Il Presidente Zarelli: “Ci auguriamo di ripartire il 27 settembre”

0
1530

Il Presidente del Comitato Regionale Lazio, Melchiorre Zarelli, ha rilasciato una lunga e interessante intervista a Nicola Cavaliere della Gazzetta Regionale nell’edizione in edicola questa settimana. Visti i contenuti di particolare rilevanza, volentieri la ripubblichiamo per gentile concessione della Gazzetta Regionale.

La pandemia ha stravolto il mondo, compreso il calcio. Se il professionismo, spinto da interessi milionari che incidono sulle sorti del Paese, ha trovato il modo di riprendere il gioco dove era rimasto, diverso è il discorso per il movimento dei Dilettanti. La prossima infatti sarà una stagione atipica, con l’aumento di un girone in tutte le categorie giovanili, in Eccellenza e in Promozione, insieme alla diminuzione del numero di squadre per raggruppamento, due in meno. Dalla rivoluzione dei campionati alle problematiche del mercato giovanile “illegale” da noi denunciato, passando per il sostegno economico ai club, la presunta data dell’inizio dei campionati, la possibilità, archiviata, di rivedere il format delle giovanili e del primo anno di agonistica. Ecco il confronto con il Presidente del Cr Lazio Melchiorre Zarelli su tutte le delicate dinamiche che il mondo del pallone regionale sta attraversando.

Partiamo dall’Eccellenza.

“Personalmente avevo proposto di tornare alla situazione originaria in due anni, ma ai Comitati Regionali è stato spiegato che non era possibile, pertanto per rientrare dopo una stagione abbiamo dovuto alzare il numero delle retrocessioni. Con sedici squadre le società risparmieranno e avremo una maggior disponibilità di tempo, che ci permette di organizzarci meglio e poter fare altre cose”.

Qualcuno si augurava un format da 14 compagini per gruppo, era una strada impraticabile?

“Il Lazio aveva trentadue squadre in Eccellenza, le trentasei che erano partite meno le due retrocesse e le due promosse. Dalla Serie D ne sono scese quattro e siamo tornati a trentasei, alle quali si vanno ad aggiungere le quattro che hanno vinto la Promozione, per un totale di quaranta. La decisione è stata di allargare ulteriormente per avere un campionato più articolato ed elevato a livello di competizione. Si poteva optare per i due gironi da venti, qualcuno ha attuato quelli da quattordici, ma credo che la massima competizione regionale non possa essere trattata con un numero così ridotto di squadre”.

In fondo è la nostra Serie A.

“Penso che la competizione principe dell’attività regionale debba essere trattata con rispetto, credo sia necessario dargli una certa consistenza, non è un torneo di Scuola Calcio”.

Una decisione che ha raccolto un consenso molto alto tra i club, con oltre il 70% del gradimento.

“Alle società va data la soddisfazione di vivere la stessa competizione dei predecessori, che è sempre stata considerata per il suo prestigio come avete raccontato voi nel vostro speciale sulla storia dell’Eccellenza”.

Per quel che concerne gli aiuti ai club dilettantistici per fronteggiare la crisi ci sono novità?

“Con il Consiglio di Presidenza abbiamo cominciato a lavorare per reperire disponibilità consistenti che siano di aiuto alle nostre società, di certo non le abbandoneremo. Spesso non si comprende o ci si dimentica del fatto che i Comitati vivono perché esistono le società. Tutti quelli che sono i costi dell’organizzazione, dai dipendenti alle utenze per intenderci, vengono coperti dalle risorse ottenute con iscrizioni e tesseramenti”.

Già si ha una previsione della consistenza di questi sostegni e come verranno riconosciuti?

“La Lega Nazionale Dilettanti ha previsto di abbassare il costo del diritto di iscrizione in tutte le categorie. Per esempio in Eccellenza passeremo dai 3.000 ai 2.500 euro, cifra che ovviamente incide sulle entrate dei Comitati. Inoltre la LND riconoscerà alle società un contributo per l’emergenza Covid da 1.500 euro, che verrà accreditato al momento dell’iscrizione e decrescerà nelle altre categorie regionali a seconda dei costi. Restando sull’Eccellenza le società rimarrebbero scoperte di 1.000 euro per quel che concerne il diritto di iscrizione e stiamo provando a lavorare per riuscire ad assorbire questa differenza come Comitato Regionale”.

L’obiettivo del CR Lazio è azzerare i costi del diritto di iscrizione.

“Si e penso ci riusciremo con le nostre disponibilità, dobbiamo colmare le differenze con i sostegni della LND. Almeno il diritto di iscrizione, che io chiamerei diritto di partecipazione, alla fine verrebbe integralmente coperto, penso sia una buona cosa. Altra importante novità riguarda le società che per la prima volta si iscriveranno nel campionato di Terza Categoria di calcio a 11 e in Serie D di calcio a 5″.

Ovvero?

“Per incentivare le nuove partecipazioni, nel caso di prima iscrizione, il Comitato Regionale non prevederà nessun costo per quel che riguarda sempre il diritto di iscrizione”. 

Rimarrebbero così solo i costi dei tesseramenti.

“Rimane la tassa di affiliazione alla Lega Dilettanti, trecento euro, e i tesseramenti e le assicurazioni di atleti, tecnici… Ma se una società ha trecento iscritti di Scuola Calcio non vedo perché dovrebbe pagarli la Federazione. È giusto parlare di diritto di partecipazione, che sarà completamente assorbito da LND e CR Lazio”.

Come ha pesato la pandemia sulle dinamiche del CR Lazio?

“Che i dipendenti sono andati in cassa integrazione, per la prima volta. È necessario capire che i Comitati Regionali non possono permettersi di mantenere le società, proprio perché esistono grazie alle realtà affiliate. Quello che si può fare è contenere al meglio le spese per generare eccessi da restituire ai club”.

Per il mondo delle giovanili invece?

“Siamo partiti con le prime squadre, per quel che riguarda il settore giovanile si ragionerà anche lì eventualmente sui costi di iscrizione e sarà necessario comprendere se verranno stanziati ulteriori fondi. Possibile che la Federazione intervenga in merito con alcuni contributi, però non va dimenticato che gli atleti delle giovanili pagano quote di iscrizione”.

Sarebbero fondi dedicati esclusivamente al settore giovanile e scolastico?

“Il Presidente della FIGC Gravina è molto sensibile nei confronti del mondo delle giovanili, una persona che conosce bene il calcio e da tanti anni ne fa parte. Quando ero all’Interregionale lui era il Presidente del Castel di Sangro che dalla Serie D raggiunse la Serie B, un uomo di sport assolutamente indicato per governare l’attività calcistica. Penso che la sua sensibilità non mancherà in questo momento di enorme difficoltà”.

Da diverse settimane sosteniamo che sia assurdo che non esistano contributi per l’attività sportiva.

“Una volta c’era il Totocalcio ed erano previsti contributi anche per la nostra attività. Venivano assorbiti dai costi di organizzazione dei campionati, spesso venivano destinati a coprire le spese arbitrali”.

Non sarebbe il caso di tornare a investire sul movimento sportivo come avviene nelle principali nazioni europee?

“Se non ci fossero gli appassionati e i volontari lo sport dilettantistico avrebbe già chiuso. Per fortuna viviamo dell’amore delle persone che durante la loro carriera hanno praticato sport e che sentono ancora quella voglia di trasmetterne i valori alle giovani generazioni”.

Fermo restando che sarà necessario comprendere il diffondersi del virus nei prossimi mesi, esiste una presunta data per la ripartenza dei campionati?

“Le tempistiche per la ripresa dell’attività regionale potrebbero essere le stesse previste per la Serie D, aggiungendo una didascalia bella grande in cui sarà necessario precisare che queste sono le intenzioni fatte salve diverse determinazioni governative. Non si sa ancora come andrà a finire”.

Quindi il 27 settembre?

“Speriamo. Tutti vogliono adeguarsi a questa data, anche perché le società premono per tornare, per cominciare a preparare la stagione. Da parte nostra ci stiamo muovendo per farci trovare pronti alla ripartenza inviando i nostri fiduciari sui campi della regione, con l’obiettivo di confortare le società davanti gli ostacoli del momento e aiutarle a fare chiarezza sull’attuazione del protocollo da rispettare. Parlo di tutte quelle misure che a oggi sono necessarie per svolgere attività sportiva, perché alcuni impianti potevano andare bene prima della pandemia, ma ora vanno adeguati”.

C’è la possibilità di coinvolgere le istituzioni pubbliche?

“Proveremo a coinvolgere prima di tutto i Comuni. La Regione Lazio ha già dato vita a diverse iniziative che noi abbiamo indirizzato alle nostre società, così come il Credito Sportivo ha stanziato i fondi per mutui senza interessi. Molti club hanno presentato la richiesta”.

Porte chiuse o accessi ridotti sono strade percorribili?

“Non dipende da noi, ma dai protocolli che verrano stabiliti. Tanto tempo fa ho predicato invano, spiegavo che le nostre società avrebbero dovuto ottenere l’autorizzazione degli impianti sportivi da parte della Commissione di Vigilanza sui Locali di Pubblico Spettacolo, che avrebbe indicato il numero massimo di accessi. Se oggi sapessimo che in uno stadio possono entrare 500 persone, sapremmo anche quale sarebbe il numero massimo nel caso le determinazioni governative prevedessero la possibilità, ad esempio, di far entrare un terzo degli spettatori. Non essendoci questo documento, c’è il rischio che non sia possibile far entrare nessuno”.

Tornando al calcio giovanile, in tanti speravano si trattasse dell’anno zero, lei che ne pensa?

“Sono rimasto perplesso, per non dire dispiaciuto e addolorato, quando qualche altra regione ha cominciato a sostenere che era opportuno azzerare tutto, qualche benpensante c’era anche qui nel Lazio. In passato si è tentato di applicare diverse formule ai campionati giovanili col fine di far partire tutti i club della regione alla pari, tuttavia le formazioni più attrezzate vincevano le partite con venti, trenta gol di scarto, inutile dal punto di vista dell’apprendimento per i ragazzi di entrambe le squadre. I giocatori più talentuosi non crescevano con un confronto squilibrato e dall’altra parte gli sconfitti subivano un’umiliazione sportiva che spesso sortiva soltanto l’effetto di scoraggiare i giovani nella prosecuzione del percorso calcistico”.

E come si arrivò a quella che possiamo definire la sua riforma?

“Portai in Consiglio Direttivo la questione, spiegando come fosse necessario  creare diverse competizioni col fine di equilibrarle e l’anno successivo si ricominciò a ragionare sull’Elite. Non mi interessa avere la progenitura, però fa piacere vedere che poi anche il mondo delle giovanili professionistiche ha compreso l’importanza di differenziare i campionati, per permettere ai nostri giovani di migliorare. Anche perché la mancanza di competizione non giova a nessuno, né a chi vince che non migliora, né a chi perde che subisce un’inutile umiliazione sportiva. Con questa logica sono nati i tre campionati: Elite, Regionali e Provinciali e penso che i risultati ottenuti dal Lazio, sia dai club che dalle Rappresentative, parlino chiaro. Negli ultimi anni abbiamo dettato legge”.

Direi che sono le parole giuste.

“Non perché voglia dei meriti, ma per evidenziare il fatto che questo sistema ci ha portato a grandi successi sotto tutti i punti di vista”.

Soprattutto per la crescita delle società dilettantistiche laziali, rinomate in Italia come piccole professioniste.

“I club hanno risposto benissimo, hanno compreso che quella poteva essere la strada giusta da percorrere e non hanno opposto eccezioni. Da lì a oggi le soddisfazioni, ripeto, non sono mancate, tanto è vero che poi altre regioni hanno seguito il modello dei campionati: Lombardia, Toscana, Umbria. Sono contento perché è stata una scelta che ha permesso di innalzare il valore delle nostre società”.

L’ultima domanda riguarda il calciomercato giovanile, che come abbiamo denunciato sulle nostre colonne rischia di sfociare in reati penali.

“È semplicemente vergognoso quello che fanno. Non me la prendo solo con le società che operano in questa maniera, ma anche con i genitori che si prestano a queste pratiche. È una situazione disdicevole, sulla quale non abbiamo grande capacità di intervento se non quello di segnalare alla Procura affinché intervenga e punisca i colpevoli. Le indagini non sono semplici, servono le prove anche se le voci si fanno insistenti”.