→L’entrata in guerra dell’Italia non consente però l’effettuazione delle finali perché il calcio decide di appoggiare la decisione del Governo di fermare l’attività calcistica. La F.I.G.C., il cui modello di struttura spegne ogni iniziativa individuale, sospende tutti gli incontri alle 14,30 di domenica 23 maggio 1915, come segno tangibile del proprio sostegno alla mobilitazione generale del Paese. La comunicazione viene inviata con un telegramma agli arbitri chiamati a dirigire le semifinali. Telegramma che i direttori di gara leggono poi agli spettatori prima dell’inizio dellaa partita attraverso gli altoparlanti degli stadi. Soltanto in casi sporadici (in Lombardia, per esempio) si gioca comunque, sia pure a ranghi ridotti. Il conflitto bellico porta via alle società numerosi giocatori e dirigenti, che uno dopo l’altro vengono chiamati alle armi. La Roman è una delle società più colpite perché l’intero consiglio direttivo, compreso il conte Luigi Millo presidente del Comitato Regionale Laziale, va in guerra (e gran parte dei dirigenti poi non tornerà) con il conseguente scioglimento della società. Partono anche l’ex presidente del Cr Laziale, Olindo Bitetti e ben 85 persone della Pro Roma, tra atleti e soci.
→Il calcio trova comunque la forza per non fermarsi perché altri club si sostituiscono a quelli che via, via si sciolgono o rinunciano all’attività agonistica. Per completare gli organici e consentire comunque un’attività ufficiale, alcune squadre vengono ammesse al campionato di Seconda Categoria. L’Esquilia, prima classifica in Terza Categoria, la Laziale (vincitrice della Terza Categoria dei F.A.S.C.I), la Tiberis, il Flaminia, il Testaccio, la Fortior, la Vigor e altre squadre composte da ragazzi accedono così al campionato, considerato riserve vista la difficoltà a svolgere attività. La mancanza di giocatori limita comunque il numero di partite, che spesso vengono giocate addirittura tra squadre in inferiorità numerica. Contemporaneamente crescono i tornei “Boys” o “Ragazzi”, con squadre composte da giovani che non essendo ancora in età di leva possono dedicarsi liberamente al gioco del calcio, garantendo continuità all’attività agonistica.
Nella stagione della Guerra, la Lazio apre le porte del calcio alle donne, facendo così nascere la prima squadra di calcio femminile a Roma e nel Lazio, mentre il Sora chiude l’era pionieristica a causa delle conseguenze del tremendo terremoto del 13 gennaio del 1915; soltanto nel 1920, un gruppo di giovani ricostruirà una società di calcio con tutti elementi locali.
→Partito il presidente Millo per la guerra, a Natale del 1915 il Comitato Regionale cambia organigramma: l’ingegner Francesco Mauro, che diventerà il reggente della F.I.G.C., è nominato presidente; il dirigente della Podistica Lazio Guido Baccani è il suo vice, mentre Dante Ciriaci diventa segretario. Nel Comitato Regionale fa il suo ingresso come cassiere Don Guido Toncker, che diventerà presidente del calcio laziale negli anni Venti. I consiglieri sono Antonino Sidoti e Benedetti. L’attività ridotta a causa del conflitto bellico e la latitanza della F.I.G.C., che via via si disgrega e perde potere, farà sì che per negli anni dal 1915 al 1918 il direttivo del Comitato resti praticamente immutato. Nel Lazio, malgrado la mancanza di giocatori, dal 1915 al 1917 si organizzano anche amichevoli e dei rapidi tornei, oltre alle consuete coppe romane. Arbitri delle partite sono i dirigenti federali Sidoti e Perugini, oltre a qualche direttore di gara del Nord si trova di passaggio a Roma.
Nel 1916 la Fortitudo vince la Coppa Federale Zonale (incontri con Juventus Audax e Pro Roma tra il 3 aprile e il primo giugno) dopo aver già vinto la Coppa di Natale del 1915 e il campionato romano, giocato dal 30 gennaio al 5 marzo del 1916 con partite di andata e ritorno tra sole quattro squadre: Fortitudo, Pro Roma, Lazio e Juventus Audax. Il campionato romano diventa invece Coppa Regione Lazio nel 1917: a giocarlo con gare di sola andata dal 15 al 29 aprile sono le solite quattro (Fortitudo, Pro Roma, Lazio e Juventus), questa volta il successo va alla Pro Roma di don Guido Toncker che riesce a superare 9-2 la Lazio nel primo incontro e riesce ad ottenere il successo finale a punteggio pieno. Tra aprile e maggio si riesce a disputare anche un breve torneo di Terza Categoria vinto dalla Pro Roma, davanti a Vigor, Juventus, Tiberis, Libertas, Fortitudo e Lazio.
→Nei primi giorni di giugno del 1917, in piena guerra, nasce l’Unione Libera Italiana del Calcio (U.L.I.C.), sorta dalla passione del giovane farmacologo marchigiano Luigi Maranelli, che risiede a Milano e approfitta del disinteresse della F.I.G.C. per l’attività giovanile per fondare un movimento che inizialmente viene sottovalutato ma poi diventa una vera alternativa all’attività federale. L’ULIC è votata esclusivamente alla diffusione del gioco tra i giovanissimi e i figli del popolo in particolare, in antitesi all’autotarismo della FIGC, che dopo la guerra verrà poi accusata di essere diventata “il carcere del calcio”, così come scriverà il “Corriere dello sport libero”, il nuovo giornale dell’associazione che sarà fortemente critico nei confronti del reggente Francesco Mauro, accusato di dispotismo e di essersi appropriato del titolo di Presidente pro-tempore della F.I.G.C. senza essere stato legittimamente eletto da nessuna assemblea federale. L’U.L.I.C. non gli perdona la mancata concessione dell’esenzione del pagamento delle tesse di affiliazione e arbitrarie per le categorie giovanili durante il periodo di guerra.
In breve tempo dalla sua fondazione, la struttura dell’U.L.I.C diventa parallela a quella della F.I.G.C., con l’organizzazione di campionati regionali di Prima e Seconda Categoria e Boys a cui possono partecipare tutti, senza distinzione di tesseramento e senza la penalizzazione di squalifiche e multe. “La nostra organizzazione ha per cardine politico la libertà, per cardine economico: né tasse, né multe”, è il motto “uliciano”, sotto il quale, nel 1922, si raccolgono ben 190 squadre, contro le 805 della federazione. L’U.L.I.C. si avvale di Comitati Locali, governati da Consigli Direttivi eletti direttamente dalle società fino al 1927 e poi nominati d’autorità dal Direttorio Federale che verrà istituito con l’avvento del Fascismo.
→Nel Lazio sono una decina i Comitati Uliciani (la gran parte formati dopo il 1927), che raccolgono affiliazioni di squadre, composte in principal modo da giovanissimi. Dopo più di un lustro di autonomia, però, una pesante crisi interna generata dall’impossibilità di gestire un’attività diventata vastissima, spinge il Comitato Centrale Direttivo a rimettere il destino dell’U.L.I.C. nella mani del presidente del C.O.N.I. Lando Ferretti. L’Unione Libera Italiana del Calcio entra così nei ranghi federali, trasformando tra il 1935-36 l’associazione in “Sezione Autonoma di Propaganda”. I Comitati uliciani cesseranno di esistere, venendo sostituiti dai Direttori Provinciali, che saranno diretti dalla maggior parte dei vecchi dirigenti. Le Sezioni Propaganda, disciplinate secondo direttive fasciste, sorgeranno in ogni città dove vi siano almeno tre società.
Nel 1918 il conflitto bellico si avvia alla conclusione ma l’attività è ancora fortemente limitata sia nel Lazio che nel resto dell’Italia. Il Comitato Regionale Laziale funziona comunque quasi a pieno regime grazie all’impegno di Francesco Mauro, che anche negli anni a venire dimostrerà grande attaccamento al calcio romano e laziale. A gennaio si riesce a mettere in piedi il Campionato Romano, nonostante l’attività ufficiale sia bloccata o, nelle situazioni migliori, fortemente ridimensionata. Vi partecipano Lazio, Romana (che prende il posto della disciolta Flaminia), Pro Roma, Juventus e Fortitudo. Vince quest’ultima società, che con i “boys” si aggiudica anche il trofeo messo in palio dal “Giornale d’Italia”. L’Us Romana vince invece il campionato di Terza Categoria riserve. Il 1918 segna anche la nascita a Frosinone di una squadra di calcio più o meno organizzata (la prima della città) ma un’attività agonistica non estemporanea nel capoluogo ciociaro prenderà il via soltanto nel 1923 con l’inserimento del club nel campionato di Quarta Divisione regionale.
→La fine ufficiale della Grande Guerra arriva il 4 novembre del 1918, e il calcio si fa trovare impreparato al ritorno alla normalità. La ripresa è dura, alle partite assistono pochissimi spettatori, la F.I.G.C. stenta a riprendere il controllo completo dell’attività e a riorganizzarsi. Inevitabile la crisi del sistema federale, che affida a Francesco Mauro il tentativo di trovare una soluzione. Il dirigente milanese deve lasciare il Comitato Regionale Laziale nelle mani di don Guido Toncker, che da cassiere si ritrova ad essere commissario. Il religioso si impegna molto, profonde tanta buona volontà, ma non ha un consiglio a sostengo del suo operato. Inevitabile, dunque, che l’attività risenta delle difficoltà incontrate dal calcio a ricompattarsi. E’ questo che spinge numerosi giocatori verso altre discipline, quali la podistica e la ginnastica.
Il conte Spetia, sulle pagine della Gazzetta dello Sport, qualche settimana dopo la conclusione della Prima Guerra Mondiale descrive così la situazione del Lazio: “Il Comitato Regionale? Morto. Il Commissario per il Lazio ha buona volontà, ma da solo non può fare. Quelli che lo dovrebbero aiutare, o fanno parte delle molteplici giure delle più volte lodate gare e “giornate sportive”, o pensano ai casi loro… La Federazione è in crisi, il suo presidente si è anche dimesso. Ebbene si faccia un Comitato provvisorio, un Consiglio Nazionale,… Soviet, quello che si vuole, ma non si permetta che il football a Roma ritorni ad essere la cenerentola degli sports”.
E’ in questo vuoto di potere che si formano due associazioni parallele alla F.I.G.C. per l’organizzazione di tornei e campionati: il Fascio Associazioni Sportive Romane (F.A.R.S.) e il Comitato Sportivo Roma (C.S.R.); al primo aderiscono alcune società minori, al secondo alcune delle più importanti; entrambe le associazioni hanno però vita breve e non incidono più di tanto sulla vita federale.
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