Violenza, solo con un’azione comune si combatte. In campo con più serenità

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Designati dal Lazio due dirigenti per la candidatura a Consigliere Federale per il nuovo mandato olimpico. L’assemblea delle società del Lazio ha dato il proprio favore ai nomi di Daniele Ortolano, per la carica di Consigliere Federale Nazionale, e di Giacomo Fantazzini (vice Presidente Vicario del CRER) per la carica di Consigliere Federale di Area Centro. Durante l’assemblea, che ha premiato tutte le società vincitrici i campionati regionali e provinciali e i relativi premi Disciplina, il presidente Avantaggiato ha anche parlato delle delicata situazione venutasi a creare la settimana scorsa in seguito al ritiro delle designazioni da parte dei presidenti delle sezioni Aia del Lazio. Ecco la parte centrale dell’intervento.

“Devo necessariamente partire da quello che è accaduto la scorsa settimana, ovvero il ritiro delle designazioni arbitrali deciso dai presidenti delle sezioni Aia del Lazio. Un’azione forte, conseguente ad un gravissimo caso di violenza accaduto in provincia di Viterbo, durante una gara di Terza Categoria.

Un gesto condannabile senza se e senza ma, che non può e non deve trovare alcuna giustificazione. Un brutto episodio che deve farci riflettere su cosa il nostro calcio rischia di diventare, se tutti noi non ci impegniamo a fare ognuno la propria parte.

Il calcio, e in particolare quello giovanile, dev’essere divertimento, gioia, esaltazione sportiva e mai un contenitore di emozioni e comportamenti sbagliati, come sono rabbia e violenza. Sarebbe però sbagliato estrapolare il calcio dilettantistico da un contesto sociale che sta perdendo, per non dire che li ha già perduti, tanti valori, a cominciare da quello del rispetto per gli altri.

La strada da percorrere è dunque quella di un impegno comune, che superi il concetto del muro contro muro e porti a lavorare per trovare le soluzioni efficaci e durature al problema, senza assumere decisioni prese più di pancia che di testa. Chi sbaglia va punito, anche pesantemente come prevede il Codice di Giustizia Sportiva, ma senza etichettare un intero movimento come cattivo e violento.

Purtroppo, la campagna mediatica scatenata intorno alla decisione presa dai presidenti di sezione, e fatta arrivare prima sui giornali che a noi, non ha facilitato il dialogo. Stessa cosa è avvenuta con i dati che hanno accompagnato questa campagna mediatica. Numeri amari, sui quali dobbiamo sicuramente fare un’attenta analisi, ma che meritano anche di essere contestualizzati.

Nel Lazio, infatti, solo la scorsa stagione sono state giocate circa 30 mila partite, che diventano circa 60 mila nelle due stagioni finite nell’occhio del ciclone per il numero di casi di violenza registrati. Una mole di gare enorme, che ha pochi eguali in Italia ma che, soprattutto, testimonia come, a fronte di circa 109 casi di violenza, ci sono altre migliaia di gare in cui il calcio prevale, la correttezza viene esaltata e le regole sono rispettate.

È a queste società che dobbiamo guardare come esempio di correttezza rispetto dei valori dello sport. Che dobbiamo salvaguardare con una forte e incisiva opera comune di educazione, prevenzione e informazione, e magari anche di repressione se necessario. Un’opera che passa sì dal nostro modo di interpretare il gioco del calcio, ma che non può prescindere da un’inversione di tendenza a carattere sociale che necessità dell’aiuto delle istituzioni.

L’Aia, che oggi troverà una nuova guida nazionale, sta vivendo un momento difficile, e l’astensione messa in atto la scorsa settimana è da interpretare anche, se non soprattutto, come una vera e propria richiesta di aiuto per uscire da questo storico momento. La carenza di vocazioni e la difficoltà nel formare gli arbitri sono un dato di fatto con il quale dobbiamo imparare a confrontarci, lavorando, al tempo stesso, fianco a fianco per invertire la tendenza.

Nel fare i migliori auguri di buon lavoro al prossimo presidente dell’Aia, sono qui a chiedervi di tornare sui campi, oggi, domani e nelle prossime settimane, con la massima serenità possibile, aiutando gli arbitri a svolgere in tutta tranquillità il loro compito. Che è difficile, soprattutto quando si trovano ad essere soli a dover gestire in un campo ventidue calciatori e circa altre trenta persone sulle panchine. Si tratta di ragazzi, nella grande parte dei casi, che amano il calcio e che, facendo gli arbitri, intendono dare sfogo a questa loro passione, rivendicando il diritto di sbagliare.

Pertanto, mi appello a voi perché sta a noi per primi cambiare registro e far cambiare registro a chi sbaglia, facendo così ricredere chi vuole etichettarci come violenti e dimostrare la nostra ferma volontà di collaborare, costruendo per un percorso educativo-sportivo dei calciatori, partendo dai più giovani, ma anche di dirigenti e allenatori”.