B.

La rifondazione del calcio laziale parte il 5 dicembre del 1926, data d’inizio della III Divisione, il principale campionato gestito dal Direttorio Laziale. A vincerlo è il Centro Sportivo Romano, che precede in classifica l’Ostiense e la Viscosa Roma e ottiene così la promozione in II Divisione. La Viscosa sarà poi radiata dai ranghi federali per inadempienze finanziarie, derivate dalle sue difficili condizioni economiche, mentre il G.S. Priori, ultimo a zero punti, cessa l’attività dopo una stagione disastrosa. La Viterbese, unica non romana, è quinta.

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