Zarelli: “I miei ragazzi d’oro”

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Il presidente del Comitato Regionale Lazio, Melchiorre Zarelli
Il presidente del Comitato Regionale Lazio, Melchiorre Zarelli

Due titoli in una sola edizione, com’era accaduto nel 2011, ma stavolta sono arrivati i titoli più importanti del Torneo delle Regioni. Partiamo subito con i complimenti, presidente Zarelli.

“Grazie. Ma i complimenti vanno girati a chi questi risultati l’ha raggiunti: i due tecnici, i ragazzi, gli staff che hanno lavorato per mesi e al nostro Vice Presidente Calzolari che ha seguito e coordinato tutto”.

Giusto. Ma tutti sottolineano che il merito principale è stato il suo e della sua lungimiranza…

“E’ perché si riferiscono alla mia scelta di far giocare la Juniores sotto età”.

Una scelta quanto mai azzeccata, visto che dopo 17 anni avete rivinto il titolo italiano…

“Alla luce dei risultati ottenuti possiamo dire di sì, anche se io ho creduto sin dall’inizio a questa possibilità. Era un’idea che mi balenava nella testa da tempo e averla attuata per me era già un grosso traguardo”.

Si è però attirato qualche critica…

“No, non parlerei di critiche. Piuttosto direi perplessità, e posso capirle. Il risultato è importante anche per me, ma non è fondamentale. Io volevo, e voglio dare a questi nostri ragazzi, un’opportunità per mettersi in mostra, per crescere e valorizzarsi”.

D’altronde, gli Juniores da tempo sono oggetto di particolari attenzioni da parte del Comitato Regionale.

“E’ perché ci siamo accorti che è un’età critica per chi gioca a calcio, e non soltanto per giocare a pallone. E’ un’età che ha tante, troppe deviazioni, attratta com’é da tante altre cose che non sia una partita di calcio. I nostri studi, oltretutto, avevano evidenziato una perdita di tesserati proprio nel passaggio dall’età degli Allievi a quella degli Juniores. Ci siamo quindi interrogati sul perché e su cosa potevamo fare per arginare il fenomeno”.

Il convegno tenuto nel settembre del 2012 alla Luiss è stato un passaggio importante…

“Dal punto di vista informativo certamente. Abbiamo cercato di portare all’attenzione generale il problema, facendo intervenire alcuni esponenti del settore.”

Prima ancora, era stata attuata la riforma del campionato…

“Bè, lì andiamo davvero indietro nel tempo. Parliamo del 2004, quando è stata istituita la categoria Elite che ha qualificato tutto il movimento degli under 18”.

E sono arrivati i risultati a livello di club…

“Sì, le società sono state brave a cogliere l’attimo ed hanno portato nel Lazio sei scudetti in otto stagioni con gli juniores. Poi c’è stato l’adeguamento degli altri campionati e anche con gli Allievi e i Giovanissimi sono arrivati i titoli tricolori”.

Mancava, però, il risultato a livello di rappresentative.

“E’ vero, non riuscivamo a far decollare l’attività del Comitato Regionale, soprattutto quella degli Juniores. Anche qui ci siamo interrogati sui motivi e, grazie anche alla disponibilità prima delle nostre società e di una persona come Giuliano Giannichedda, abbiamo deciso di provare la carta dei ‘95”.

 

Che si sono rivelati un vero tesoro da salvaguardare…

“Averne obbligato l’utilizzo in Eccellenza ha portato a una crescita esponenziale dei ragazzi, che si sono subito confrontati con realtà più grandi e impegnative. Così, una volta arrivati nelle Rappresentativa non hanno avuto nessun problema a confermare le loro doti”.

Un bel segnale per tutta la Lega Dilettanti…

“Se dicessi di no, sarei un bugiardo. Va comunque detto che il progetto è stato condiviso dal presidente Carlo Tavecchio, che al Roma Caput Mundi ha appositamente allestito una nazionale di soli ’95 per prendere parte al nostro torneo”.

Quindi, ora dovremo aspettarci un campionato Juniores con limiti d’età diversi?

“No, non credo, almeno per il momento. I tempi per fare una riforma sono più lungi perché investono non una regione, ma tutto il territorio nazionale. Io spero che ci si arrivi prima possibile, perché, lo ripeto, a 17 anni i ragazzi che giocano a calcio devono avere prospettive e ambizioni più stimolanti di un campionato che oggi rischia di essere l’ultima tappa di un percorso breve, e non la prima di un percorso lungo e, magari, molto gratificante”.