domenica, 27 Aprile 2025

Parlare della storia del Comitato Regionale Lazio significa parlare della storia del calcio romano perché tra l’avvento a Roma del nuovo gioco, importato dall’Inghilterra, e la nascita dell’organismo federale c’è una forbice di appena dieci anni, sufficiente a tracciare un solco nel quale il calcio ha subito impiantato le sue radici. Le origini del calcio romano e laziale vengono fatte risalire al 18 settembre 1895, quando viene giocato il primo incontro di calcio di cui si ha documentazione. Lo scenario è quello del Velodromo di Roma, protagoniste sono la Società di Scherma e Ginnastica Udinese e la Società Ginnastica Treviso, che sono nella capitale per partecipare ad alcune manifestazioni ginniche in occasione del XXV anniversario della breccia di Porta Pia. Sugli spalti, insieme a migliaia di persone, anche il Re Umberto I e la Regina Margherita, che restano affascinati da questo nuovo sport, già praticato con assiduità nel Nord Italia.

LA PARTITA UFFICILIZZATA DALLA FEDERGINNASTICA

Il racconto della partita viene riportato sull’organo ufficiale della Federazione della Ginnastica sotto il titolo “S.M. la Regina Margherita a Villa Pamphilj”. Nel testo si legge che “ad iniziativa dell’Istituto nazionale per l’incremento e l’educazione fisica ha luogo nella Villa Pamphilj una festa sportiva alla presenza di Sua Maestà la Regina Margherita. Gli onori di casa si fanno con altissima dignità dal principe Doria il quale, dopo le gare offre a S.M. e agli invitati un suntuoso rinfresco nel salone della villa. S.M. evidentemente compiaciuta dell’esito della festa si degna elogiare il principe Dora e gli organizzatori che hanno l’onore di esserLe presentati. Le gare disputate sono quelle di calcio, di palla vibrata, di corse podistiche”.

Nasce da questa occasione l’impulso a dare vita anche a Roma e nel Lazio, così com’era già accaduto in altre parti d’Italia, a delle squadre di calcio. E’ Menotti Garibaldi, fondatore della Società Ginnastica Roma, che ha il merito di formare la prima squadra romana, che gioca sporadicamente e a cui, nel giro di due anni, si aggiungono lo Sporting Club Roma e il Foot-ball Club Roma, fondato nell’aprile del 1897 dagli studenti del Regio Liceo Ginnasio “Ennio Quirino Visconti”. Sono proprio queste tre squadre, nel 1899, un anno dopo la costituzione della FIF (Federazione Italiana Foot-Ball) a dare vita a Villa Pamphili al primo campionato di calcio laziale, che viene vinto dalla Ginnastica Roma.

SI GIOCA IN PIAZZA D'ARMI A ROMA

A inizio del nuovo Secolo, si hanno poi notizie di altre partite di calcio, che vedono protagoniste le società Forza e Coraggio, Cristiana e Veloce Club Podistico, a testimonianza di un’attività calcistica fertile e vivace, con incontri a volte poco amichevoli. D’altronde, il gioco praticato agli albori è approssimativo e estemporaneo, non ancora legato alle regole istituite dalla neonata Federazione, fondata a Torino nel 1898. A Roma, per giocare al calcio ci si ritrova principalmente in piazza D’Armi, spazio situato nel quartiere Prati, tra viale Angelico, viale Carso e viale delle Milizie. Proprio dalle parti dove, nel 1900, nasce la Podistica Lazio, che acquisisce subito un ruolo di primo piano nel calcio romano, ma che soltanto nel 1910 istituirà una vera e propria sezione calcio accanto a quelle molto attive per la corsa e la ginnastica. Un anno dopo la Lazio, per volontà di alcuni dissidenti del club biancoceleste, sorge la Virtus Roma, la prima avversaria storica della squadra laziale,  con cui dà il via alla lunga storia dei derby del calcio romano.

Il dinamismo del calcio dei primi del Novecento non basta per acquisire visibilità e importanza nell’ambito della Federazione, che ha attenzioni e interesse soltanto per le squadre del Nord. Il numero delle società affiliate alla Federazione Italiana Foot-ball, nel centro e nel meridione, è talmente modesto che non ci sono le condizioni, organizzative ed economiche (spese per i tesseramenti dei calciatori stranieri e le trasferte) perché i club che via via si formano siano in grado di disputare il campionato organizzato dalla FIF, chiamato di Prima Divisione. In questi primi anni del Novecento, il Nord è talmente avanti sul piano calcistico che anche quando, nel 1904, la Federazione decide di istituire un secondo campionato, le società di nuova costituzione che si affacciano soprattutto dal Centro-Sud dell’Italia non vengono ammesse perché il campionato viene riservato alle seconde squadre dei cinque club (da qui la denominazione Seconda Categoria) che già prendono parte alla Prima Divisione.

LA REGIONE LAZIO NON DECOLLA

Soltanto un anno dopo, nel 1905, quando la FIF apre a nuove regioni quali la Toscana e il Veneto, la Seconda Categoria si trasforma in campionato per le società di nuova affiliazione alla Federazione, che nel 1906 sono trenta. La nuova organizzazione dei campionati, però, non interessa ancora Roma e il Lazio, che continuano a vivere la passione calcistica attraverso sfide ben documentate sui giornali dell’epoca. Con particolare enfasi, per esempio, si ricorda la partita giocata da Lazio e Virtus Roma in piazza D’Armi il 15 maggio del 1904 e vinta dai laziali 3-0 con una tripletta di Sante Ancherani. E’ datato 19 febbraio 1905, invece, il primo pareggio documentato (2-2), mentre risale al 9 giugno dello stesso anno il primo successo (1-0) della Virtus. Anche queste altre due sfide si giocano sul campo di piazza d’Armi.

Di campionato, però, nessuno parla fino al 1907, quando per iniziativa della Virtus viene posata una pietra miliare nella storia del calcio laziale con l’organizzazione del primo “Campionato di Roma di Football”, al quale possono prendere parte tutte le società romane dell’epoca. E’ una campionato che si gioca con le regole della FIF, ma che dalla Federazione non è ancora riconosciuto.

NASCONO DUE TORNEI A CARATTERE REGIONALE

Due i tornei, uno di Prima e l’altro di Seconda categoria. Al primo si iscrivono solamente tre squadre, Lazio, Virtus e Roman, mentre al secondo, oltre alle seconde squadre di Lazio, Virtus e Roman anche Atalanta e Juventus. Tra le società romane dell’epoca c’è anche l’Alba, che si è appena costituita ma non è in grado di partecipare ancora ad un campionato. La Podistica Lazio vince il torneo di Prima Categoria battendo in finale i rivali della Virtus: l’incontro si disputa il 3 marzo e finisce 3-0. La Juventus si aggiudica invece il torneo di Seconda. Vinto il campionato, la Lazio viene invitata a confrontarsi a Pisa con il Livorno, che ha appena conquistato il campionato toscano. Da una partita, però, ne vengono fuori tre con Pisa e Lucca che chiedono anche loro di affrontare la Lazio. La squadra biancoceleste gioca con tutte e tre le avversarie in un solo giorno, stabilendo quello che ancora oggi è un record: tre partite e tre vittorie dalle 10 di mattina alle 17,30 del pomeriggio.

NASCE IL SORA CALCIO

Il 1907 è anche l’anno della costituzione ufficiale del Sora, che in ragione della sua nascita avvenuta tre anni prima, può essere considerato il primo club “non romano” della storia del calcio laziale. Il nuovo gioco compare nella cittadina frusinate quasi per caso nel 1904, quando a Sora un giovane di Genova, un certo Ghigliotti, nipote di un carissimo amico dell’imprenditore sorano Domenico Roccatani (commerciante in legname), decide di trascorrere un periodo di vacanza proprio a Sora. Il baldo giovane gioca a football con la squadra del Genoa, fondata nel 1898, e nel suo soggiorno passa il tempo a insegnare calcio. Il club nasce con il nome di Club Ginnastica e Calcio Sora e a fondarlo è un gruppo di giovani che sin dall’inizio usano riunirsi nella pasticceria Lauri e in altri locali del centro cittadino, prima di stabilirsi definitivamente nella sede di via Napoli. Già al tempo dei primi incontri gli atleti sorani sfoggiano bellissime maglie bianconere (colori sociali e base, dell’araldo cittadino) importate dai lanifici inglesi.

BIGLIETTO D'INGRESSO AD UNA LIRA

Cominciano così anche al di sotto della capitale le prime partite di prestigio, che il Sora gioca con squadre blasonate come l’Internazionale, il Naples, la stessa Podistica Lazio ma anche con Alba, Roman (chiamata così dagli inglesi, ma in realtà la sua denominazione era quella di Football Club Roma) e Fortitudo, società nata un anno dopo i bianconeri. Teatro dei memorabili primi “scontri” di football a Sora e una delle più belle piazze cittadine dell’epoca, piazza Nova, in cui si riesce a realizzare un campo con porte smontabili spianando alla meglio il terreno. Su un lato della piazza si riesce addirittura ad allestire una tribuna riservata al pubblico, che può accomodarsi sulle sedie predisposte dall’organizzazione pagando il “biglietto d’ingresso” di una lira.

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Nel 1908, grazie all’avvento dei nuovi club del Centro-Sud, il numero delle società affiliate alla FIF sale a 52, ma non basta ancora per scalfire il predominio del Nord e in particolare della Lombardia (che intanto ha accolto la sede federale, trasferita da Torino a Milano), regione che riesce annovera ben diciotto squadre, ammesse tutte ai campionati di Prima e Seconda Categoria. Il movimento calcistico laziale, che rappresenta il primo baluardo del Sud, inizia la sviluppare l’attività calcistica anche nel Viterbese, estendendosi verso la Toscana e cioè verso quello che è il “confine federale”.
Così, tra Umbria e Lazio sorgono una quindicina di club, concentrati in principal modo tra Orvieto e Viterbo, che vive la sua passione calcistica attraverso le prime gare amichevoli giocate dalla Robur (il primo club in assoluto della Tuscia) e dalla FC Viterbo; sarà quest’ultima, una quindicina di anni più tardi, a partecipare per la prima volta ai campionati federali.

NIENTE CALCIATORI STRANIERI

L’esigenza di dare una nuova organizzazione federale al calcio italiano nasce proprio nel 1908, quando la FIF, che nel frattempo aveva deciso di escludere gli stranieri dai campionati, deve affrontare la sua prima grande crisi. La carenza dell’autorità federale (presidente il principe Emiliano Barbiano di Belgioioso d’Este) porta a frequenti atti di litigiosità dentro e fuori dal campo, con accese dispute tra club a suon di reclami. In molte parti d’Italia, oltretutto, sorgono nuove squadre e quasi tutte finiscono per svolgere la propria attività al di fuori dell’organizzazione federale. La necessità di proporsi a questi club come una Federazione affidabile e che abbia il reale controllo su tutto il calcio, spinge i dirigenti della FIF a varare una completa riforma dell’ordinamento federale e dello Statuto andato in vigore nel 1907. Nasce così il nuovo regolamento organico della Federazione che suddivide l’Italia in cinque aree geografiche, affidando l’organizzazione locale ai Comitati Regionali, organismi di nuova istituzione che da subito diventano importantissimi per lo sviluppo, la gestione e l’organizzazione di tutta l’attività calcistica federale.

NASCONO I COMITATI REGIONALE FIGC

E' l’8 agosto del 1909 quando l’assemblea che porta alla presidenza federale il cavalier Luigi Bosisio, già segretario nel 1905, approva la riforma. Appena eletto, Bosisio cambia il nome alla Federazione Italiana Football, che diventa Federazione Italiana Giuoco Calcio. Gli arbitri vengono inquadrati sotto il controllo di una speciale commissione. Oltre a quello del Lazio, vengono istituiti i Comitati Regionali di Toscana, Piemonte, Veneto e Liguria, e il suo controllo dell’attività si estende anche ai club di Marche, Umbria, Abruzzi e Molise, regioni che non hanno un movimento sufficiente per essere autonomi. La Lombardia ufficialmente nascerà qualche tempo dopo in quanto l’attività di questa regione viene inizialmente gestita direttamente dalla Federazione che ha sede proprio a Milano. A questi Comitati, si aggiungeranno in seguito quelli di Campania e Puglia.

I neonati Comitati viene subito affidata l’organizzazione della Terza Categoria, campionato al quale hanno accesso le squadre di nuova costituzione, e la Quarta Categoria, riservata all’attività amatoriale, là dove è presente. A presiedere i Comitati Regionali, secondo il nuovo ordinamento FIGC, è un consigliere federale nominato nell’assemblea, che dev’essere rinnovato nell’incarico ogni anno. Per quanto concerne, invece, la nomina degli altri componenti dei Comitati (al Lazio spettano tre consiglieri), il regolamento organico del 1908 spiega che “nella settimana immediatamente successiva a quella dell’Assemblea ordinaria le società di ogni regione, per referendum indetto dalla nuova Presidenza della FIGC, eletta, nominano il loro Comitato Regionale composto del numero di membri fissati dallo Statuto, fra le quali verrà nominato il segretario. Ogni società dovrà votare il numero di membri stabilito pel Comitato Regionale, meno uno, cioè riservando un posto alla minoranza. In caso di votazione nulla, provvederà la Presidenza Federale”.

VARATO IL REGOLAMENTO ORGANICO

Nel nuovo Regolamento organico della FIGC si fa anche espressa citazione delle funzioni attribuite ai Comitati, che devono “sovraintendere a tutto l’andamento sportivo del giuoco nella propria Regione, curandone la propaganda e proponendo alla Figc tutte quelle migliorie necessarie per dare incremento alle società e sviluppo allo sport”. E’ inoltre compito del Comitato “dirigere e sovraintendere a tutte le gare federali ed a tutte le manifestazioni della Regione per coppe, premi speciali, tornei od esplicazioni di giornali e di comitati. Fare opera perché molte delle questioni che intevitabilmente nascono nel giuoco siano risolte amichevolmente, senza bisogno della intromissione del Consiglio Federale”. Viene in pratica concessa la prima autonomia territoriale del calcio italiano, anche se le spese necessarie allo svolgersi dell’opera dei Comitati Regionali sono a carico della FIGC. Tuttavia, nel regolamento viene specificato che “la Presidenza Federale si riserva di prendere qualunque provvedimento là dove i Comitati Regionali non rispondano degnamente al mandato loro affidato e ciò fino alla nomina di un nuovo Comitato Regionale”.

OLINDO BITETTI PRIMO PRESIDENTE

Nell’assemblea federale del 3 ottobre 1909, che si svolge all’hotel Brera a Milano, viene ratificata la nomina a primo presidente di Olindo Bitetti, venticinquenne dirigente della Podistica Lazio e giornalista (corrispondente dalla capitale dalla Gazzetta dello Sport) che nel 1927 sarà tra i principali oppositori al coinvolgimento della società biancoceleste nella fusione che il gerarca Italo Foschi metterà in atto per fondare una ”grande squadra romana, capace di contrapporsi agli squadroni del Nord”, ovvero l’AS Roma. Tornato da Milano con la carica di presidente, a Bitetti viene chiesto di indicare, entro il 20 ottobre, i nomi dei tre consiglieri del Comitato. Anche se non ci sono documenti ufficiali che lo attestano, c’è da ritenere che i tre nomi corrispondano a quelli dello stesso Bitetti, di Luigi Diamanti e Alberto Viti, dirigenti di spicco delle uniche tre squadre romane che nel gennaio del 1910 risultano affiliate alla Figc: Società Podistica Lazio (sede Villa Umberto I), Società Sportiva Juventus (sede in via Buonarroti 1) e Società Ginnastica Fortitudo (nata nel 1906 e che ha sede in piazza Pia, 91). Soltanto il 22 febbraio, arriva l’affiliazione del Roman Foot-Ball Club, che prima ha sede in Lungotevere Castello 3 e poi si trasferisce in via Nazionale 149, dove risiede il signor Piero Felice Crostarosa.

LA PRIMA TERZA CATEGORIA DEL LAZIO

Proprio l’iscrizione del Roman, consente al Comitato Regionale Lazio di organizzare il primo campionato di Terza Categoria, che non suscita lo stesso fascino delle ormai numerose e ambite coppe romane. Quattro le squadre iscritte, via il 13 marzo con gare di andata e ritorno sui campi di Piazza d’Armi e nella Villa Umberto I a Piazza di Siena. I primi due incontri hanno storia diversa, con l’11-0 della Lazio sulla Firtitudo (in campo con pochi uomini per le difficoltà di tesseramento) e il 3-.0 del Roman sulla Juventus. La settimana dopo arrivano il 6-1 della Lazio sul Roman e il 7-0 con cui la Fortitudo supera la Juventus.
A fine aprile, dopo sei giornate di gare, è la Lazio a chiudere la classifica in testa, avendo vinto tutte le partite; alle sue spalle si classifica il Roman, poi Juventus e Fortitudo. Le seconde squadre dei quattro club di Terza categoria, che ancora non consente alla vincitrice di salire in Seconda, più Alba e Folgore danno vita anche ad un campionato di Quarta categoria, mentre il 21 marzo dello stesso anno, lo Sporting Club Tivoli sfida le due squadre della locale filiale della Lazio, rimediando però due severe lezioni.

A condizionare l’attività federale nel Lazio, è il problema dei campi da giuoco, che inizialmente non consentono, per esempio, all’Alba di partecipare ai campionati federali. Un problema che è messo in luce dalla stessa Figc in due articoli pubblicati sul suo organo ufficiale, la rivista “Foot-Ball. Il primo, dal titolo “Il giuoco del calcio a Roma”, porta la data del 9 gennaio 1910 e spiega come “gravissimo insorge in Roma il problema di ottenere un campo adatto per le esercitazioni del giuoco del calcio e per la risoluzione del quale sono in moto i Comitati Direttivi delle principali Società Sportive della Capitale. Finora si giuocava molto bene in Piazza d’Armi e a Villa Umberto I; ma adesso per le abitazioni popolari in costruzione nella prima, non è più possibile giocarvi dato che lo spazio libero è molto ridotto, e quel poco, è tutto intrinsecato da fosse profonde, dal continuo passaggio dei carri adibiti al trasporto di materiale. Rimarrebbe la Villa Umberto I, ma il Consiglio Comunale sembra assolutamente deciso, entro breve tempo, a proibire qualunque giuoco sportivo nella stessa e già ha sfrattato dalla Casina dell’Uccelleria la Società Podistica Lazio che da parecchi anni vi aveva posto la sua sede.

SITUAZIONE DIFFICILE PER GLI IMPIANTI

L'autore dell'articolo scrive ancora:Alle proteste elevatesi da tutti gli sportsmen romani ha risposto che impianterà un parco sportivo un miglio fuori della Porta del Popolo nella località detta dei Due Pini, ma finora vi sono ancora dei canneti e delle fosse, quindi non sarà certo tra breve tempo che si potrà giuocare in quella località. Speriamo dunque, per l’incremento di questo giuoco così bello, che si possa ottenere dall’Amministrazione Comunale qualche concessione a scadenza un po’ meno lunga, od almeno il permesso di poter continuare a giuocare a Villa Umberto I; altrimenti andrebbe perduto il frutto del lungo lavoro di tutte le società romane che già incomincia a dare buoni risultati, potendosi giuocare quasi ogni settimana dei bei matches che entusiasmano i cultori del giuoco del Calcio e procurano molti nuovi proseliti tra i quali bene spesso si notano delle buone promesse”.

Il secondo articolo viene pubblicato un mese dopo, ed è una critica al privilegio di stampo politico concesso al Roman in relazione alla preoccupante situazione di stallo dell’impiantistica romana: “Sotto questo titolo pubblicai nel primo numero di questo periodico una breve relazione intorno alle critiche condizioni in cui allora si trovavano le Società calcistiche della Capitale. Adesso queste condizioni sono ancora peggiorate, perché il Municipio ha assolutamente proibito di giuocare nella Villa Umberto I e perciò di campi adatti per il giuoco del calcio non rimane che quello che il Roman Foot-ball Club tiene in affitto dal Comune di Roma, concessione che non si è voluta fare ad altre Società ben più importanti, che è stato loro recisamente rifiutato l’affitto di un tratto qualunque dei terreni che circondano il campo del Club suddetto, di modo che se una Società calcistica volesse giuocare, deve sfidare il Roman Club e fare un match con esso atrimenti non le rimane che elevare proteste che regolarmente rimangono inascoltate, ed ai giocatori null’altro che la consolazione di assistere ai matches che giuoca il Roman F.C. o tirare calcio contro i sassi camminando per la strada. Del tanto sospirato campo polisportivo di cui il Municipio deve dotare la Capitale non se ne ha ancora traccia alcuna. Il terreno esiste; ma essendo tutto pieno di fosse e di canneti, perché sia possibile giuocare occorre prima spianarlo, tagliare la canne, ed adattarlo ai vari sports a cui è destinato. Cosa quindi che si potrebbe fare in brevissimo tempo, anche perché non sarebbe assolutamente necessario far tutto in una volta, ché le Società ed i giocatori del calcio si acconterebbero, per ora, di un piccolo appezzamento di terreno da potervi adattare due porte, dando così possibilità di giuocare a quelle Società non impegnate in matches con il Roman F.C.. E sarebbe cosa tanto più necessaria in quanto per i grandi matches che si giocheranno a Roma, nell’occasione delle feste del venturo anno, ed a cui si dice prenderanno parte anche delle squadre straniere, la Capitale non avrebbe una squadra da opporre non a queste ma neppure a quelle che scenderanno dall’Italia Settentrionale, ché una qualunque di queste, anche di seconda categoria, batterebbe nettamente quelle che ora esistono, che pur essendo ottime per mancanza di allenamento, reso impossibile dall’assenza di un campo ove poter giuocare, da qui ad un anno non varrebbero certo quasi nulla. Nel precedente articolo espressi la speranza che le Autorità competenti volessero interessarsi a questa gravissima ed urgentissima questione con la maggior sollecitudine possibile, ma ora me ne è rimasta ben poca vista anche la poca premura del Comitato Romano, costituitosi appositamente per ciò, del quale dopo la riunione inaugurale chiusa con l’approvazione di un vibrato ordine del giorno, non si è saputo più nulla. Che cosa si aspetta per prendere provvedimenti? Che sia chiusa la stagione?”.

ESPLODE LA QUESTIONE ARBITRALE

In realtà, il Comitato Regionale più che ai campi è impegnato a risolvere la questione arbitrale, perché nonostante l’incremento del numero di arbitri federali (saliti a 30 nel 1909), la FIGC si rifiuta di mandare i propri arbitri a dirigere gli incontri di Terza Categoria, dimostrando tutta la scarsa considerazione nei confronti di questo campionato. Nel Lazio, ma anche in altri comitati, numerosi incontri di Terza vengono diretti dai dirigenti delle società non impegnate in campo. Inevitabilmente, spesso i resoconti riportati dai giornali parlano di arbitraggi contestati, di baruffe tra giocatori, di abbandoni dal campo in segno di protesta, ma anche di gare disputate con sette giocatori da una parte e undici dall’altra. Sono queste le situazioni che rallentano fortemente l’evoluzione dell’attività laziale, nonostante la continua nascita di nuove società. Tra queste, c’è l’Anzio, che nel 1910 viene fondata per iniziativa della signora Maria Roncalli, ostetrica della casa reale Savoia, che vuole consentire al suo figlio maschio, che veniva da Torino e già giocava nella Juventus, di praticare e insegnare il gioco con il pallone ai ragazzi anziati

IL CALCIO SI ESPANDE AL CENTRO SUD

L'espansione del calcio nel Centro-Sud diventa comunque tema di discussione a fine stagione, durante l’assemblea federale che si tiene a Milano il 25 settembre del 1910. Presieduta dall’avvocato Felice Radice, vi partecipano numerosi delegati, tra cui tre dirigenti laziali: Enrico Casalini del Roman Football Club, Alberto Viti della Società Ginnastica Fortitudo e Luigi Diamanti, dirigente della Juventus. Nonostante il lavoro preparatorio di Guido Baccani (dirigente della Podistica Lazio), unico “sudista” invitato alla riunione preliminare dell’assemblea, che si tiene una settimana prima, i tre dirigenti laziali non riescono a portare cambiamenti per il calcio del Centro-Sud, la cui considerazione continua ad essere scarsa. Dall’assemblea milanese, però, il calcio romano torna con un’importante novità: la nomina di un nuovo presidente. L’ingegnere Luigi Diamanti prende infatti il posto di Olindo Bitetti e questo rappresenta un grande successo politico per la Juventus Roma che, pur essendo più giovane degli altri club, riesce ad ottenere una posizione paritaria con la Lazio, la Fortitudo e la Roman. Luigi Diamanti, di ritorno da Milano, convoca per il mercoledì successivo, 28 settembre, lnella sede della Podistica Lazio, e squadre laziali di Terza Categoria. C’è da formalizzare l’ammissione al campionato della stagione 1910-11, la cui partenza è prevista per il mese di febbraio, e stilare un calendario di incontri di preparazione al campionato stesso.

LA PRIMA SEDE IN VIA MODELLI

Qualche giorno dopo, il 3 ottobre, il Comitato convoca un’altra riunione con le società di IV (a cui si iscrivono Alba e le seconde squadre di Fortitudo, Lazio e Juventus) e di V serie per iscrizioni e compilazione del calendario. Soltanto dopo queste riunioni, il Comitato Regionale decide di fissare la propria sede in via dei Modelli 81. L’autunno e l’inverno calcistici romani sono però caratterizzati ancora dalle consuete sfide per l’assegnazione dei vari trofei cittadini, tra cui si segnalano le due coppe “challenge” donate dai soci Ancherani (riservata alle squadre di Terza categoria) e Perugini-Gaia (IV categoria), che si svolgono, secondo quanto disposto dal Comitato Regionale, tra il 1 dicembre 1910 e il 30 aprile 1911.

La Terza categoria parte nel febbraio del 1911, ma con sole tre squadre: Podistica Lazio, Società Sportiva Juventus e Roma Football Club. Grande assente è la Fortitudo, che probabilmente in segno di disappunto per la nuova gestione del Comitato Regionale, sceglie di non partecipare al campionato con la sua prima squadra, preferendo l’attività dei F.A.S.C.I., la Federazione Associazioni Scuole Cattoliche Italiane, nata il 13 maggio del 1906 in via della Scrofa 70 a Roma e che per molti anni viaggerà parallela, ma anche in forte contrasto, con l’attività della F.I.G.C..
Il secondo campionato federale del Lazio è breve ma non privo di polemiche, ancora a causa degli arbitraggi, affidati per forza di cose a dirigenti o giocatori appartenenti alle società che disputano il campionato. Emblematica la partita giocata in avvio di campionato, 12 febbraio 1911, tra Lazio e Juventus: all’85’ i biancocelesti segnano la rete del vantaggio, la Juventus la contesta ritenendola irregolare. Ma il referee, nome inglese dato a quei tempi dall’arbitro, è Corrado Corelli, giocatore della Lazio che non tiene conto delle proteste. La Juventus decide quindi di abbandonare il campo da gioco e il risultato viene omologato con la vittoria alla Lazio. L’arbitro Corelli, a causa delle violente polemiche che scaturiscono, è costretto a dimettersi dal ruolo arbitrale.

VENGONO INTRODOTTI I NUMERI DI MAGLIA

Situazione analoga anche per Antonino Sidoti, allenatore della Juvenuts, che dirige Roman-Lazio (0-3) suscitando le ire dei giallorossi, che per protesta si ritirano dal campionato. Sidoti è ricordato, però, per un altro motivo. Al tecnico può infatti essere attribuita la nascita della numerazione, in quanto fu proprio l’allenatore della Juventus a consigliare ai calciatori di scendere in campo con le maglie numerate. Al suo debutto la numerazione è contraria a quella che sarà poi adottata per tantissimi anni: il portiere ha il numero 11, l’ala sinistra il numero 1.

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Nell’assemblea federale che si svolge nel settembre del 1911, c’è un nuovo cambio alla presidenza della F.I.G.C., alla quale viene eletto Ferrero di Ventimiglia; segretario è nominato Vittorio Pozzo, giornalista e allenatore destinato a fare la storia del nostro calcio. L’assemblea ratifica anche la nascita dell’Associazione Italiana Arbitri (A.I.A.), organizzazione fondata il 27 agosto con l’intento di dare un senso all’identità arbitrale. Anche nel Comitato Regionale Laziale viene cambiata la presidenza: a Luigi Diamanti subentra un altro ingegnere, Enrico Casalini, numero uno del Roman, che dà inizio ad un periodo di grande potere politico del club rossogiallo in ambito federale. L’elezione di Casalini coincide oltretutto con un periodo di grande espansione del calcio laziale, perché il Comitato Regionale è tra i pochi organismi che riesce ad organizzare un’attività quasi completa, anche se non esistono ancora promozioni e retrocessioni tra campionati, e le società possono iscriversi liberamente anche a più categorie contemporaneamente.

VENTICINQUE CLUB NEL LAZIO

Nel Lazio sono venticinque i club affiliati alla F.I.G.C. (con 273 giocatori tesserati) ma sono meno della metà quelli in grado di prendere parte ad un campionato. Per dare comunque a tutti l’opportunità di giocare, si fa ricorso alle “amichevoli”, che vanno a occupare ogni spazio libero lasciato dall’attività federale. Non mancano gli episodi di violenza, come quello accaduto al laziale Saraceni, che dopo aver segnato il gol del vantaggio della Lazio sul Roman, viene malmenato e sviene. L’arbitro sospende l’incontro e manda tutti a casa. La grande rivalità tra giallorossi e biancocelesti è iniziata…

Il campionato di Terza categoria laziale del 1911-12 parte ancora a febbraio e stavolta vi prendono parte sei società, ancora tutte romane: le solite Lazio, Roman, Juventus e Fortitudo, a cui si aggiungono Alba e Esperia-Audace. A vincere il campionato è ancora la Lazio, che è oggetto di polemiche per il comportamento distaccato dal resto del movimento romano. A dirigere gli incontri sono gli arbitri romani, che nell’organizzazione federale sono inquadrati come semplici guardalinee, ulteriore testimonianza della scarsa considerazione che tutto il movimento meridionale riscuote in quegli anni nella Federazione. L’elenco ufficiale dei direttori di gara viene divulgato dal Comitato Regionale a novembre, tre mesi prima l’inizio del campionato. E più che una lista di arbitri veri e propri, si tratta appunto di una serie di nomi dei dirigenti più esperti delle società romane: Luigi Millo, Tullio Righetti, Ruggero Baldi, Alfredo Palmieri, Ulderico Bellucci, Arnaldo Perugini, Antonino Sidoti, Silvio Negri e Vincenzo Lombardo.

QUARTA CATEGORIA

Oltre al campionato di Terza Categoria, questi dirigenti vengono designati anche per dirigere le gare del campionato di Quarta Categoria, a cui prendono parte Tebro e le seconde squadre di Lazio, Esperia-Audace, Fortitudo, Roman e Alba, che alla fine risultano classificate nell’ordine. Il campionato è caratterizzato dal clamoroso risultato ottenuto dal Tebro, che supera 2-0 la squadra riserve della Lazio. Conclusi i campionati, nella primavera-estate si continua a giocare in numerosi tornei, anche in virtù dell’attività di Prima, Seconda e Terza categoria organizzata della Federazione Associazione Scuole Cattoliche, che contesta alla F.I.G.C. il professionismo dei calciatori e innesca una durissima polemica sul dilettantismo e sugli scopi che l’ideologia sportiva si prefigge di raggiungere, pur riconoscendo il valore educativo del calcio, “che ha il merito di favorire lo spirito di gruppo di fronte all’esercizio individuale”.

INTRODOTTE PROMOZIONI E RETROCESSIONI

Nell’estate del 1912 la Federcalcio vara una nuova formula per il campionato di Prima Categoria e per la prima volta c’è l’ammissione delle squadre laziali, con l’introduzione del meccanismo di scambio di squadre tra campionati, ovvero delle promozioni e retrocessioni. Il principale campionato federale si articola su una prima fase regionale (sei gironi con un massimo sei squadre per regione), semifinali a livello interregionale e finale nazionale tra una squadra del Nord ed una del Centro-Sud per assegnare lo scudetto. L’ultima classificata dei singoli gironi retrocede in Seconda Categoria, o in Promozione, com’è chiamato sui giornali il campionato in virtù del meccanismo che consente alla vincitrice l’accesso alla categoria superiore. La Terza Categoria continua invece ad essere a carattere regionale, aperta a tutti, anche alle squadre riserve; non c’è ancora la possibilità di salire di categoria, per la squadra vincitrice, alla quale viene comunque concessa la possibilità di fregiarsi del titolo di campione di categoria.

IL LAZIO SCALA POSIZIONI IN FEDERCALCIO

Nella stagione 1912-13 il numero delle società affiliate al Comitato Regionale Laziale arriva a quota 40, quasi un terzo delle affiliazioni totali alla FIGC, salite a 150. Per affiliarsi, la Federcalcio impone alle società l’obbligo di poter disporre di un proprio campo di gioco per poter svolgere l’attività. Sono ancora una volta le società laziali ad andare in difficoltà, vista la penuria di campi che c’è a Roma. La Fortitudo paga per prima la mancanza di un proprio impianto, restando esclusa dal girone laziale della Prima Categoria, al quale il presidente Casalini iscrive d’ufficio, in base ai meriti sportivi e alle proprie considerazioni, Lazio, Roman ed Esperia-Audace. Per scegliere le altre tre formazioni che servono a completare il raggruppamento viene fatto giocare un torneo eliminatorio a quattro squadre: Juventus Audax, Alba, Pro Roma (che acquista il campo della Piramide Cestia in via Ostiense) e Tebro, con quest’ultima che alla fine resta esclusa.

IL CAMPIONATO VIENE ARTICOLATO SU DUE ANNI

Il 3 novembre del 1912 il campionato prende il via e per la prima volta viene disputato nell’arco di due anni solari. Il torneo si rivela una sfida tra Lazio e Roman e per il confronto diretto tra queste due squadre il presidente del Comitato Regionale Laziale chiede che a dirigerlo sia Arnaldo Vieri Goetziof, già calciatore del Genoa, arbitro ufficiale e autorevole membro del Direttorio Federale. Vince la Lazio 2-1, che balza al comando del campionato e va a vincere il girone davanti alla Juventus e all’Audace, con la Roman che finisce quarta. La Lazio va poi a Livorno a vincere anche il titolo di campione dell’Italia Centrale e poi a conquistarsi a Napoli il titolo dell’Italia Centro-Sud. I biancocelesti, però, perdono la finale per il titolo nazionale con la Pro Vercelli. Nel Lazio si allestisce anche un campionato di Promozione con Audace, Fortitudo, U.S. Romana e Tebro, ed uno di Terza con le squadre riserve di Fortitudo, Juventus, Lazio, Pro Roma e U.S. Romana.

IL CONTE LUIGI MILLO SUCCEDE A BITETTI

Un nuovo cambiamento ai vertici del Comitato Regionale avviene il 14 settembre del 1913, quando nella sede della Podistica Lazio, in via delle Coppelle, si tiene la seduta che ratifica l’avvicendamento nella carica di presidente, che resta comunque in casa Roman. A Enrico Casalini subentra l’arbitro federale e numero uno del club rossogiallo, il conte Luigi Millo, figlio dell’ammiraglio ligure Enrico Millo che comandò l’impresa dei Dardanelli durante la guerra Italo-Turca dell’anno prima. Arnaldo Perugini (Lazio) è nominato segretario, Ulderico Bellucci (Juventus), Tullio Righetti (Pro Roma), Eugenio Rossi (Audace), Ilario Mazzarini (Fortitudo) e Luigi Cugini (Enotria) sono i consiglieri, i cui nomi figurano anche nella lista degli arbitri di Prima Categoria e Promozione. Il nuovo direttivo, che a novembre stabilisce la sua sede in via Crescenzo 82 nel quartiere Prati, inoltra subito una richiesta alla F.I.G.C. per ottenere uno sgravio delle spese per le proprie società, penalizzate da una pressione ritenuta eccessiva rispetto alle società del Nord. E’ grazie all’aiuto del vicepresidente federale Francesco Mauro, dirigente milanese molto vicino al calcio romano, che la tassa-partita verrà poi ridotta da 30 a 10 lire

La nuova articolazione del campionato nazionale di Prima Categoria, ma soprattutto le soventi rinunce “stagionali” dei club (chiamati ogni anno a rinnovare la propria iscrizione alla F.I.G.C.) creano grossi problemi all’organizzazione calcistica nazionale nella stagione 1913-14. Tra ammissioni e promozioni, al campionato di Prima Categoria prendono parte 47 squadre (contro le 36 previste dalla riforma del 1912) che a fine stagione danno vita a ben 350 gare, con l’utilizzo di 517 giocatori tesserati. Nel Lazio, considerata ancora una regione di secondo piano nel panorama calcistico nazionale, il problema campi (quelli ritenuti adatti sono soltanto quattro: Farnesina, Due Pini, Piramide e Dell’Olmo) blocca a sei (lo stesso della precedente stagione) il numero delle squadre ammesse alla Prima Categoria. Che sono: Lazio, che vincerà di nuovo il titolo, Roman, Esperia-Audace, Juventus Audax, Fortitudo e Pro Roma. L’unica novità, rispetto alla stagione 1912-13, è costituita dalla Fortitudo, subentrata all’Alba, che sceglie di ripartire dalla Terza Categoria. A quest’ultimo campionato prendono parte anche le squadre riserve di Fortitudo, Juventus Audax, Lazio, Pro Roma e la nuova Società Sportiva Studentesca Vis.

IL CASO CALENDARI CONDIZIONA LA STAGIONE

La stagione è ancora condizionata dall’esito burrascoso di alcuni incontri, con il Comitato Regionale che ha difficoltà ad omologare i risultati di partite in cui le squadre vengono ritirate, oppure a considerare valide altre partite sospese per le intemperanze tra giocatori o tra tifosi. Davanti a questa difficile situazione, il Comitato Regionale sceglie di tenere un profilo basso, limitandosi ad inviare una nota di biasimo alla F.I.G.C. per indurla ad una scelta più accurata degli arbitri da mandare a dirigere le gare a Roma. A testimoniare il clima di tensione ci si sono i resoconti delle partite pubblicati sui giornali, che suscitano notevoli polemiche. La stagione viene comunque portata a termine e dopo il successo della Lazio in Prima Categoria, arriva la vittoria della Roman in Terza Categoria, mentre per iniziativa del segretario Arnaldo Perugini, il Comitato Regionale organizza anche un torneo “Boys” a girone unico per ragazzi al di sotto dei 17 anni, che diventa il primo campionato giovanile del calcio laziale.

LE SQUADRE DEL SUD VENGONO PENALIZZATE

Nell’estate del 1914, dopo la lunga ed estenuante stagione appena conclusa (che portato a 262 le società federate) la Federazione riduce la partecipazione al campionato di Prima Categoria a discapito delle squadre del Sud. Il Comitato Regionale Laziale, alla vigilia dell’assemblea federale che si deve tenere a luglio a Torino, organizza una riunione con le quattro principali società romane (Pro Roma, Lazio, Audace e Juventus) nella sede della Pro Roma in via dell’Umiltà. C’è da portare avanti, ancora una volta, la protesta contro la trascuratezza del Nord nei confronti del calcio del Centro-Sud e sostenere la richiesta di Lazio, Roman e Audace a partecipare alla Prima Categoria del 1914-15.

TONETTI E CORRADINI NELLA LEGA CENTRO-SUD

Spetta ai dirigenti Tonetti (Audace) e Corradini (Pro Roma) il compito di rappresentare il calcio romano e laziale in sede assembleare, ma le loro istanze restano del tutto inascoltate perché la F.I.G.C. modifica i campionati, creando un ulteriore divario tra l’attività del Nord e quella del Centro-Sud, concentrata nel campionato di Seconda Categoria-Promozione. Alle società laziali viene concessa un’unica opportunità, che però salterà per lo scoppio della Prima Guerra Mondiale: partecipare nel giro di due anni alla Divisione Nazionale A e B, la cui istituzione è prevista per la stagione successiva.

La sconfitta del Lazio all’assemblea federale, pur suscitando malumori e proteste, non pregiudica al conte Luigi Millo la riconferma alla presidenza del direttivo del Comitato Regionale. La riunione per il rinnovo delle cariche regionali e per decidere le iscrizioni ai campionati del 1914-15, si tiene a metà ottobre in via della Coppelle, all’interno del Caffè Grosso. Le riunioni settimanali del direttivo per i provvedimenti disciplinari e l’omologazione delle gare si svolgono invece nelle sale dell’Hotel Royal, in via XX settembre, che è la residenza romana del conte Millo. Lo stesso albergo è il riferimento postale per le società e per il segretario Arnaldo Perugini, confermato nella carica come il presidente. Dal Caffè Grosso escono investiti della carica di consiglieri Felice Tonetti, Carlo Volpi, Ulderico Bellucci, Gilberto Comandini, Armando Rossini, Vincenzo Lombardo e Gino Gaucci.

ARRIVA IL CAMPIONATO DI PROMOZIONE

Il direttivo, appena insediato, stabilisce che al principale campionato regionale, che ora è quello di Promozione, siano ammesse Audace Esperia, Alba, Fortitudo, Juventus, Lazio, Pro Roma e Roman. L’Alba viene successivamente esclusa perché non ha a disposizione un campo recintato e far così pagare il biglietto agli spettatori. Spetta all’ingegner Francesco Mauro dare parere negativo, nonostante l’impegno dei dirigenti dell’Alba a recintare in brevissimo tempo l’area di gioco. Non ha problemi di campo, invece, la Pro Roma, che prima del via del campionato elegge a proprio presidente don Guido Toncker, che qualche anno più tardi sarà prima cassiere, poi commissario e presidente del Comitato Regionale Laziale. Religioso appartenente ad una ricca famiglia, Toncker segnerà la fortuna, ma anche il tramonto, del prestigioso club capitolino, che è stato di Bruno Zauli e Generoso Dattilo.
L’Alba finisce nel campionato di Terza Categoria, a cui si iscrivono anche il Testaccio, la Cristoforo Colombo e la Ginnastica Roma, uno dei club più antichi della capitale che si ricostituisce nel gennaio del 1915. Presidente della neonata sezione calcio è il deputato Gesualdo Libertini, mentre tra i consiglieri c’è Carlo Volpi, membro del Comitato Regionale; sarà proprio Volpi, l’anno successivo, a spingere la Ginnastica Roma nel campionato di Seconda Categoria, al quale la società romana potrà accedere dopo aver disputando uno spareggio con l’Alba.

STRARIPA IL TEVERE, IL CALCIO SOFFRE

Dopo un campionato di Promozione lungo e balbettante a causa delle continue pioggie e del conseguente straripamento del Tevere, causa del rinvio di parecchie gare, la Roman vince faticosamente il titolo regionale della stagione 1914-15, prendendosi una rivincita sulla Lazio. Sul successo pesa però il “caso Lissone”, giocatore trovato in possesso di un doppio tesseramento, per la Roman e il Genoa. Il conte Millo, presidente della Roman e del Comitato Regionale, ovviamente fa di tutto per ridurre il caso ad una bolla di sapone, riuscendo alla fine a non inficiare il successo del proprio club. Roman e Lazio sono entrambe ammesse alla fase nazionale, che vede subito tornare protagonista la Podistica, vincitrice del girone del Centro Italia a cui prendono parte anche Pisa e Lucca, oltre alla stessa Roman.

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L'entrata in guerra dell’Italia non consente però l’effettuazione delle finali perché il calcio decide di appoggiare la decisione del Governo di fermare l’attività calcistica. La F.I.G.C., il cui modello di struttura spegne ogni iniziativa individuale, sospende tutti gli incontri alle 14,30 di domenica 23 maggio 1915, come segno tangibile del proprio sostegno alla mobilitazione generale del Paese.

LA GUERRA E IL GIOCO DEL CALCIO

La comunicazione viene inviata con un telegramma agli arbitri chiamati a dirigire le semifinali. Telegramma che i direttori di gara leggono poi agli spettatori prima dell’inizio dellaa partita attraverso gli altoparlanti degli stadi. Soltanto in casi sporadici (in Lombardia, per esempio) si gioca comunque, sia pure a ranghi ridotti. Il conflitto bellico porta via alle società numerosi giocatori e dirigenti, che uno dopo l’altro vengono chiamati alle armi. La Roman è una delle società più colpite perché l’intero consiglio direttivo, compreso il conte Luigi Millo presidente del Comitato Regionale Laziale, va in guerra (e gran parte dei dirigenti poi non tornerà) con il conseguente scioglimento della società. Partono anche l’ex presidente del Cr Laziale, Olindo Bitetti e ben 85 persone della Pro Roma, tra atleti e soci.

Il calcio trova comunque la forza per non fermarsi perché altri club si sostituiscono a quelli che via, via si sciolgono o rinunciano all’attività agonistica. Per completare gli organici e consentire comunque un’attività ufficiale, alcune squadre vengono ammesse al campionato di Seconda Categoria. L’Esquilia, prima classifica in Terza Categoria, la Laziale (vincitrice della Terza Categoria dei F.A.S.C.I), la Tiberis, il Flaminia, il Testaccio, la Fortior, la Vigor e altre squadre composte da ragazzi accedono così al campionato, considerato riserve vista la difficoltà a svolgere attività. La mancanza di giocatori limita comunque il numero di partite, che spesso vengono giocate addirittura tra squadre in inferiorità numerica. Contemporaneamente crescono i tornei “Boys” o “Ragazzi”, con squadre composte da giovani che non essendo ancora in età di leva possono dedicarsi liberamente al gioco del calcio, garantendo continuità all’attività agonistica.

PRIMA SQUADRA FEMMINILE

Nella stagione della Guerra, la Lazio apre le porte del calcio alle donne, facendo così nascere la prima squadra di calcio femminile a Roma e nel Lazio, mentre il Sora chiude l’era pionieristica a causa delle conseguenze del tremendo terremoto del 13 gennaio del 1915; soltanto nel 1920, un gruppo di giovani ricostruirà una società di calcio con tutti elementi locali.

FRANCESCO MAURO NUOVO PRESIDENTE

Partito il presidente Millo per la guerra, a Natale del 1915 il Comitato Regionale cambia organigramma: l’ingegner Francesco Mauro, che diventerà il reggente della F.I.G.C., è nominato presidente; il dirigente della Podistica Lazio Guido Baccani è il suo vice, mentre Dante Ciriaci diventa segretario. Nel Comitato Regionale fa il suo ingresso come cassiere Don Guido Toncker, che diventerà presidente del calcio laziale negli anni Venti. I consiglieri sono Antonino Sidoti e Benedetti. L’attività ridotta a causa del conflitto bellico e la latitanza della F.I.G.C., che via via si disgrega e perde potere, farà sì che per negli anni dal 1915 al 1918 il direttivo del Comitato resti praticamente immutato. Nel Lazio, malgrado la mancanza di giocatori, dal 1915 al 1917 si organizzano anche amichevoli e dei rapidi tornei, oltre alle consuete coppe romane. Arbitri delle partite sono i dirigenti federali Sidoti e Perugini, oltre a qualche direttore di gara del Nord si trova di passaggio a Roma.

Nel 1916 la Fortitudo vince la Coppa Federale Zonale (incontri con Juventus Audax e Pro Roma tra il 3 aprile e il primo giugno) dopo aver già vinto la Coppa di Natale del 1915 e il campionato romano, giocato dal 30 gennaio al 5 marzo del 1916 con partite di andata e ritorno tra sole quattro squadre: Fortitudo, Pro Roma, Lazio e Juventus Audax. Il campionato romano diventa invece Coppa Regione Lazio nel 1917: a giocarlo con gare di sola andata dal 15 al 29 aprile sono le solite quattro (Fortitudo, Pro Roma, Lazio e Juventus), questa volta il successo va alla Pro Roma di don Guido Toncker che riesce a superare 9-2 la Lazio nel primo incontro e riesce ad ottenere il successo finale a punteggio pieno. Tra aprile e maggio si riesce a disputare anche un breve torneo di Terza Categoria vinto dalla Pro Roma, davanti a Vigor, Juventus, Tiberis, Libertas, Fortitudo e Lazio.

FORMATA L'UNIONE LIBERI ITALIANA CALCIO

Nei primi giorni di giugno del 1917, in piena guerra, nasce l’Unione Libera Italiana del Calcio (U.L.I.C.), sorta dalla passione del giovane farmacologo marchigiano Luigi Maranelli, che risiede a Milano e approfitta del disinteresse della F.I.G.C. per l’attività giovanile per fondare un movimento che inizialmente viene sottovalutato ma poi diventa una vera alternativa all’attività federale. L’ULIC è votata esclusivamente alla diffusione del gioco tra i giovanissimi e i figli del popolo in particolare, in antitesi all’autotarismo della FIGC, che dopo la guerra verrà poi accusata di essere diventata “il carcere del calcio”, così come scriverà il “Corriere dello sport libero”, il nuovo giornale dell’associazione che sarà fortemente critico nei confronti del reggente Francesco Mauro, accusato di dispotismo e di essersi appropriato del titolo di Presidente pro-tempore della F.I.G.C. senza essere stato legittimamente eletto da nessuna assemblea federale. L’U.L.I.C. non gli perdona la mancata concessione dell’esenzione del pagamento delle tesse di affiliazione e arbitrarie per le categorie giovanili durante il periodo di guerra.

In breve tempo dalla sua fondazione, la struttura dell’U.L.I.C diventa parallela a quella della F.I.G.C., con l’organizzazione di campionati regionali di Prima e Seconda Categoria e Boys a cui possono partecipare tutti, senza distinzione di tesseramento e senza la penalizzazione di squalifiche e multe. “La nostra organizzazione ha per cardine politico la libertà, per cardine economico: né tasse, né multe”, è il motto “uliciano”, sotto il quale, nel 1922, si raccolgono ben 190 squadre, contro le 805 della federazione. L’U.L.I.C. si avvale di Comitati Locali, governati da Consigli Direttivi eletti direttamente dalle società fino al 1927 e poi nominati d’autorità dal Direttorio Federale che verrà istituito con l’avvento del Fascismo.

DIECI I COMITATI ULICIANI NEL LAZIO

Nel Lazio sono una decina i Comitati Uliciani (la gran parte formati dopo il 1927), che raccolgono affiliazioni di squadre, composte in principal modo da giovanissimi. Dopo più di un lustro di autonomia, però, una pesante crisi interna generata dall’impossibilità di gestire un’attività diventata vastissima, spinge il Comitato Centrale Direttivo a rimettere il destino dell’U.L.I.C. nella mani del presidente del C.O.N.I. Lando Ferretti. L’Unione Libera Italiana del Calcio entra così nei ranghi federali, trasformando tra il 1935-36 l’associazione in “Sezione Autonoma di Propaganda”. I Comitati uliciani cesseranno di esistere, venendo sostituiti dai Direttori Provinciali, che saranno diretti dalla maggior parte dei vecchi dirigenti. Le Sezioni Propaganda, disciplinate secondo direttive fasciste, sorgeranno in ogni città dove vi siano almeno tre società.

Nel 1918 il conflitto bellico si avvia alla conclusione ma l’attività è ancora fortemente limitata sia nel Lazio che nel resto dell’Italia. Il Comitato Regionale Laziale funziona comunque quasi a pieno regime grazie all’impegno di Francesco Mauro, che anche negli anni a venire dimostrerà grande attaccamento al calcio romano e laziale. A gennaio si riesce a mettere in piedi il Campionato Romano, nonostante l’attività ufficiale sia bloccata o, nelle situazioni migliori, fortemente ridimensionata. Vi partecipano Lazio, Romana (che prende il posto della disciolta Flaminia), Pro Roma, Juventus e Fortitudo. Vince quest’ultima società, che con i “boys” si aggiudica anche il trofeo messo in palio dal “Giornale d’Italia”. L’Us Romana vince invece il campionato di Terza Categoria riserve. Il 1918 segna anche la nascita a Frosinone di una squadra di calcio più o meno organizzata (la prima della città) ma un’attività agonistica non estemporanea nel capoluogo ciociaro prenderà il via soltanto nel 1923 con l’inserimento del club nel campionato di Quarta Divisione regionale.

DA MAURO LA PRESIDENZA PASSA A DON TONCKER

La fine ufficiale della Grande Guerra arriva il 4 novembre del 1918, e il calcio si fa trovare impreparato al ritorno alla normalità. La ripresa è dura, alle partite assistono pochissimi spettatori, la F.I.G.C. stenta a riprendere il controllo completo dell’attività e a riorganizzarsi. Inevitabile la crisi del sistema federale, che affida a Francesco Mauro il tentativo di trovare una soluzione. Il dirigente milanese deve lasciare il Comitato Regionale Laziale nelle mani di don Guido Toncker, che da cassiere si ritrova ad essere commissario. Il religioso si impegna molto, profonde tanta buona volontà, ma non ha un consiglio a sostengo del suo operato. Inevitabile, dunque, che l’attività risenta delle difficoltà incontrate dal calcio a ricompattarsi. E’ questo che spinge numerosi giocatori verso altre discipline, quali la podistica e la ginnastica.

NASCONO F.A.R.S. E C.S.R.

Il conte Spetia, sulle pagine della Gazzetta dello Sport, qualche settimana dopo la conclusione della Prima Guerra Mondiale descrive così la situazione del Lazio: “Il Comitato Regionale? Morto. Il Commissario per il Lazio ha buona volontà, ma da solo non può fare. Quelli che lo dovrebbero aiutare, o fanno parte delle molteplici giure delle più volte lodate gare e “giornate sportive”, o pensano ai casi loro… La Federazione è in crisi, il suo presidente si è anche dimesso. Ebbene si faccia un Comitato provvisorio, un Consiglio Nazionale,… Soviet, quello che si vuole, ma non si permetta che il football a Roma ritorni ad essere la cenerentola degli sports”.

E’ in questo vuoto di potere che si formano due associazioni parallele alla F.I.G.C. per l’organizzazione di tornei e campionati: il Fascio Associazioni Sportive Romane (F.A.R.S.) e il Comitato Sportivo Roma (C.S.R.); al primo aderiscono alcune società minori, al secondo alcune delle più importanti; entrambe le associazioni hanno però vita breve e non incidono più di tanto sulla vita federale.

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La prima assemblea federale del dopoguerra si svolge a Torino, diventata sede della F.I.G.C., a metà aprile del 1919, in contemporanea con la conclusione del campionato regionale laziale di Prima Categoria, suddiviso in due gironi. Vi partecipano Lazio, Romana e Juventus Audax da una parte; Audace Roma, Fortitudo e Pro Roma dall’altra. Il titolo va alla Juventus Audax che fa valere la propria differenza reti nel doppio confronto di finale con la Fortitudo.

L'AUTONOMIA DEI COMITATI

A Torino, in rappresenza del Lazio salgono sette dirigenti: Felice Tonetto (Audace), Vittorio Castelli (Juventus), Guido Toncker (Pro Roma), Francesco Mauro (Lazio), Tommaso Panatta (Fortitudo), Giuseppe Varetto (Tiberis) e Edoardo Caroncini (Romana). Sono 97 in tutto i club presenti all’assemblea che porta alla presidenza Montù, mentre il dirigente del Lazio Francesco Mauro, dopo aver svolto funzioni di commissario straordinario, diventa vice-presidente. Anche l’avvocato Felice Tonetto entra nel Consiglio Direttivo della F.I.G.C. e il suo ruolo è subito rilevante. E’ sua l’idea di concedere ai Comitati maggiore autonomia sportiva “nell’intento di favorire lo sviluppo dello sport, essi potranno assumere l’iniziativa di organizzare gare, indire tornei, approvare coppe, appoggiare iniziative di società affiliate, ferma restando l’osservanza delle norme dello statuto, regolamento organico e disposizioni federali”.

ARRIVA LA FORMAZIONE ARBITRALE

I Comitati sono incaricati di formare anche la classe arbitrale, designare i direttori di gara per gli incontri di campionato, omologare i campi e svolgere funzioni amministrative riscuotendo le tasse d’iscrizione, delle tessere e dei cartellini, controllare le tessere annuali dei calciatori, obbligati a risiedere nella regione in cui ha sede la società in cui giocano e a non cambiare maglia se non per motivi militari. Dopo l’assemblea di Torino, tra l’11 maggio e il 29 giugno, il Comitato Regionale Laziale riesce a organizzare anche un campionato di Promozione.
A fianco delle squadre riserve di Fortitudo, Lazio, Juventus Audax, Pro Roma (che vincerà il titolo) e Romana si affacciano per la prima volta la Tiberis, l’Exquilia e il Vittoria. Il 6 luglio, invece, nella sede della sua Pro Roma, don Guido Toncker da commissario diventa presidente e il Comitato riacquista un assetto istituzionale nominando consiglieri Alberto Arzilla, anch’egli dirigente della Pro Roma che qualche anno dopo arriverà a sua volta a dirigere il Comitato, Ulderico Bellucci (Juventus), Renato Cionci (Audace), Dante Ciriaci (Fortitudo), Giuseppe Guaschino (Tiberis), Alfredo Palmieri (Lazio), che è il cassiere, Tommaso Panatta (Fortitudo), che assume l’incarico di segretario, Guido Rossi (Vittoria) e Luigi Millo (Roman), appena tornato dalla guerra e già proiettato verso la nuova carriera di dirigente arbitrale. Bellucci e Rossi usciranno poi dal direttivo, lasciando il posto a Guido Roffi e Luigi Guercini.

Durante l’estate viene riscritto il regolamento organico, mentre il via alla prima stagione ufficiale del dopoguerra viene dato nel settembre del 1919. Il campionato principale è ancora la vecchia Prima Categoria che assegna il titolo nazionale dopo una fase regionale organizzata dai Comitati Regionali; poi vengono Promozione e Terza Categoria, campionati su base regionale. Le devastanti conseguenze della guerra creano però molte difficoltà alla ricomposizione delle squadre; alcune si ritrovano senza giocatori o con calciatori reduci dal conflitto bellico afflitti da gravi malattie alle vie respiratorie. Nella Pro Roma riescono a tornare all’attività Silvio Sensi (padre dell’ex presidente della Roma), Bruno Zauli, che molti anni dopo sarà dirigente del Coni e commissario straordinario della FIGC, e Generoso Dattilo, che diventerà un grande arbitro romano e nazionale.

CAMPIONATO CON SETTE SQUADRE AL VIA

A Roma si riesce a far partire un campionato con sette squadre soltanto il 28 novembre. Lo vince ancora la Fortitudo, che va poi a giocare (e vincere) insieme all’Audace le semifinali interregionali, senza però riuscire a superere lo scoglio finale. A cavallo degli anni 1919 e 1920 si gioca anche il campionato di Promozione, vinto dal Vittoria davanti l’Exquilia, il Trevi Tiberis, la Vis Roma, la Libertas Roma e l’Augustea, mentre la Terza Categoria laziale non viene disputata. Il 1919 è l’anno della rinascita del calcio a Tivoli e a Cave. Dopo gli albori calcistici della Sporting Tivoli, di cui si perdono le tracce, il 21 aprile viene ufficialmente costituita l’As Tivoli, progenitrice della Polisportiva Tivoli 1919, con lo scopo, come si legge nello statuto, “di diffondere e rendere familiari gli esercizi sportivi, per i giovani e per gli adulti, e di destare in essi l’amore alla concordia ed alla disciplina, onde renderli più utili a se stessi, alla Società ed alla Patria”.
La Tivoli si metterà subito in luce nel panorama del calcio laziale, tanto che nella stagione 1921-22 assaporerà la Divisione Nazionale, mentre nella stagione 1947-48 conquisterà la coppa Attilio Ferraris, riservata alle squadre di serie C. A Cave, invece, l’attività si sviluppa con meno impeto in quanto per numerosi anni la società svolgerà soltanto attività locale.

Il livello tecnico del calcio italiano di fine ventennio è comunque notevolmente inferiore a quella di qualche anno prima e così, nel 1920, la F.I.G.C. chiede di riaprire le porte ai calciatori stranieri. Cresce il tasso tecnico e cresce, purtroppo, anche il clima di violenza sui campi. Si registrano le prime aggressioni di tifosi a dirigenti e giocatori, generate da fortissime rivalità campanilistiche, riflesso del clima politico e sociale che si respira in quegli anni. Arrivano anche le prime avvisaglie di un forte antagonismo tra grandi e piccoli club a causa dell’eccessivo allargamento dei quadri della Prima Categoria, che schiera 64 club per il Nord e meno della metà (27) per il Sud.

IL VITTORIA PRIMO PROMOSSO SUL CAMPO

Nel Lazio, il Comitato Laziale ha sede in via Tor de Specchi 24 ed è composto da Guido Toncker (presidente), Alberto Arzilla (segretario), Guido Baccani, Brilli, Ciriaci, Crostarosa, Mazzarini, Rubens Rossi, Santini e Antonino Sidoti (consiglieri). Al campionato di Prima Categoria della stagione 1920-21, allargato a otto squadre, viene ammesso il Vittoria di don Guido Roffi, fresco vincitore della Seconda Categoria, ed è questa la prima promozione ufficiale decretata sul campo. Le protagoniste della stagione sono ancora la Fortitudo, che accede alle finali interregionali dopo aver dominato il campionato, e la Lazio. L’Alba vince la Seconda Categoria, mentre la finale della Terza Categoria, campionato che si disputa dal 6 marzo al 3 giugno, è vinta (1-0) dalla seconda squadra della Fortitudo. A fine stagione vengono allestite anche delle Rappresentative regionali, che hanno lo scopo di rafforzare il concetto di “nazionalizzazione” del nostro Paese voluto dalla Federazione. Il Lazio affronta (e perde) con la Liguria e il Piemonte. Proprio le squadre di queste due regioni, capitanate dalla Juventus, nell’estate del 1920, avanzano le prime proposte di scissione, subito ricomposte.

La stagione è intensa e lunga e questo spinge molti club, insofferenti e scoraggiati a prendere parte alle finali, a chiedere una riforma dei campionati. Francesco Mauro l’affida a Vittorio Pozzo, giornalista e dirigente sportivo che diventerà il ct dell’Italia del doppio titolo mondiale negli anni ‘30. Il suo progetto (24 squadre su due gironi in Divisione Nazionale come il modello inglese) crea scontento nei piccoli club, che contestano i criteri di ammissione al campionato e respingono la riforma. Si arriva così al “grande scisma” dell’estate del 1921, portato avanti dalle società maggiori, decise nel creare una categoria a girone unico, oppure a limitare i gironi dell’attività nazionale per privilegiare i loro interessi rispetto a quelli delle società “provinciali”. Lo scisma porta alla costituzione della Confederazione Calcistica Italiana (presidente l’avvocato Lombardi), che nella stagione 1921-22 organizza campionati paralleli a quelli della F.I.G.C.. La nuova situazione del calcio italiano crea dissensi all’interno del Comitato Regionale Lazio, che dopo riunioni e discussioni alla fine decide di aderire alla nuova organizzazione calcistica.

IL LAZIO NELLA LEGA SUD

La Direzione Regionale C.C.I. per il Lazio, secondo quella che è la nuova denominazione del Comitato Regionale, entra a far parte della Lega Sud presieduta dal romano Felice Tonetti. Altri due romani, Guido Baccani e Luigi Millo, entrano nel nuovo organismo, che il 18 settembre del 1921 convoca l’assemblea generale, alla quale prendono parte anche i dirigenti dissidenti del Comitato Laziale, sancendo così anche la completa adesione del Lazio alla C.C.I., che muta la denominazione dei campionati da Categorie a Divisioni, mantenendo però la classificazione Prima, Seconda e Terza. Alla presidenza del Comitato Regionale c’è sempre don Guido Toncker, che nel settembre del 1923, si dimette dopo aver subito pressioni politiche alla sua gestione, legata al mondo cattolico, che il fascismo sta fortemente combattendo.

La Lega Sud della neonata C.C.I. articola il campionato di Prima Divisione su cinque gironi regionali (Lazio, Campania, Marche, Puglia e Sicilia), ammettendo le squadre vincenti (nel Lazio è la Fortitudo) ad un torneo finale per l’assegnazione del titolo; la squadra campione sfiderà poi la squadra vincitrice della Lega Nord per l’assegnazione dello scudetto. Al campionato vengono ammesse undici squadre romane (Alba, Audace, Fortitudo, Lazio, Juventus, Pro Roma, Roman, Romana, Tiberis, Tivoli e Vittoria), ma strada facendo si perdono due protagoniste: la Tiberis e la Vittoria, escluse perchè non hanno un impianto di gioco collaudato e omologato entro la data del 21 novembre 1921. I due club vengono quindi iscritti al campionato di Terza Divisione, che per la prima volta garantisce alla vincente la promozione alla Seconda Divisione, campionato che nella stagione 1921-22 non viene disputato per mancanza di squadre. Per determinare la vincitrice della Terza Divisione serve uno spareggio proprio tra le due escluse dalla Prima Divisione, il Vittoria e la Tiberis, finite a pari punti in classifica. Lo spareggio è vinto dai primi 5 a 1, ma le due squadre in estate unscono le forze per dare vita all’Unione Sportiva Tiberis Vittoria, più semplicemente conosciuta come Ustev.

LO SCISMA FEDERALE SI RICOMPONE

La stagione incontra comunque numerose difficoltà per essere portata a termine perché parecchi incontri vengono invalidati per errori tecnici o mancanza di arbitri, senza contare le partite sospese per intemperanze o incidenti. Curioso l’esito dell’incontro Tivoli-Alba del 19 marzo 1922, rinviato al 30 aprile ma mai disputato perché l’autorità di pubblica sicurezza interviene per impedire lo svolgimento della partita temendo incidenti. Essendo però l’incontro inutile ai fini della classifica, il Comitato non prenderà mai una decisione sulla data del nuovo recupero, pur essendo stato accolto un reclamo del Tivoli. Il 26 giugno del 1922 lo scisma del calcio italiano si ricompone e l’attività calcistica torna a svolgersi sotto l’egida esclusiva della F.I.G.C., che a settembre nell’assemblea federale dà vita ad un nuovo Consiglio e istituisce due leghe, Nord e Sud, con quest’ultima che è affidata all’avvocato romano Vittorio Scialoja, presidente del Roman.

La denominazione dei campionati federali viene adeguata a quella della Confederazione Calcistica appena cancellata, adottando lo schema di una I^ Divisione organizzata su tre gironi al Nord e quattro al Sud (il girone laziale comprende le sei squadre classificate ai primi posti del campionato 21-22), e di una II Divisione organizzata su base interregionale. Questi due campionati vengono “affidati” alla neonata Lega Sud, mentre la Terza Divisione e il campionato Riserve, insieme alla Quarta Categoria, riservata alle nuove affiliazioni, e al campionato Boys, rimangono di competenza dei Comitati Regionali, chiamati anche a tenere i rapporti con l’U.L.I.C., associazione che nel frattempo è divenuta “collaboratrice nella propaganda sportiva” della F.I.G.C..

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L'attività della stagione 1922-23 è particolarmente intensa per il Lazio, che dà vita a tutti i campionati previsti dall’ordinamento federale. La Lazio vince il campionato di I Divisione, perdendo soltanto la finale scudetto con il Genoa, mentre la Tivoli vince la II Divisione facendo proprie tutte le gare del campionato. Nell’aprile del 1923 parte anche la III Divisione, che registra l’iscrizione di tredici società, ridotte poi a 12 per il ritiro dell’Aurora. Nei due gironi spiccano i nomi dell’Andrea Doria di Tivoli e della Romulea, che vince il girone finale (a cui accedono le prime due classificate di ogni gironi) ed è così promossa. In IV Divisione compare per la prima volta nei ranghi federali l’U.S. Frusinate, ma non c’è il Sora, la cui organizzazione calcistica, dopo il tremendo terremoto che ha colpito la cittadina nel 1915, si sviluppa esclusivamente in tornei rionali e amichevoli con squadre del napoletano, del casertano e di Roma. A vincere il campionato è la Società Sportiva Audace Genazzano, fondata nel 1920.

VITTORIO SCIALOJA PRESIDENTE DEL LAZIO

Il Comtato Regionale Lazio cambia ancora guida nel settembre del 1923, in seguito alla dimissioni di don Guido Troncker. Alla presidenza subentra Vittorio Scialoja, già presidente della Lega Sud e del Roman, società che il 5 novembre del 1922, una settimana dopo la “Marcia su Roma”, aveva inaugurato la prima tribuna coperta della città al campo Roma ai Due Pini. Una struttura realizzata grazie ad una sottoscrizione dei soci, che si tassano con un’obbligazione di venticinque lire ciascuno. Negli uffici del Comitato Regionale Laziale, ancora allocati in via Tor de’ Specchi 24, approda anche Danilo Baldoni che assume l’incarico di segretario. Il direttivo, insediato qualche mese dopo la nomina di Scialoja, è invece composto da Armando Rossini, Righetti, Tommaso Panatta, Cerutti e Raveggi.

La Federazione cambia ancora la struttura dei campionati nella stagione 1923-24. I tre gironi della Lega Nord diventano due e formano la I Divisione, che dunque è di stampo esclusivamente nordista. La Lega Sud, invece, continua ad avere una struttura regionale e si occupa dei campionati di II Divisione. La III Divisione, il campionato Riserve e gli altri campionati minori restano in gestione ai Comitati Regionali. Tra quest’ultimi c’è anche una V Divisione, riservata alle terze squadre dei club partecipanti ai campionati di I e alle seconde squadre di II, III e IV Divisione, e una VI Divisione, che raccoglie i boys, ovvero i ragazzi di 17 anni.

L'ALBA ROMA VINCE IL CAMPIONATO

Al girone laziale di II Divisione della Lega Sud partecipano Alba, Lazio, Fortitudo, Juventus, Romana e la Tivoli, appena promossa dalla III Divisione. L’Alba vince il campionato con un solo punto di vantaggio su Lazio e Fortitudo, che disputano una gara di spareggio per decidere chi delle due deve andare alle finali interregionali: la spunta la Lazio 2-0. Il successo dell’Alba, che sarà vittima della burocrazia federale nella doppia finale con il Savoia per l’assegnazione del titolo, coincide con l’avvento del semiprofessionismo a Roma, portato proprio dal presidente dell’Alba Umberto Farneti, che paga un indennizzo per ingaggiare i giocatori strappandoli alla Fortitudo, che preferisce dedicarsi all’ampliamento del proprio settore giovanile. Sono sette le squadre che formano la III Divisione, principale campionato regionale: Andrea Doria Tivoli, Civitavecchia (vincitrice della finale), Balilla, Centro Sportivo Romano, Juventus e Oriani. Il 1924 segna anche la nascita del calcio a Cassino, dove alcuni ragazzi fondano una società dal nome latino “Quis contra nos?, che a partire dagli anni Trenta diventerà una delle società più in vista del calcio laziale, che si allarga così al Basso Lazio, ai confini della Regione.

DOPO SCIALOJA, VIENE ELETTO ARMANDO ROSSINI

Dopo un solo anno di presidenza, a metà settembre del 1924 Vittorio Scialoja lascia l’incarico e il Comitato Regionale Laziale passa nelle mani del dottor Armando Rossini, dirigente della Virtus Roma; segretario viene nominato Gioacchino Montanari del Roman, cassiere Giorgio Bonino dell’Alba. Consiglieri sono invece Fiorentini, Raveggi, Santorelli, Pellizzari, Mazzarini, Cecchetti, Tagliaferro e Pizzangeli. Il 28 dello stesso mese di settembre, in via Velletri a Roma, si tiene l’assemblea della Lega Sud e il gruppo dei dirigenti laziali a sorpresa finisce in minoranza a vantaggio del movimento portato avanti dalla Campania. Al Lazio rimane un solo consigliere, il capitano dell’esercito e arbitro benemerito Eduardo Caroncini, e la sede della Lega viene spostata da Roma a Napoli.

FULVIO BERNARDINI NELLA RAPPRESENTATIVA

Al campionato di I Divisione laziale del 1924-25 vengono ammesse solamente cinque squadre: Alba, Lazio, Fortitudo, Audace e Pro Roma (che ha assorbito l’US Romana), la “base storica” del calcio romano e laziale; la bella favola della Tivoli finisce subito, in quanto il club tiburtino viene escluso dalla I Divisione per non aver pagato in tempo le tasse federali. La Tivoli scende in II Divisione, campionato che si svolge dall’8 febbraio al 3 maggio 1925 ed è vinto dal Roman. L’Alba si conferma la squadra migliore e vince il girone regionale di I Divisione accedendo, ancora insieme alla Lazio, alle semifinali. I romani arriveranno poi a giocare la finale-scudetto con il Bologna che vincerà sia all’andata che al ritorno.
In III Divisione, che continua ad essere il campionato di punta dell’attività regionale, ottengono la promozione l’Ardita Roma e l’Andrea Doria, con quest’ultima che prima opera una fusione con il Carlo Oriani e poi cessa l’attività, seguendo la sorte del Bracciano, che aveva iniziato a svolgere attività nel 1910. Il 21 dicembre del 1924, durante la pausa del campionato per le feste natalizie, la Rappresentativa Laziale gioca un’amichevole con la Campania. Nella squadra ci sono Fulvio Bernardini, stella emergente della Lazio, capace di segnare dodici reti durante il campionato, e primo giocatore romano a vestire la maglia della Nazionale, Attilio Ferraris, Degni, Rovida e Vonanu in attacco: la partita finisce 1-1 e ad arbitrarla è il commissario tecnico della Nazionale Augusto Rangone.

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A metà degli anni Venti il calcio fa la sua comparsa in molte cittadine le cui squadre negli anni diventeranno protagoniste assolute del calcio laziale. A Frascati nasce l’Associazione Sportiva, che soltanto qualche anno più tardi, con la realizzazione dello stadio Mamilio, comincerà a partecipare ai campionati di IV Divisione e poi a quello di III Divisione. A Terracina viene fondata la Di Biagio, in onore dell’aviere pontino Francesco Di Biagio, medaglia d’oro al valor militare, caduto in guerra. La neonata società svoge attività locale fino al 1927, poi arriverà l’affiliazione alla F.I.G.C. e l’iscrizione al campionato di III Divisione.

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BLOCCATA LA DIVISIONE SU DUE GIRONI

La stagione 1925-26 viene aperta da un tentativo estivo di “colpo di mano” della Lega Sud, che vuole dividere le squadre laziali su due gironi a carattere interegionale. I club romani però insorgono, dopo aver fatto due rapidi conti sulle ingenti spese da affrontare per le trasferte fino a Taranto e Bari. Per affrontare il problema, è convocata un’assemblea straordinaria a Napoli nei giorni 18 e 19 luglio. E’ in questa occasione che viene lanciata l’idea di istituire una banca per il sovvenzionamento delle squadre non abbienti, con evidente riferimento alle società laziali. Idea fermamente respinta proprio dai club del Lazio che replicano chiedendo di essere ammessi alla Divisione Nazionale. Sul “Tevere”, quotidiano romano ma con un’identità nazionale, Renato Rossini, giornalistia attento alle vicende del calcio romano e omonimo del presidente del Comitato Regionale, commenta: “Il Lazio e Roma in particolare non può e non deve essere in alcun modo di gradino alcuno e che è doverso riconoscergli un campo di azioni più vasto... Le squadre romane pioniere del foot-ball dell’Italia centrale hanno già da tempo subito la trasformazione, o che sono o sarebbero quelle maggiormente sacrificate sia dal sistema attuale, sia da qualunque altro che vogliasi imporre al Centro-Sud”.

Il progetto della Lega Sud abortisce grazie al fronte comune che le società laziali, guidate da Audace, Alba e Fortitudo, formano dopo una serie di riunioni sfociate in un ordine del giorno firmato da Umberto Farneti (Alba), Guido Baccani (Lazio), Alberto Arzilla (dirigente della Fortitudo) e Felice Tonetti (Audace) con cui si minaccia di non prendere parte al campionato. Il ritorno al girone unico nella Lega Sud, però, non soddisfa pienamente l’Alba, il club romano maggiormente in auge. Il presidente Umberto Farneti, proprietario di una rinomata bottiglieria in via del Gambero (pizza e vino dei Castelli) prodigo di denaro nei confronti del gioco del calcio a dispetto di una moglie economa e risparmiatrice, è fermamente deciso a dare una grande squadra a Roma e così invia una lettera alla Federazione, con la quale chiede di elevare da 16 a 17 il numero delle squadre ammesse alla I Divisione Nazionale, con l’inserimento della vincente del raggruppamento centro-meridionale (l’Alba, ovviamente) nel campionato nazionale. Sempre sul Tevere, Renato Rossini, prende spunto dalla lettera di Farneti per lanciare l’idea di un accorpamento delle tante squadre romane per contrapporre una forza tecnica capitolina allo strapotere del Nord. E’ la prima idea per la nascita dell’AS Roma. “Per la stagione 1925-26 nel Lazio verrà giocato ancora il campionato regionale ed anche questa volta di selezione, perché assolutamente necessario, nell’interesse del foot-ball Laziale, ridurre in modo definitivo le squadre della Capitale a due”.

ALBERTO ARZILLA ALLA PRESIDENZA DEL LAZIO

Nel pieno della spaccatura tra le società laziali e quelle campane che compongono la Lega Sud, il 10 settembre del 1925 in vicolo Scanderberg, sede dell’Alba, si svolgono le elezioni per il rinnovo delle cariche del Comitato Regionale. La crisi influisce sulle decisioni dei dirigenti, che votano per il cambio di presidenza: Armando Rossini lascia l’incarico ad Alberto Arzilla, dirigente della Fortitudo tra i più attivi nel portare avanti la protesta del calcio romano e che terrà l’incarico per quasi dieci anni, aprendo così una nuova era dirigenziale per il calcio laziale. Nel direttivo del Comitato vengono nominati Ugo Benvignati, che è arbitro della sezione di Roma, Mosetti, Fiorentini, Santorelli, Capporelli e Federico Tedeschi, che assume l’incarico di segretario e sarà poi il successore di Arzilla, quale decimo presidente del Comitato Regionale.

Il principale campionato regionale continua ad essere la III Divisione, alla quale si iscrivono dieci club, divisi in due raggruppamenti: la Juventus Roma vince il girone B con 15 punti, precedendo Ostiense, Viterbese (che l’anno prima aveva vinto la IV Divisione), Banca Romana e Vivace Grottaferrata, club nato nel 1922 grazie a Giuseppe Tiberi, Antonio Ciocca, Alfredo Principino e Carlo Pisani, che costituirono la società nei locali della Trattoria “Antico Capannone”. L’Us Romana vince invece il girone A e gli spareggi promozione. Alla IV Divisione si iscrivono invece Cave, Pro Italia, Prenestina, Trastevere, Audace Genazzano, C.S. Italico, C.S. Roman, Esquilino e Frascati. Dopo l’esclusione dal campionato per il ritardato pagamento delle tasse d’iscrizione, torna in I Divisione il Tivoli, che vince la II Divisione, campionato al quale sono iscritti ben sei club: Andrea Doria Oriani Tivoli, Ardita, Civitavecchia, Romulea, Virtus Goliarda e la Tivoli, appunto.

VIENE INAUGURATO IL VELODROMO APPIO

Nel bel mezzo della stagione, lunga e avvincente, i dirigenti del Comitato Regionale (presidente Arzilla in testa) il 26 febbraio del 1926 partecipano all’inaugurazione del Velodromo Appio, impianto che può ospitare fino a diecimila persone e che diventerà il primo campo di gioco ufficiale della Roma, che verrà costituita l’anno successivo. Un paio di mesi dopo, il 3 aprile 1926, nasce l’Opera Nazionale Balilla, il movimento giovanile dipendente direttamente dal Partito del Fascio, che nel quinquienno successivo prenderà in mano tutta l’attività sportiva giovanile, arrivando a mettere fuorilegge i movimenti sportivi cattolici.

Più o meno nello stesso periodo, nasce anche il Gruppo Arbitri Romani (di sezioni ancora non si parla) il cui presidente è il conte Luigi Millo, che resterà in carica fino al 9 ottobre del 1933, quando rassegnerà le dimissioni, come risulta dal comunicato numero 2 del CITA. Il conte Millo è inserito nei quadri federali come arbitro benemerito insieme ad un altro ex presidente del Comitato Regionale, l’avvocato Vittorio Sciajola che diventerà presidente dell’A.S.Roma. Nella lista ci sono anche Armando Bonifazi, dirigente di spicco del Comitato Regionale durante il periodo fascista, Guido Baccani e Antonino Sidoti, che sarà a sua volta presidente per due mandati prima di lasciare a Federico Sani.

La svolta della Federazione Italiana Giuoco Calcio arriva nell’estate del 1926, quando uno sciopero arbitrale spinge la Presidenza e il Consiglio Federale alle dimissioni. Alla base della clamorosa protesta dell’A.I.A. c’è l’annullamento della partita tra Casale e Torino perché la F.I.G.C. non considera serena la condotta dell’arbitro Guido Sanguinetti. Il presidente della Lega Nord, Enrico Olivetti rimette il mandato nelle mani del presidente del C.O.N.I., Lando Ferretti, che nomina subito una commissione di tre esperti, a cui viene affidato il compito di ridisegnare l’organizzazione calcistica. I tre “saggi” sono l’avvocato milanese Giovanni Mauro, il gerarca romano Italo Foschi, che sarà il “padre” dell’AS Roma, e il bolognese Paolo Graziani, dirigente dell’F.C. Bologna, che si chiudono per tre giorni in una casa e lavorano giorno e notte per dare vita a quella che ancora oggi è considerata la “bussola del calcio italiano”. La “Carta di Viareggio”, che cancella l’elettività delle cariche federali e con essa ogni forma di democrazia dal calcio, viene emanata il 2 agosto del 1926.

VARATA LA CARTA DI VIAREGGIO

Il Consiglio Federale viene sostituito un Direttorio Federale, alla cui presidenza è chiamato un potete gerarca fascista, Leandro Arpinati, che assume la carica di presidente anche di tutti gli organismi periferici, completamente ridisegnati. Al posto delle disciolte Leghe, nascono il Direttorio Divisioni Superiori (che si occupa del campionato Nazionale e della Prima Divisione Nord e Sud) e il Direttorio Divisioni Inferiori (Seconda Categoria e finali nazionali della Terza), mentre i Comitati Regionale sono trasformati in Direttori Regionali. A questi organismi viene demandata l’organizzazione della di Terza Categoria. L’elettività dei componenti (che prima avveniva attraverso un referendum tra le società) viene a decadere e da questo momento in poi spetta al Direttorio Federale nominare d’autorità i dirigenti, escludendo qualsiasi intervento assembleare delle società.

Leandro Arpinati, romagnolo d’origine e di bella prestanza fisica, è anche sottosegretario agli Interni, presidente del Bologna, capo dello squadrismo bolognese e presidente della Federazione di Atletica. Come primo atto del suo mandato trasferisce la sede federale da Torino a Bologna, la città in cui risiede, prima di portarla in via definitiva a Roma nel 1929.

Con la “Carta di Viareggio” si stabilisce anche la divisione tra calciatori dilettanti e non dilettanti. Sulla purezza di quest’ultima deve vigilare una commissione di tre membri, appositamente nominata dal CONI; il vincolo di un calciatore con una società viene fissato in un solo anno, mentre due anni servono per la riqualificazione di un calciatore passato nell’altra categoria. Ai non dilettanti si permette invece di percepire un rimborso spese dalle società. La nuova organizzazione federale decreta poi la cancellazione (che poi si rivelerà provvisoria) dell’A.I.A., sostituita dal Comitato Italiano Tecnico Arbitrale (C.I.T.A.), struttura inserita nella Federcalcio, a cui è affidato il compito di designare i direttori di gara.

Le competenze regionali sugli arbitri sono affidate al fiduciario del C.I.T.A., membro effettivo dei Direttori Regionali. Il gruppo arbitro di Roma, che richiama la figura di Erminio Sette antesignano dell’arbitraggio, affida la sua prima rappresentanza nel Direttorio ad Armando Bonifazi, arbitro benemerito e fedele del conte Luigi Millo, ex presidente del Comitato Regionale ed ora presidente del gruppo arbitrale capitolino.

ARPINATI PRESIDENTE DI TUTTI I COMITATI

Il Direttorio Laziale è dunque ufficialmente presieduto da Leandro Arpinati, ma in pratica a dirigerlo è ancora Alberto Arzilla, che dopo aver rimesso il mandato di presidente dal Comitato Regionale (ufficialmente sciolto il 18 agosto 1926) viene nominato segretario e cassiere, e quindi succede a se stesso. L’atto ufficiale che segna l’assunzione ad interim della presidenza ad Arpinati viene ratificato dal Comunicato Ufficiale di metà agosto in cui il presidente Arzilla e il Consiglio rassegnano l’incarico dando mandato “alla presidenza di procedere alla consegna dell’archivio e delle cause del Comitato Regionale al Direttorio”. I ranghi del Direttorio vengono sfoltiti, in considerazione di quanto stabilito dalle nuove Carte Federali. Sono soltanto tre i membri del Consiglio che si riunisce in vicolo Sciarpa 56, a Roma. Al fianco di Arzilla lavorano Carlo De Pità e Spositi, mentre Saturno Bianchi prende il posto di Bonifazi come delegato del C.I.T.A.; Guido D’Atri, invece, cura i rapporti con l’U.L.I.C.. I comunicati ufficiali vengono pubblicati su tre quotidiani: “Il Popolo di Roma”, il “Tevere” e “Il Littoriale”.

La nuova organizzazione degli uffici del Direttorio coincide anche con la nascita del primo campionato a carattere nazionale, articolato su due gironi misti Nord-Sud e un girone finale per l’assegnazione dello scudetto. Alla Divisione Nazionale sono ammesse Alba e Fortitudo, che l’anno prima si erano classificate ai primi posti del girone laziale di I Divisione. Resta delusa la Lazio, che pensava di poter aspirare ad uno dei due posti spettanti al Direttorio Laziale in virtù del suo glorioso passato calcistico. Il peso dei dirigenti laziali in seno al Direttorio, però, non è così forte da far avanzare la candidatura biancoceleste. La Lazio deve così conquistarsi sul campo il diritto alla Divisione Nazionale, vincendo uno dei quattro gironi della I Divisione, che corrisponde alla serie B.

La rifondazione del calcio laziale parte il 5 dicembre del 1926, data d’inizio della III Divisione, il principale campionato gestito dal Direttorio Laziale. A vincerlo è il Centro Sportivo Romano, che precede in classifica l’Ostiense e la Viscosa Roma e ottiene così la promozione in II Divisione. La Viscosa sarà poi radiata dai ranghi federali per inadempienze finanziarie, derivate dalle sue difficili condizioni economiche, mentre il G.S. Priori, ultimo a zero punti, cessa l’attività dopo una stagione disastrosa. La Viterbese, unica non romana, è quinta.

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Nell’ottobre del 1927, i componenti del Direttorio Laziale sono ancora tre, più i due rappresentanti del C.I.T.A. e dell’U.L.I.C. che prendono parte alle riunioni settimanali (in genere il martedì sera) per l’assunzione dei provvedimenti amministrativi, tecnici e di giustizia sportiva. Alberto Arzilla è confermato nel doppio incarico di segretario e cassiere; a coadiuvarlo ci sono ancora Carlo De Pità e Spositi. Fiduciario regionale del C.I.T.A. è sempre Saturno Bianchi, mentre Giuseppe Sabelli Fioretti è il nuovo responsabile dei rapporti con l’U.L.I.C.. Le squadre laziali affiliate alla F.I.G.C. nella stagione 1927-28 sono 34, per il 75% concentrate nell’area romana.

IL TRASTEVERE VINCE LA TERZA DIVISIONE

Il campionato di III. Divisione lo vince la Trastevere Ideale, che ottiene la promozione in II Divisione, campionato al quale verrà ammesso su ordine della Direttorio Divisioni Inferiori Sud anche il Sempre Pronti Roma; seguendo quale criterio, però, non è dato sapere, considerato che la società è soltanto quinta in classifica, preceduta anche da Salario, Di Biagio Terracina ed Esquilino. Ultima è la Serenissima Roma, che a fine stagione cambia denominazione in Gruppo Sportivo Nomentano; Salario ed Esquilino, invece, uniscono le forze dando vita all’Associazione Sportiva Laziale.

Nella seconda metà degli anni Venti, il calcio romano e laziale non riesce a dare particolare lustro al movimento del Centro-Sud, vivacchiando in posizioni di rincalzo nei campionati nazionali. Una situazione che non piace al nuovo regime fascista, che partorisce l’idea di creare un grande club romano, capace di riunire tutte le forze calcistiche cittadine e imporre la grandezza di Roma anche sul piano calcistico. Secondo la tesi del gerarca fascista Italo Foschi, otto club capitolini che prendono parte ai campionati nazionali nel 1927-28 sono troppi. Da qui l’idea di una maxi-fusione, che trova l’immediata adesione di tutte le principali società romane tranne che della Lazio, che rivendica la propria autonomia e dice no al progetto di Foschi.

DALLA FUSIONE DI 7 CLUB NASCE L'AS ROMA

La fusione interessa l’Alba (che aveva già inglobato i migliori giocatori della disciolta Juventus Audax), Roman e Fortitudo-Pro Roma, con quest’ultimo club che si era già unito con l’Audace e l’U.S.Romana. Sono sette club dell’era pioneristica romana che finiscono per formare l’A.S. Roma, novità che sul Messaggero del 23 luglio 1927 viene annunciata così: “Ieri sera si sono riuniti i presidenti delle tre società Alba, Fortitudo e Roman nelle persone dell’onorevole Ulisse Igliori, del commendator Italo Foschi e dell’avvocato Vittorio Scialoja, i quali riconoscendo la necessità di dotare Roma di una grande squadra di calcio, e di dare incremento a tutti gli sports atletici, hanno deciso di fondere gli Enti da loro presieduti e di costituire un nuovo organismo che prenderà il nome di Associazione Sportiva Roma. La nuova squadra giuocherà con la maglia dai colori di Roma. Il campo sportivo darà quello del Motovelodromo Appio, al quale saranno apportati notevoli miglioramenti. Il nuovo Ente disporrà anche di un campo di allenamento al testaccio. Il presidente effettivo sarà il commendator Italo Foschi. L’onorevole Igliori assumerà la carica di amministratore delegato. Sarà formato un Consiglio direttivo di nove membri: tre per ciascuna società. A sede sociale sarà designata quella del Roman in via Uffici del Vicariato”.

Nella stagione 1928-29 la Roma è subito ammessa, insieme alla Lazio, nella Divisione Nazionale, ma le due squadre capitoline sono divise (la prima va nel girone B, la seconda nel A) e non avranno molta fortuna. La nascita della Roma e la conseguente sparizione di altri club romani consente a Ostiense, Ardita, Viterbese e Vittoria di essere ripescate in I Divisione. A vincere il girone in cui sono inserite le squadre laziali è però vinto dal Cagliari, che precede la Ternana e la coppia romana Virtus e Ostiense; la Tivoli è sesta, mentre la Viterbese (che si chiama 115^ Legione Viterbo dopo essere stata rilevata dal comandante Carnevalini perché i vecchi dirigenti non ne volevano più sapere di calcio), l’Ardita Roma, il Sempre Pronti e il Vittoria Roma retrocedono in II Divisione. Il carattere interregionale del campionato costringe le squadre romane ad un grosso sacrificio economico e logistico.

L'ASSICURAZIONE DIVENTA OBBLIGATORIA

Le partenze per giocare la domenica le partite in Sardegna, avvengono il giovedì pomeriggio, sia per la lunghezza del viaggio sia per consentire ai giocatori di acclimatarsi sull’isola e smaltire le fatiche del viaggio stesso. A livello regionale, la stagione 1928-29 segna l’introduzione obbligatoria dell’assicurazione contro gli infortuni per tutti i giocatori tesserati e partecipanti alle gare di campionato. Con il comunicato del Direttorio Federale del 31 agosto, ripreso dal comunicato ufficiale del Direttorio Laziale del 13 settembre, vengono ridotte le tasse della metà rispetto alle società del Nord “allo scopo di favorire ancora lo sviluppo del giuoco del calcio nella nostra regione”. Il dispositivo è firmato congiuntamente da Alberto Arzilla, che per sua scelta lascia l’incarico di cassiere a Ugo Barbiani, e Carlo De Pità (delegato C.I.T.A.): i due dirigenti rivolgono insieme anche un “deferente saluto alle autorità federali, ai signori arbitri e a tutte le Società dipendenti dalla regione”.

Un mese dopo, il 23 ottobre, il Direttorio Laziale, che si riunisce ancora in vicolo Sciarra, in occasione dell’insediamento ufficiale del Consiglio (Ugo Barbiani, Guido D’Atri, Carlo De Pità e Saturno Bianchi, che però non si presenterà mai alle riunioni e il 21 maggio del 1929 lascerà il posto a Vittorio Orlandi del Gruppo Universitario Fascista) approva la relazione morale e finanziaria del segretario-reggente. “Gli intervenuti esprimono compiacimento per il senso di responsabilità economica dimostrata dalla passata amministrazione”, è la considerazione finale che dice sì’ al bilancio economico. Le decisioni assunte dal Consiglio Direttivo e i risultati vengono resi pubblici attraverso le pagine di quattro quotidiani (“Il Periodico Sportivo”, “Il Littoriale”, “Il Tevere” e il “Popolo di Roma”), considerati organi ufficiali del Direttorio, a cui poco dopo si aggiungerà anche “Il Messaggero”. Prima del via della stagione, il Direttorio obbliga le squadre che prendono parte ai campionati a versare un indennizzo alle società ospitate (14 biglietti di andata e ritorno a mezzo ferrovia o tramvia in terza classe e una percentuale dell’8% sull’incasso lordo) e a portare il bordereau degli incassi per versare il 25% degli incassi alla F.I.G.C.. Il Direttorio delibera anche che le società viaggianti possono esigere il pagamento dell’indennizzo prima dell’inizio dell’incontro (avendo la facoltà di non giocare in caso di rifiuto da parte della società che ospita), mentre la percentuale sull’incasso, ovviamente, può essere versata nel dopo partita.

ALLA FIGC SI AFFILIANO LE LEGIONI

A fronte di qualche ritiro, sono numerose le società che in questa stagione si affiliano al Direttorio Regionale. Tra queste, l’A.S. Frascati, il Dopolavoro Ferroviario, la 113^ Legione Frosinone e la 114^ Legione Tivoli, due club espressione dei vecchi club ciociaro e tiburtino, costretti a trasformarsi dal clima militaresco instaurato dall’avvento del fascismo. Per la prima volta nei quadri federali compaiono ufficialmente anche i nomi di cittadine come Nettuno, Anzio, Ladispoli, Marino, Cisterna e Velletri, che fanno il proprio ingressso nel Direttorio, anche se in alcuni casi con denominazioni diverse da quelle del nome della cittadina per via di un abbinamento con un marchio, oppure perché espressione propria di un azienda del luogo. L’ingresso delle nuove società avviene nei Comitati uliciani, per la cui costituzione bastano appena tre società. Nella stagione 1928-29 si riescono a contare 28 club affiliati al Direttorio Regionale (che diventeranno 34, di cui 25 romani, la stagione successiva), di cui sedici sono iscritti ai due gironi del campionato regionale di III Categoria, che insieme al campionato Riserve è l’unico di competenza del Direttorio. Il campionato prende il via il 18 novembre del ‘28 e si conclude il 28 aprile del ’29. Alla fase finale a quattro squadre accedono Laziale, Vivace Grottaferrata, Littorio e Frascati; le gare si giocano dal 19 maggio al 21 luglio, ma c’è bisogno di un ulteriore fase di spareggio a tre perché Vivace Grottaferrata, Frascati e Littorio finiscono a pari punti e non è ancora in vigore ne la differenza reti ne la classifica avulsa. La seconda tornata di gare è vinta dal Littorio, che viene promosso in II Divisione.

SENZA PALLONE... SI PERDE LA GARA

Un fatto decisamente curioso accadde il 5 febbraio 1929 nel girone A. La gara Laziale-Cesarea non si gioca per mancanza del pallone. Sicuramente si tratta di una dimenticanza..... o di un malinteso..... ma a quelli della Laziale, a cui tocca per regolamento provvedere a questo compito (c’è l’obbligo di mettere in campo almeno due palloni), l’assenza del pallone costa lo 0-2 a tavolino. Nonostante le raccomandazioni del Direttorio, che il 6 novembre aveva emanato una circolare a firma del segretario Alberto Arzilla, che è di avvertimento alle società, durante la stagione non mancano polemiche e incidenti. Nel girone A, l’Ostia si ritira dal campionato proprio in segno di protesta per una serie di risultati negativi imputati a direzioni arbitrali. Poco dopo anche l’Appio Roma si ritira dal girone B. A metà stagione, invece, il Direttorio Regionale divulga una circolare del C.O.N.I. con cui si dispone di non rilasciare tessere “a giovani di età inferiore ai 14 anni. Per i giovani in età dai 14 ai 17 anni la richiesta di tessera dovrà essere accompagnata da una dichiarazione dalla quale risulti l’iscrizione di questi giovani all’Opera.

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L'onorevole Arpinati conferma le cariche nel Direttorio Regionale nel mese di settembre del 1929: Alberto Arzilla è ancora il reggente del calcio laziale, cassiere è Ugo Barbiani con Vittorio Orlandi componente e Carlo De Pità rappresentante C.I.T.A., mentre Guido D’Atri è il nuovo rappresentante U.L.I.C.. Proprio i direttivi dei comitati uliciani subiscono continui cambiamenti, a volte anche due o tre volte in una stessa stagione. Le norme federali dispongono che le cariche siano rinnovate ogni stagione, ma i comitati sono tanti e il Direttorio Federale spesso si affida a dei commissari speciali per gestire la prima fase della stagione, assumendo poi con calma le decisioni sulla composizione dei direttivi.

I COMITATI ULICIANI DEL LAZIO

Il Comitato Romano dell’U.L.I.C. è il più importante del Lazio ed è affidato al cavalier Secondo Emiliozzi, con Aldo Petrignani vice commissario tecnico e Giulio Malingher, Alberto e Domenico Stilo consiglieri. Nomine anche al Comitato locale U.L.I.C. di Civitavecchia: il colonnello Dino Pancrazi diventa presidente, Torquato Ancillotti vice e Adelfi Pronzati segretario. Spetta al dottor Consalvo Martelli, invece, la presidenza del Comitato Viterbese, costituito il 23 maggio del 1929; Oscar Coluccini (che in seguito avrà un ruolo di primissimo piano nello sviluppo dell’attività del calcio viterbese) è il vice commissario tecnico e Umberto Felici il consigliere. Dopo qualche mese nascerà un altro importante comitato locale, quello dei Castelli Romani, che darà vita a degli storici campionati uliciani. La presidenza verrà affidata al cavalier Cleto Liberati, con Pierino Bertoli vice commissario tecnico e Armando De Pedis consigliere.

Con Roma e Lazio impegnate nella Divisione, il campionato di III Divisione regionale si presenta ai nastri di partenza con diciannove squadre, che il Direttorio divide su tre gironi. Nell’organico c’è anche il Rieti, che sfiora subito la promozione in II Divisione, arrivando alle spalle del rinata Fortitudo (alcuni dirigenti del vecchio club erano entrati nella società Forti facendole poi cambiare denominazione) dopo aver vinto (2-1) uno spareggio giocato a Roma contro il Frascati.

A PORTA CINTHIA NASCE IL RIETI CALCIO

Il calcio a Rieti compare alla fine degli anni Venti sui polverosi campi di porta Cinthia e di Molino della Salce, alle porte del capoluogo sabino. La la prima vera squadra cittadina emerge soltanto con l’arrivo a Rieti della Viscosa, che realizza lo storico campo in via Fassini sul quale il club sabino gioca il campionato di III Divisione, vinto dal Francesco Di Biagio Terracina, seconda nel girone C alle spalle del Bellator Frusino. Al girone finale arrivano anche Assicuratori e Leonina, prima e seconda nel girone B. Immancabilmente, com’è già successo la stagione precedente, l’andamento della stagione viene falsato dalla rinuncia di una squadra a portare a termine il calendario di partite programmato. Tocca al Montesacro alzare bandiera bianca prima del tempo nel girone A.

Il 30 settembre del 1930 Leandro Arpinati, la cui parabola ha già imboccato la fase discendente, conferma Alberto Arzilla alla segreteria del Direttorio Regionale, che trasferisce i propri uffici nella sede di Lungotevere Augusta 3, nella stessa sede della Federazione Italiana Giuoco Calcio. Il Direttorio Federale decide di allargare il numero dei componenti in consiglio, facendolo salire da tre a cinque. Così, al fianco di Arzilla vengono nominati consiglieri Ugo Barbiani, Raoul Campos, Carlo De Pità (delegato tecnico e responsabile della rappresentativa regionale) e Vincenzo Paci. Il 25 novembre entra nel Direttorio, ma soltanto in qualità di osservatore, il rappresentante del Gruppo Universitario Fascista Gallino. Negli anni successivi, a questa organizzazione calcistica sarà invece riservato un posto con pieni poteri nel Direttivo.

Escono di scena Guido D’Atri e Vittorio Orlandi, e se per quest’ultimo si tratta di un addio definitivo alle cariche federale, per il primo è un semplice avvicendamento, in quanto viene subito chiamato a ricoprire l’incarico di commissario nel Comitato locale di Civitavecchia. Proprio le nomine nei comitati locali sono un vero tourbillon di nomi e incarichi: a Saturno Bianchi è affidato il Comitato Romano, ad Armando De Pedys quello dei Castelli e ad Oscar Coluccini il Comitato Viterbese. Alberto Valentini è invece l’unico presidente confermato, all’U.L.I.C. di Roma, che annovera tra i consiglieri anche Adolfo Ramoni, dirigente che assumerà un ruolo di primo piano nell’attività federale del Lazio.

LA SECONDA ALLARGA I CONFINI

La stagione 1930-31 segna il passaggio della II Divisione, che mantiene il suo carattere interregionale, sotto la competenza del Direttorio Regionale. Ciò comporta l’inserimento delle formazioni riserve di Roma e Lazio negli organici (undici le squadre) del campionato, al quale prende parte anche la Torres Sassari e, in via sperimentale, il Pippo Massangioli Chieti. Il Pescara resta fuori dagli organici per non aver espletato le formalità d’iscrizione. Stessa sorte capita alla Juventus Roma, costretta a ripartire dalla III Divisione. E’ la Roma riserve ad aggiudicarsi la vittoria del campionato, che parte il 30 ottobre e si conclude il 3 maggio, davanti alla seconda squadra della Lazio e alla Torres Sassari, che per regolamento, essendo la prima delle squadre di categoria, ottiene il passaggio in I Divisione.

La gestione del campionato comporta delle difficoltà nei rapporti tra gli uffici federali romani e i dirigenti sardi, che in due circostanze scavalcano il Direttorio Regionale per rivolgersi direttamente a quello Federale. Motivo del contendere, la gara Ostiense-Torres del 15 febbraio, sospesa per le gravi intemperanze tra i giocatori. Il Direttorio ordina la ripetizione della gara, mentre i sardi chiedendo l’assegnazione della vittoria a tavolino si rivolgono direttamente al Direttorio Federale. La reazione di Alberto Arzilla arriva il 3 marzo del ’31 ed è inizialmente morbida, tanto che la Torres se la cava con un’ammonizione solenne “perché contrariamente ai Regolamenti e senza attendere le deliberazione che questo Direttorio avrebbe preso… rivolgeva istanza di interessamento ad Autorità Superiore”.

Dopo la ripetizione della gara, che avviene il 15 marzo e nella quale ci sono di nuovo interperanze dovute probabilmente al comportamento dei dirigenti sardi, la Torres protesta di nuovo con il Direttorio Federale, costringendo stavolta il Segretario a infliggere alla società sarda una multa di 100 lire “da versarsi entro e non oltre il 31 marzo, perché, per quanto diffidata e solennemente ammonita, continua ad interessare per le sue questioni sportive autorità e persone estranee a questo Direttorio, senza procedere con senso sportivo come stabilisce il Regolamento Federale. Non si infligge una più grave punizione in considerazione delle scuse e delle assicurazioni presentate”. Problemi con il Direttorio li ha anche il Massangioli Chieti, che in quattro gare (di cui due proprio con la Torres) non si presenta a giocare. Arzilla, regolamento alla mano, decide prima per l’esclusione dal campionato degli abruzzesi ma poi, forse anche in seguito a pressioni dall’alto, decide di riammettere la squadra alla II Divisione, imponendole però il pagamento di un indennizzo in favore della Torres di 2.000 lire.

IL LAZIO E' PRIMO, MA PROMOSSO E' IL MONOPOLI

E' a carattere interregionale anche il campionato di III Divisione, che si svolge dal 26 ottobre 1930 al 24 maggio del 1931 ed è articolato su due gironi da 8 squadre, di cui una è l’Orbetello. Ottiene la promozione in II Divisione il Monopòli, ma il campionato è vinto dalla squadra riserve della Lazio, che nella finale batte proprio il Monopòli uno a zero. Nei gironi di semifinale entrano anche la Pro Tivoli, la Roma e l’Orbetello, che il 10 maggio si ritira dal campo nella partita con il Monopòli e la settimana dopo non si presenta a giocare sul campo del Fiumicino. L’Orbetello invia al Direttorio una lettera “poco riguardosa” in cui si comunica il ritiro dalle finali. La risposta federale non si fa attendere e anche ai toscani viene comminata una multa di 2.000 lire da girare, a metà ciascuno, al Fiumicino e alla Roma, squadre che avrebbe dovuto incontrare l’Orbetello nelle ultime due giormnate di campionato. Il Direttorio stabilisce anche la “sospensione della società da ogni attività fino a regolarizzare della loro posizione finanziaria rispetto a questo Direttorio ed alle società consorelle”. Quella delle defezioni è una costante abbastanza ricorrente nei campionati dei primi anni Trenta. Per il secondo anno di fila, dalla III Divisione si ritira il Montesacro, seguito dalla Vivace Grottaferrata (stagione tribolata e ritiro nonostante l’impegno del Podestà), Trasimeno di Roma, Rieti e Frascati. Tra le defezioni illustri c’è anche quella della Viterbese che per una stagione si ferma: ripartirà dai campionati U.L.I.C..

Il 18 febbraio del 1931 il Direttorio Regionale indice un corso per aspiranti arbitro, novità assoluta per il Lazio. Al corso non può partecipare chi non ha compiuto i 18 anni e tutti quelli che presentino delle evidenti imperfezioni fisiche. Il corso prende il via il 15 aprile del 1931 alle 21 nella sede del Gruppo Arbitri Laziali “E.Sette” in via Orazio 31. Il 23 maggio si svolgono gli esami e al termine sono ammessi alla prova pratica i signori Francesco Abbisso, Fulvio Arena, Umberto Arcangeli, Casimiro Bezzi, Fernando Cecchetti, Antonio Guazzaroni, Adriano Galeazzi, Cesare Mingoli, Alfonso Petrucci, Nerio Peroni, Eraldo Rossi, Samuele Rispoli e Diego Straniero. In seguito i corsi arbitrali avranno cadenze annuali.

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Nell’estate del 1931, per la settima stagione di fila segretario del Direttorio laziale è Alberto Arzilla, che continua ad avere nel consiglio i “fedeli” De Pità, Barbiani, Paci e Campos. L’unica novità è rappresentata dall’avvicendamento dell’osservatore del Gruppo Universitario Fascista (G.U.F.), che a Gallino fa subentrare Senatore. La continuità ai vertici regionali si scontra ancora con i continui mutamenti nei comitati uliciani, chiamati a gestire tutta l’attività di base. L’unico a salvarsi dal tourbillon di cambiamenti è il solito Alberto Valentini, che dimostra tutta la sua valenza dirigenziale ottenendo la conferma alla presidenza del Comitato Locale Romano e assumendo ad interim quella del Comitato Locale Castelli Romani, in seguito alle dimissioni del commissario Manrico Zampilloni. E’ Remo Di Giovanni, invece, il nuovo presidente al comitato Civitavecchiese, mentre Umberto Felici per un breve periodo è commissario in quello Viterbese, prima di lasciare la presidenza a Fernando Ricca.

SOSPESA L'ATTIVITA' NEL BASSO LAZIO

Travagliata la stagione del Comitato Locale Basso Lazio, diretto da Carlo Magni. L’organismo periferico viene sciolto dopo una visita del Direttorio, che accerta fatti antisportivi che portano al ritiro di tre squadre, alla sospensione del campionato e alle dimissioni di alcuni membri in seguito ai contrasti che ne erano nati. Il 10 maggio del ’32 il Direttorio Regionale decide la scioglimento del Comitato e il suo commissariamento, ordinando la ripresa del campionato locale. Determinante la relazione dei rappresentanti romani in cui si spiega che “non si può fare a meno di dichiarare che per qualche divergenza sorta nella zona, se in un certo qual modo può si può avere l’impressione di trovarsi di fronte a fatti antisportivi, nella sostanza invece qualche cosa è avvenuto per la misconoscenza assoluta dei regolamenti da parte di alcune società. In considerazione di tanto lavoro fatto e dei sacrific sostenuti dalle stesse società… il Direttorio fissa al giorno 26 maggio 1932 il termine delle sospensioni inflitte al Comitato Basso Lazio, come per quelle inflitte ai giocatori da parte di questo Direttorio… Il Comitato Basso Lazio per il ritiro di alcuni membri si è trovato e si trova legalmente non a posto. Ordina il proseguio del campionato, sospeso di autorità…”

I COMITATI LOCALI CRESCONO DI NUMERO

Il 1931 è anche l’anno delle affiliazioni alla F.I.G.C. di Astrea, Tor di Quinto, Cassino, Sora (che torna dopo il terremoto del 1915), Veroli e Sezze, ovvero di società e nuovi centri che allargano a macchia d’olio la presenza federale nel Lazio. Per strutturare radicalmente sul territorio l’attività e per “propagandare il giuoco del calcio nel Lazio” il Direttorio decide di dare precise competenze territoriali ai Comitati Locali, alcuni dei quali vengono appositamente costituiti. Il territorio regionale, Roma e suburbio a parte (affidati al Comitato Locale Romano) viene così diviso in nove zone: Comitato Locale dei Castelli (da Albano a Cisterna e Cori), Comitato Locale Prenestino diretto da Armando De Pedys (da Cave e Valmontone fino ad Anagni), Comitato Locale Basso Lazio (da Fiuggi fino a Cassino), Comitato Locale Civitavecchiese (da Maccarese a Tarquinia e Tolfa) e il Comitato Locale Alto Lazio (da Bracciano fino ad Acquapendente comprendendo anche Orte e l’umbra Orvieto), Comitato Locale Sabino (da Poggio Mirteto ad Amatrice), Comitato Locale Tiburtino (da Mentana e Monterotondo fino ad Anticoli e Arsoli), il Comitato Locale Tirreno (va da Bassiano a Minturno ed è diretto da Pasquale Testa) e il Comitato Locale Flaminio (da Campagnano a Stimigliano e Ronciglione) affidato prima a Filippo Gazzoli e poi ad Antonio Ribaldi.

Il Lazio allarga la base, ma il vertice è ancora debole. Uno studio della rivista “L’arbitro” condotto nel 1931 evidenzia come il Lazio siano una regione anomala sul piano sportivo, essendo l’unica ad avere due squadre nella massima divisione e nessuna nelle due divisioni nazionali inferiori. “Testimonianza – scrive la rivista – di una difficioltà di crescita del movimento rispetto ad altre realtà calcistiche”. Tuttavia, proprio nel 1931, arriva la consacrazione del calcio giovanile nel Lazio, che passa sotto la competenza del Direttorio Regionale. Così, seguendo le indicazioni della Federazione la geografia viene ridisegnata completamente. I campionati ULIC, nati nel 1917 e inquadrati dal 1927 come Sezione Autonoma di Propaganda, hanno ormai raggiunto anche i centri più piccoli della regione e ciò comporta una loro completa riorganizzazione, con l’istituzione di una Prima e Seconda Categoria. Nell’agosto del 1931, la segreteria federale porta a conoscenza della novità attraverso una circolare in cui si spiega che “il campionato ragazzi della stagione 1931-32 avrà carattere regionale e verrà organizzato dai Direttori Regionali. Qualora speciali ragioni lo consigliassero, i Direttori Regionali potranno delegare i Comitato Locali a curare e disciplinare l’andamento di alcuni gironi eliminatori (cosa che avverrà nel Lazio in tutte le province). Al Campionato Ragazzi potranno partecipare squadre composte di giuocatori nati dopo il 31 dicembre 1914 ed appartenenti a Società Federate od Ulicane regolarmente affiliate. I giuocatori, a seconda delle Società di appartenenza, dovranno essere munite di tessera federale o uliciani…”.

I primi vincitori dei campionati di Prima e Seconda Categoria giovanili sono l’Albano (che nella finale a cinque prevale su Trastevere, Amatori Esperia Civitavecchia, Bellator Frusino e Palestrina) e l’Italia Nuova di Roma, che vince senza disputare la finale regionale in quanto il GUF Velletri non si presenta. Si conclude, dunque, la lunga stagione del calcio uliciano, passa sotto il pieno controllo della Federazione.

LA SECONDA TORNA CAMPIONATO REGIONALE

Nella stagione 1931-32 la massima espressione del calcio regionale è ancora il campionato di II Divisione, disputato dopo alcuni anni senza la partecipazione di squadre di altre regioni. Ciò nonostante, le defezioni non mancano, a cominciare da quella del Rieti che alza le mani alla prima giornata di ritorno. Ai fini regolamentari le gare del girone d’andata sarebbero da considerare valide, ma il Direttorio decide ugualmente di invalidarle. Prima dell’avvio del campionato, viene autorizzata la fusione a quattro tra Ambrosia, Ardita, Artiglio e Leonina, che danno vita alla Tiburtina Ardita. Il campionato viene vinto ancora dalla seconda squadra della Lazio, ma alle finali per la promozione va la Civitavecchiese, seconda classificata ma prima delle squadre di categoria. Il ritiro dell’Orvietana dalla finale a quattro per l’assegnazione di tre posti in I Divisione, eviterà ai civitavecchiesi di giocare, ottenendo comunque la promozione.

Anche in III Divisione (due gironi da nove) sono le squadre riserve di Lazio e Roma a dettare legge. La terza squadra dei giallorossi vince il girone A davanti ai biancocelesti, mentre la SGS Fortitudo, che dà vita a infuocati match con la Roma con cui c’è attrito a causa della fusione del 1927, vince il girone B davanti al Sora: entrambe verranno promosse in II Divisione. Vanno alle finali anche Anzio e Concordia, mentre dopo dieci giornate si ritira il Tuscania (stessa cosa farà il Tuscolano Frascati) e così il vessillo del calcio della Tuscia, che aveva già dovuto far fronte alla defezione dell’anno prima della Viterbese, passa nella mani della Pro Viterbo e del Civita Castellana.

A fine stagione viene organizzata una amichevole tra le rappresentative del Lazio e della Lombardia; il consigliere Raoul Campos mette in palio una coppa, che sarà assegnata al Direttorio Lazio per aver segnato, nei due incontri giocati il 19 giugno a Roma e una settimana dopo al Nord, il maggior numero di porte, ovvero di gol. Della squadra laziale fanno parte giocatori di Roma e Lazio che rispondono ai nomi di Sclavi, i fratelli Fantoni, Bernardini, Masetti, Volk, Ferrarsi IV.

NEL DIRETTORIO AUMENTANO I CONSIGLIERI

Il Direttorio laziale aumenta di un’unità l’organico del proprio direttivo nella stagione 1932-33, che segna la fine dell’era Alberto Arzilla e coincide con lo spostamento degli uffici da Lungotevere Augusta nei nuovi locali al secondo piano del numero 28 di Corso Umberto I, sede inaugurata il 4 luglio del 1933. Ai nomi di Arzilla, Barbiani, Campos, De Pità e Paci membri confermati del consiglio e a quello di Senatore in qualità di rappresentante del G.U.F. si aggiunge la figura di Ettore Marucci, rappresentante dei Fasci Giovanili di Combattimento (F.G.C.). Tra le decisioni assunte ad inizio stagione, oltre al versamento dell’indennizzo di viaggio in terza classe per 14 persone, c’è quella che obbliga le società a provvedere, a proprie spese, al trasporto dell’arbitro dopo la partita. Novità anche in tema di reclami, che devono essere annunciati all’arbitro non oltre mezz’ora dopo la fine della gara. La motivazione in triplice copia dovrà essere spedita al Direttorio non oltre il secondo giorno dall’effettuazione della partita.

I Comitati Locali, che non hanno una sede propria e quindi per riunioni, indirizzi postali e altro fanno riferimento alle case dei presidenti o agli studi professionali di qualche dirigente o dei segretari, subiscono l’ennesima rivoluzione. Alberto Arzilla sente il dovere, attraverso il comunicato ufficiale, di scrivere due righe ai dirigenti uscenti, usando parole di ringraziamento e parlando di onere e onore: “Questo Direttorio prima di pubblicare i nuovi nominativi dei Comitati Locali dipendenti, ratificati dal Presidente della Federazione, sente il dovere di comunicare il plauso espresso dal Segretario Generale della FIGC, nell’ultima riunione dei Presidenti dei Direttori Regionali, ed il proprio compiacimento per l’opera coscienziosa, disinteressata, svolta a favore della propaganda calcistica nazionale. Si augura che i nuovi Dirigenti, seguendo l’esempio dei vecchi, continuino l’opera così efficacemente iniziata, perché si possa provare come è sensibile in tutti noi l’onere e l’onore di contribuire modestamente in qualche modo alle future fortune della Patria nostra”.

Nella girandola di nomine, ad Adolfo Ramoni viene affidata la direzione del Comitato Locale Castelli Romani, ma il suo incarico durerà poco perché ad aprile verrà chiamato a far parte del Direttorio Regionale. Ugo Barbiani, che in un primo tempo era stato indicato per prendere il suo posto, non può però accettare l’incarico; presidente viene quindi nominato Carlo De Pità. Per l’Alto Lazio la nomina investe Angelo Sansoni, personaggio molto conosciuto, ex calciatore di successo insieme ai fratelli Gioacchino e Alberto; per il Flaminio la presidenza è affidata al professor Virgilio Carotti, mentre il tenente Carlo Magni torna a capo del comitato del Basso Lazio. Confermati Di Giovanni a Civitavecchia, De Pedys al Prenestino e Valentini al Comitato Romano.

IL SORA APPRODA IN I DIVISIONE

Il campionato di II Divisione della stagione 1932-33 è vinto in volata dal Sora sulla Fortitudo: entrambe le squadre accedono alle finali per la promozione in I Divisione; i ciociari ottengono il salto di categoria giocando contro Cerignola e Chieti, mentre i romani passano per “mancanza di avversari”: Jesi, Magione e Rosignano Solvay si ritirano in blocco, lasciando così via libera alla Fortitudo senza che questa debba giocare nemmeno un minuto. La III Divisione, articolata su tre gironi da otto squadre, è vinta dalla Roma III (girone A), dal Savoia Sportivo (B) e dalla Pontecorvese (C). La Roma vince anche le finali, battendo 1-0 nello spareggio la Bellator Frusino, dopo che le due squadre avevano chiuso la classifica entrambe al primo posto con 17 punti. In IV Divisione, campionato vinto dall’Albano, si rivede la Viterbese, mentre viene organizzato un campionato Ragazzi riservato ai calciatori nati nel 1916 e anni seguenti. Lo vince l’A.S. Roma davanti l’Alba e la seconda squadra della Roma. Alle società vincitrici e alle società promosse, il Direttorio assegna medaglie d’argento, di bronzo e vermeille. Viene anche premiata la società che ha raccolto il minor numero di punizioni, intese come squalifiche: è la nascita del premio disciplina. Nel Lazio, sotto l’ala del Direttorio, si disputano anche due campionati scolastici: il campionato di facoltà dell’Università (vinto dal Commercio) e il campionato romano delle scuole medie, la cui coppa va all’Istituto Commerciale. In Prima Categoria U.L.I.C. vince il Frascati, in Seconda Categoria la STER di Roma.

La stagione è però tutt’altro che tranquilla, caratterizzata com’è dalle solite vicende arbitrali, che sfociano in una violenta polemica prima della conclusione dell’anno solare, in coincidenza con le feste natalizie. Il contenzioso si crea con il rifiuto di alcuni arbitri a dirigene gare nei campionati uliciani. Una posizione che non può essere assolutamente accettata dal Direttorio che il 20 dicembre 1932, per mano del suo responsabile Arzilla, si vede costretto a inviare una lettera alla classe arbitrale per richiamarli all’ordine e ricomporre la frattura. “Con rincrescimento, questo Direttorio è venuto a conoscenza che degli Arbitri, senza gravi motivi d’impedimento, hanno declinato, qualche volta, l’incarico di arbitrare competizioni tra squadre dipendenti dall’ULIC; il che non è certamente encomiabile, specialmente se si tiene conto del grave imbarazzo creato ai Dirigenti, di fronte al numero ridottissimo di Arbitri a disposizione. Se questo stato di cose dovesse ancora verificarsi, questo Direttorio si sentirebbe nella necessità di dover ricordare, ai signori Arbitri, la grande fiducia che in Loro ripongono le Gerarchie della FIGC, ed il dovere tassativo, da parte Loro, di collaborare, nel miglior modo possibile, anche con gli organi dipendenti, per lo sviluppo delle Sport Calcistico, specialmente nelle squadre dei liberi, che sono il vivaio delle poderose squadre delle Divisioni Superiori.

S’intende che chi non si sente disposto a mantenere gli oneri derivanti dalle funzioni arbitrali, che sono poi onori ambitissimi, per chi ha piena visione del nostro avvenire sportivo (oggi che lo Sport pulsa in tutte le manifestazioni della vita nazionale, per voler dello stesso Governo) tacitamente rinuncia di continuare a far parte della Famiglia Federale; e questo Direttorio, a malincuore, si vedrebbe costretto a tenere nel dovuto conto questo occulto desiderio di rinunzia.

Tali rilievi non si vogliono riferire alla S.V., ma si trascrivono perché Ella possa fare operare di persuasione presso quei Colleghi, che malauguratamente avessero intenzione di non disimpegnare, con piena lealtà, la loro opera, da qualsiasi organizzazione dipendente venga richiesta.Sicuro di continuare a riporre nella S.V. tutta la fiducia, di cui non ha mai dubitato, invia, con gli auguri per le prossime feste, cordiali saluti fascisti”.

A malincuore i direttori di gara tornano sui propri passi e vanno a dirigere anche le gare uliciane. Ma le polemiche non finiscono. A tenerle vive, oltre alle solite contestazioni arbitrali, anche i continui ricorsi e le decisioni assunte dal Direttorio in materia di giustizia sportiva. Una lavoro enorme e faticoso, che il 10 gennaio del 1933 spinge Arzilla a firmare il seguente comunicato: “Questo Direttorio dolorosamente impressionato del contegno antisportivo tenuto da qualche facinoroso e da qualche giocatore durante lo svolgersi delle gare di campionato, mentre ancora una volta ricorda che non così si prova la vera affezione alle Società, e l’attaccamento ai propri colori, ammonisce tutti della sua giusta severità nell’applicare sempre le regolamentari sanzioni punitive, in ossequio alle precise direttive federali, che desiderano l’azione di propaganda calcistica, più che per la quantità delle Società federate, per la qualità delle medesime”.

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La gestione di Alberto Arzilla si conclude in contemporanea con il terremoto politico che investe il presidente federale, Leandro Aprinati, inviato al confino nel maggio del 1933 e sostituito a capo della F.I.G.C. dal generale della Milizia Giorgio Vaccaro. Un paio di mesi dopo arriva anche l’addio dal Direttorio Regionale di quello che è stato un fedelissimo del deposto presidente federale per otto lunghe stagioni. Alberto Arzilla chiude il proprio mandato salutando le società con un messaggio in perfetto stampo fascista: “In occasione del cambio della guardia, questo Direttorio, prima di rassegnare il proprio onorifico mandato, sente il dovere di ringraziare le superiori Gerarchie che gli dettero il modo di collaborare per l’incremento sportivo della gioventù fascista; a tutti coloro poi che in perfetta unione di spirito assolsero pure al graditissimo compito (arbitri, membri uliciani, dirigenti e società). A NOI !”.

IL COMITATO DEL LAZIO DIVENTA DIRETTORIO IX ZONA

Il Direttorio Regionale assume la nuova denominazione di “Direttorio della XI Zona”, dovendosi occupare anche di squadre umbre, abruzzesi e sarde, che non hanno ancora un proprio comitato e sono quindi gestite dal Lazio. Nuovo presidente diventa Federico Tedeschi, che il 14 settembre del 1933 invia il proprio saluto alle società: “Assumendo la Presidenza del Direttorio della XI zona rivolgo un deferente ossequio alle superiori Gerarchie ringraziandole per la fiducia accordatami ed invio a tutti i miei collaboratori, arbitri, società e calciatori della Zona il mio augurale saluto”. Nessun accenno al suo predecessore Arzilla, con cui aveva lavorato per lungo tempo. Nel nuovo direttivo, nominato direttamente dalla Presidenza federale il 9 ottobre, figurano volti vecchi e nuovi. Ugo Barbiani viene confermato nell’incarico di cassiere; Adolfo Ramoni entra nel consiglio per la prima volta e diventa segretario, mentre Saturno Bianchi, poche settimane dopo la sua nomina per motivi di salute lascerà il posto a Giuseppe Fois, fiduciario C.I.T.A.; anche Lorenzo Di Cagno dopo una sola stagione lascerà per motivi professionali a Guido D’Atri, che entrerà nel consiglio come delegato della Sezione Propaganda. Ettore Marucci è invece confermato come rappresentante dei Fasci giovanili e di combattimento. Dopo anni di divulgazione dei provvedimenti disciplinari attraverso la stampa, il Direttorio per la prima volta decide che i comunicati siano inviati per posta alle società.

Cambiamenti anche nei Comitati locali: Gioacchino Sansoni è nominato commissario straordinario a Viterbo, mentre il fratello Angelo diventa commissionario straordinario del Comitato Locale Flaminio, che ha sede a Civita Castellana. Anche in questa stagione il Comitato Basso Lazio ha problemi ed è nuovamente sciolto. La questione arriva direttamente sul tavolo del presidente federale Vaccaro, che assume i provvedimenti del caso comunicandoli a Tedeschi in una lettera: “Si accettano le dimissioni presentate dal geometra Francesco Maffizioli, dal Dr. Emilio Frongia, Guido Sordi, Aurelio Ciaffi, Si respingono quelle presentate dal Sig. Pier Giulio Tinelli, destiduendolo dalla carica, con l’inibizione di ricoprire cariche federali e sociali per un anno”. Al presidente Francesco Maffizioli il presidente federale fa subentrare il commissario straordinario Alessandro Malignher.

RIETI E GAETA ESCLUSE DAL CAMPIONATO

Al campionato di II Divisione del 1933-34 prendono parte otto squadre; vince la Roma, ma è il Bellator Frusino ad essere promosso, pur avendo perso la finale con il Campobasso. La S.S. Di Biagio Terracina riesce invece a vincere la III Divisione ed ottiene così il passaggio di categoria a conclusione di un campionato aperto a ventuno squadre, divise su tre gironi. Anche in questa stagione il Rieti viene escluso dal campionato per una serie di rinunce a giocare; stessa sorte tocca al Gaeta, mentre Anzio e Salario se la cavano con dei punti di penalizzazione.

Le finali dei Comitati Locali si giocano nel mese di settembre del 1934, cioè quando la stagione 1934-35 è già avviata. A vincerle sono la Roma e il Cisterna. Per la prima volta, in questa stagione è applicata la direttiva federale (comunicata il 3 dicembre 1933 alle società laziali) che impone la presenza di un medico in tutte le società. “E’ desiderio di S.E. Starace che sia dato largo appoggio all’attività del medico sportivo in seno alla società dipendente da codesta Federazione. L’opera del medico opportunamente integrata a quella degli Istitutori e degli allenatori deve riuscire di vantaggio alla preparazione della nostra gioventù al miglior rendimento dei nostri atleti, al perfezionamento dei nostri campioni. Più ancora: il parere del sanitario deve essere ascoltato, in seno al Consiglio Direttivo della società in considerazione delle molteplici cause che possono accrescere la responsabilità dei dirigenti nella preparazione della gioventù sportiva fascista. Occorre pertanto che le società che non hanno ancora provveduto a chiedere l’opera del Sanitario, lo facciano senza indugio. Per eventuali chiarimenti le società possono rivolgersi alla Presidenza dei Medici Sportivi alla quale indicheranno il Sanitario cui già ricorrono o al quale intendono ricorrere per la sorveglianza dei loro atleti, sorveglianza che può essere retribuita od anche gratuita a secondo delle possibilità finanziarie delle singole società. Perché la nostra gioventù divenga sempre più forte e sana occorre che lo sport sia ricercato come l’unico mezzo per raggiungere tal fine, anche ricorrendo al sussidio della scienza medico‑sportiva.”

Con la conclusione della stagione 1933-34, cessano di esistere i Comitati U.L.I.C., che vengono trasformati in Comitati della “Sezione Propaganda”, con il compito di continuare ad organizzare campionati a carattere giovanile locale, anche se in alcuni casi si tratta di semplici tornei con un numero di squadre limitate. La nuova attività giovanile della “Sezione Propaganda” della stagione 1934-35 prevede comunque un campionato Ragazzi, per giovani calciatori nati dopo il 31 luglio 1917, e un campionato Pulcini (nati dopo il 31 luglio 1919) con due categorie, curiosamente determinate dai limiti di altezza e di peso dei partecipanti all’atto del tesseramento: nella categoria A i bambini non devono essere alti più di 160 cm e pesare più di 60 chili, mentre nella categoria B i limiti sono portati a 150 cm e a 45 kg. Le gare sono di due tempi da 30 minuti ciascuno per la categoria A e di 40 minuti (20+20) per la B.

FEDERICO TEDESCHI DIRIGE IL DIRETTORIO

Il primo atto della stagione calcistica 1934-35 del Direttorio XI Zona, affidato a Federico Tedeschi, è la sostituzione del dimissionario Lorenzo Di Cagno, avvicendato da Guido D’Atri, già commissario del Comitato Romano. Più tardi, anche il cassiere Ugo Barbiani lascerà il Direttorio per motivi di lavoro (deve recarsi all’estero) e il suo posto sarà preso, il 22 gennaio del ’35, da Sebastiano Bartoli Avveduti. Come responsabile della segreteria c’ è la conferma di Adolfo Ramoni, mentre il fiduciario C.I.T.A. è Giuseppe Fois. Il 25 settembre del ’34 viene costituito il nuovo Comitato di Littoria, che ingloba i comuni che prima appartenevano al Comitato Tirreno. A dirigerlo, inizialmente è il commissario Giorgio Pandozy, poi viene nominato presidente Vittorio Stagni. Al Comitato Tirreno, che poi scomparirà, passano in gestione anche le squadre dei Comuni di Sezze, Cisterna e Cori, che cessano di appartenere al Direttorio Castelli Romani.

Le finali dei comitati locali della stagione 1933-34 giocate a settembre, fanno slittare l’iscrizione ai campionati a metà ottobre. Slittano anche le premiazioni delle società vincitrici i campionati federali e uliciani, della Coppa Lazio, della Coppa L.Ferrario e Coppa Ostiense Pulcini, che vengono effettuate il 28 ottobre allo stadio Flaminio di Roma in occasione di una partita della Nazionale Italiana. I comunicati ufficiali sono inviati alle società, ma il Direttorio decide di pubblicarli di nuovo settimanalmente su “Il Littoriale”, che diventa l’unico organo ufficiale del Direttorio. Il campionato di II Divisione della stagione 1934-35 è vinto dalla Lazio B, che precede la Roma B e l’Ostiense. Quest’ultima, in qualità di prima squadra di categoria, ottiene la promozione. Quarta è la Di Biagio Terracina, terz’ultimo Viterbo, penalizzato di un punto per rinuncia. In III Divisione il girone finale è vinto dalla Tevere Roma, che precede la terza squadra della Roma, il Mater e il Nettuno.

LA SEDE IN VIA COLONNA ANTONINA

Nel luglio del 1935 il Direttorio XI Zona, ancora diretto da Federico Tedeschi, si trasferisce in via della Colonna Antonina 41, prima storica sede del calcio laziale. E’ la stagione di una nuova riforma del calcio italiano perché la A e la B vengono articolate su un girone unico a 16 squadre; nasce la serie C (4 gironi da 16 squadre) con la I Divisione che viene declassata a campionato regionale, seguita nell’ordine da II e III Divisione, che diventa campionato giovanile. Per la prima volta è vietata la partecipazione a campionati maggiori o a tornei ai giocatori di età inferiore ai 14 anni, il cui impiego può avvenire soltanto nei campionati di categoria. Viene anche definito il nuovo ruolo di assistente all’arbitro che “deve tenersi a contatto con il medesimo presentandosi prima, nell’intervallo e dopo la gara. Il nome del dirigente designato dovrà essere apposto nello spogliatoio dell’arbitro”.

Il campionato di I Divisione, a cui prendono parte anche le squadre umbre (Borzacchini Terni e Perugia) e abruzzesi (Sulmona) se lo aggiudica la Roma B, davanti alla Lazio B. Terza è la Mater Roma, ed è lei ad ottenere la prima promozione nel nuovo campionato di serie C. Sale in I Divisione la Fortitudo, seconda nel girone finale della II Divisione, campionato vinto dalla Roma; alla fase finale accedono anche l’Isola Liri (che a causa degli incidenti scoppiati dopo l’1-0 ottenuto dalla Roma, viene obbligato dal Direttorio a recintare il proprio terreno di gioco) e il Sora, ma le due squadre ciociare non hanno fortuna.

Nel 1936-37 il Direttorio Laziale continua a lavorare con la squadra formata da Tedeschi, Ramoni (segretario), Fois, Marucci, Bartoli Avveduti, Dominici e D’Atri, ma s’inizia a registrare qualche defezione a causa dei primi venti di una nuova guerra. Guido D’Atri risulta spesso assente dalle riunioni del direttivo perché parte volontario AOI. Le sue assenze sono annotate sui comunicati, ma né il presidente Tedeschi e né gli altri consiglieri richiedono la sostituzione, come pure potrebbero. Cambia volto il Comitato Locale Romano, sicuramente il più importante, affidato al consigliere Pierino Bartoli, che si avvale della collaborazione di Giulio Saraceno (altro dirigente che poi scalerà posizioni all’interno della struttura federale regionale), Emilio Tolotti, Francesco Lariotti e Remo Centofani. In un secondo tempo, nel consiglio provinciale entrerà anche Adriano Massaccesi.

LE ISCRIZIONI AI CAMPIONATI RESTANO LIBERE

L'iscrizione ai campionati delle tre divisioni, come per la stagione precedente, è libera, anche se in caso di un numero di squadre maggiori al consentito spetta al Direttorio effettuare le scelte, con valutazioni di merito che non hanno criteri prestabiliti. Iscriversi al campionato di I Divisione costa 400 lire, mentre per partecipare a quello di II Divisione occorre la metà dei soldi, ovvero 200 lire, e già questo di per se è motivo di selezione. Il Direttorio riconosce ancora i viaggi disagiati e così per andare a Civitavecchia viene indennizzato il costo di 14 biglietti del mezzo di trasporto (il treno) con la riduzione del 70%. Il campionato di I Divisione è vinto dall’U.S. Ostiense, promossa in serie C. La II Divisione va invece all’US Civitavecchiese II, davanti all’Italia Nova, prima classificata tra le squadre di categoria dopo aver vinto uno spareggio con il Governatorato di Roma. La III Divisione è un campionato giovanile, riservato alle categorie Allievi (obbligatoria la partecipazione per le società di Divisione Nazionale e di I Divisione) e Ragazzi. L’Ostiens, vince tra gli Allievi, mentre la Lazio B fa suo il campionato Ragazzi. Sui comunicati ufficiali di fine stagione compare la convocazione di una Rappresentativa di I Divisione, affidata a Luigi Fazi.

Affiliarsi alla F.I.G.C. e non partecipare ai campionati diventa quasi una consuetudine nella seconda metà degli anni Trenta. L’intento delle società è quello di vincolare i giocatori e prendere parte esclusivamente ai tornei, che garantiscono meno impegno e spese meno onerose. Il Direttorio XI Zona, però, non gradisce questo comportamento e così, sul Comunicato numero 1 pubblicato ad inizio della stagione 1937-38, specifica che “le società federali e della Sezione Propaganda, per essere considerate attive, devono partecipare ai rispettivi campionati. Non sarà autorizzata la partecipazione a tornei, anche se misti (Figc – S.P.) se le società non partecipano o non hanno partecipato ai campionati”. Una clausola che vale anche per i tornei estivi, e che in breve garantisce un aumento del numero delle squadre partecipanti ai campionati, soprattutto quelli della Sezione Propaganda. L’incremento dell’attività e del numero delle squadre, spinge il Direttorio (composto dal presidente Tedeschi, dal segretario Ramoni e dai consiglieri Saraceno, che prende il posto di Giuseppe Fois, Ettore Marucci, Giuseppe Bartoli e Romolo Dominici, che lascerà l’8 marzo del ’38 ad Eugenio Tinelli, e dal fiduciario C.I.T.A. Guido D’Atri) a istituire per la prima volta la Coppa XI Zona, l’attuale Coppa Italia regionale. Il primo torneo lo vince La Disperata di Roma, che in classifica precede per differenza reti (non c’è ancora la formula dell’eliminazione diretta) il Segrè di Tivoli, che diventerà Cartiere Tiburtine, la Stefer di Roma e la Civitavecchiese. Nel corso della stagione, Adolfo Ramoni viene nominato commissario straordinario del Direttorio Romano e Romolo Dominici presidente del Direttorio Castelli Romani.

LA VITTORIA DEL MONDIALE PORTA IL CONDONO

A fine stagione, in coincidenza con la seconda vittoria nella Coppa del Mondo dell’Italia e con l’inizio del quarto decennale dell’attività federale, la presidenza della F.I.G.C. concede un condono di due anni delle punizioni disciplinari a tempo. Sempre a fine stagione, e precisamente l’8 agosto del 1938, il fascismo impone al Direttorio e alle società federali il rispetto di alcune regole piuttosto singolari, come quella che decide che “per disposizione superiore si avverte che, lettere e telegrammi non redatti in stile fascista devono essere cestinati senza eccezione alcuna. Pertanto le lettere debbono essere redatte in termini più brevi possibili, col VOI o col TU, escludendo il Lei, i saluti, ed egr., ill.mo, ecc.. Dopo l’arrivo di Eugenio Tinelli al posto di Romolo Dominici, nel luglio del 1938 c’è un altro cambio nel Direttorio XI Zona. Accanto al presidente Tedeschi continuano ad esserci Guido Saraceno, che torna a fare il segretario (Romani diventa invece delegato della Sezione Propaganda), Guido D’Atri, fiduciario degli arbitri, e Marucci, ma a Sebastiano Avvenuti Batoli, il 21 ottobre del ’38 si sostituisce Francesco Alberti.

Sul piano sportivo, nella stagione 1938-39 è ancora fissata a 400 lire la quota d’iscrizione alla I Divisione (200 per la II Divisione) campionato che registra un caso Fortitudo Nova, società ammessa al campionato dopo aver presentato reclamo contro la sua esclusione a causa della ritardata presentazione della domanda di iscrizione della società che qualche tempo prima era stata protagonista di una querelle con la SGS Fortitudo sulla paternità del nome. Il campionato è vinto dalla Roma II, sulla Mater II e l’Alba, terza classificata ma prima delle società di I Divisione e quindi promossa in serie C. La II edizione della Coppa XI Zona, divisa in un tabellone per gli adulti ed uno per i Ragazzi, viene vinta dalla Lazio, che chiude all’insegna dei colori olimpici gli anni Trenta. L’Alba Roma è la vincitrice tra i Ragazzi. A metà dicembre, lo sport italiano riceve una disposizione embleatica del periodo che l’Italia si avviava a vivere. Le società, per disposizione del C.O.N.I., sono costrette ad aggiungere una postilla di stampo razziale nei propri statuti sociali: “Condizione indispensabile per poter essere soci delle società è l’appartenenza alla razza ariana”.

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Con lo scoppio del nuovo conflitto bellico, numerose società regionali e nazionali sono chiamate ad affrontare moltissimi problemi di natura organizzativa, ma soprattutto di stampo economico, che trasformano subito la C in un campionato a carattere regionale, con una serie infinita di gironi. Anche l’attività del Direttorio Regionale è condizionata dalla Seconda Guerra Mondiale. A dirigere gli uffici c’è ancora Federico Tedeschi, che a fine stagione dovrà lasciare temporaneamente l’incarico in seguito alla chiamata alle armi. Lo seguiranno in brevissimo tempo anche i due consiglieri Guido D’Atri e Eugenio Tinelli: le assenze dal Direttorio saranno lunghe, ma nessuno penserà a sostituirlo per diverso tempo.

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DIRIGENTI E CALCIATORI VANNO IN GUERRA

Il tributo della F.I.G.C. regionale alla Guerra viene subito pagato da Massimo Salvatori, arbitro vittima di guerra e per il quale, nel Natale del ’40, il Direttorio decide di osservare un minuto di silenzio in segno di commemorazione sportiva. Gli uffici del Direttorio Laziale restano aperti soltanto nei pomeriggi dei giorni feriali, dalle 16 alle 20, ed è la figura del segretario Giulio Saraceno a diventare centrale. Sarà proprio il vice di Tedeschi a supplire, insieme ad Adolfo Ramoni, responsabile dell’attività uliciana, e Armando Bonifazi, fiduciario CITA e presidente del Direttorio Romano, alle assenze del numero uno del Direttorio.

Sono due i campionati organizzati agli albori della Seconda Guerra Mondiale: I e II Divisione, che però si presenta al via con sole cinque squadre. Si gioca anche la “Coppa XI Zona” riservata agli adulti e ai ragazzi secondo due distinti tabelloni di gare. La coppa è di proprietà del Direttorio che, sul modello di quanto accade per la Coppa del Mondo, dà in custodia il trofeo alla squadra vincitrice, che deve riconsegnarla all’inizio della competizione seguente. La custodia non può comunque superare la durata di sei mesi, così come stabilisce il comunicato numero 1, che spiega che “sulla coppa verranno incise le denominazioni delle società vincenti nei vari anni. La Coppa verrà assegnata definitivamente all’associazione che la vincerà per tre volte”. Venti le squadre che chiedono di partecipare alla manifestazione, e tra queste ci sono Lazio, Civitavecchiese, Trastevere, Frascati, Cynthia, Gil Sabaudia e il Gruppo Sportivo Ottico Meccanico Italiano, che più tardi diventerà semplicemente Omi. La Coppa la vince l’Ala Littoria, mentre Tivoli ha due anime calcistiche, con l’Ac Tivoli e la Pro Tivoli.

CAMPIONATI IN AFFANNO PER IL CONFLITTO BELLICO

Il conflitto bellico pesa tantissimo sull’attività calcistica del Lazio, che non è in grado di fissare le modalità di svolgimento dei campionati. Sulle difficoltà organizzative continuano a pesare le assenze del presidente Federico Tedeschi e del consigliere Guido D’Atri, ancora sotto le armi. Spetta quindi al segretario Giulio Saraceno accogliere le richieste di alcune società, che chiedono di organizzare i campionati di Prima e Seconda Categoria Ragazzi, e ratificare i cambiamenti imposti dalla F.I.G.C., che affida la presidenza del Direttorio dell’Alto Lazio a Vincenzo Frittelli, in sostituzione del dimissionario “fascista” Aldo Carbonetti. I membri effettivi del Direttorio Regionale sono Adolfo Ramoni, Eugenio Tinelli e Armando Bonifazi. Esce invece di scena Ettore Marucci.

I cambiamenti nei Comitati Locali del Direttorio XI Zona non si fermano neppure durante il conflitto bellico. Anzi, proprio i continui richiami alle armi dei dirigenti, spingono a frequenti avvicendamenti. Il fascista Francesco Alberti viene sostituito come componente del Direttorio provinciale Romano con il consigliere del Direttorio Armando Bonifazi, mentre nel Comitato locale Tiburtino Renzo Pacifici prende il posto, sempre come componente, di Alfredo D’Alessi; nel Basso Lazio (Frosinone) in sostituzione di Italo Utimpergher, trasferitosi in un’altra città, viene nominato presidente il ragionier Renato Sotis. Mutamenti anche nell’Alto Lazio (Viterbo): Evandro Pascoli e Primo Portincasa sono nominati componenti, mentre al posto di Vincenzo Frittelli, richiamato alle armi, diventa reggente Evandro Pascolini.

PER ISCRIVERSI SERVONO 400 LIRE

Far partire i campionati presenta dunque notevoli difficoltà. Tanto che sul comunicato numero 1 della stagione 1940-41, il Direttorio si limita ad informare che è “intendimento di questo Direttorio di iniziare al più presto l’attività sportiva”, senza specificare modalità e tempi. Dopo qualche settimana d’attesa, il Direttorio Regionale decide di cancellare la II Divisione per mancanza di numero sufficiente di squadre. Le squadre che avevano presentato domanda di iscrizione vengono “promosse” in I Divisione, campionato che ha carattere regionale. Per partecipare ci vogliono 400 lire (20 invece per la Coppa XI Zona), soldi servono a coprire parte delle spese di viaggio, che sono a carico del Direttorio. Alle società viene rimborsato il costo del biglietto ferroviario in terza classe, con riduzione del 70%, per 14 persone, non essendo ancora previste le sostituzioni di calciatori in campo. Nelle località in cui non arriva il treno, il rimborso è calcolato, sempre in misura ridotta del 70%, in base al chilometraggio stradale percorso in via ordinaria.

La guerra rende difficile agli arbitri raggiungere i luoghi dove si giocano le partite. L’8 aprile, cioè a stagione in corso, il Direttorio dispone che, qualora l’arbitro non possa arrivare al campo di gioco in tempo utile, la partita può essere diretta da un arbitro presente sul posto, purché non appartenga ad una delle società in gara e sia inquadrato nel C.I.T.A., che nella stagione si impegna ad organizzare, con discreto successo, corsi per aspiranti arbitri a Roma, Frascati e Tivoli.

Al campionato di I Divisione della stagione 1940-41 vengono ammesse per la prima volta il Latina Roma e i Vigili del Fuoco, ma alle 15 squadre inizialmente previste per il girone unico, vengono aggiunte Civitavecchiese, Gil Albano, Gs Frascati, SS Cynthia e SS Viterbo, ossia le squadre che avevano dato l’adesione alla II Divisione. Il campionato passa a 20 squadre e vengono formati due gironi. Tuscania e Gaeta, per cause di forza maggiore (le difficoltà ad affrontare le trasferte e i numerosi giocatori partiti per il servizio militare) sono costrette a ritirarsi dal campionato nel girone di ritorno. Il Direttorio considera la particolarità del momento e decide di non adottare sanzioni nei confronti dei due club.

SERVIZIO NAVETTA ORGANIZZATO DAL DIRETTORIO

Fintanto che partecipa al campionato, il Direttorio organizza un servizio navetta in auto da Viterbo (dove arriva il treno) con una convenzione con l’”Autorimessa Ditta Petrini” per raggiungere Tuscania. Altri disagi al campionato li provoca il tesseramento dei calciatori-militari. Il 21 gennaio il segretario Saraceno, in assenza del presidente Tedeschi, detta alcune disposizioni in proposito: “Si è più volte verificato il caso – scrive il dirigente nel Comunicato n.21 – che il giocatore militare invii per proprio conto la domanda di trasferimento; successivamente la società invia il cartellino, riservandosi di trasmettere in un secondo tempo il documento dell’autorità militare. Avviene così doppia perdita di tempo: prima per l’attesa dei documenti, poi per la raccolta degli stessi, ai quali, per essere stati inviati in epoche diverse hanno seguito vie diverse nelle pratiche di archivio”.

Saraceno, ovviamente con il sostengo dei due membri del consiglio presenti alla riunione (Tinelli e Bonifazi) decide di vietare l’invio dei documenti per il tesseramento dei militari in epoche diverse. “Il calciatore potrà disputare gare di campionato solo quando le società saranno in possesso della tessera di abilitazione al giuoco. Viene quindi a cessare la facoltà di farli giuocare con dichiarazioni di responsabilità”. Le difficoltà delle guerra impongono anche l’assunzione di provvedimenti particolari come quello preso dal CONI che dispone che “in caso di allarme durante lo svolgimento di competizioni sportive, le competizioni stesse dovranno essere sospese sino alla fine dell’allarme”. La stagione arrivare a conclusione con il successo dell’Ala Littoria nel campionato di I Divisione. I Vigili del Fuoco, vincitori del girone A ma perdenti nelle finali, si rifanno vincendo la Coppa XI Zona adulti. La categoria Ragazzi è invece vinta dalla SGS Fortitudo, il campionato Ragazzi dalla Lazio.

OSCAR BAYER PRENDE IL POSTO DI TEDESCHI

La presidenza di Federico Tedeschi si conclude a metà della stagione 1941-42, nove anni dopo la sua prima elezione. Le frequenti assenze del presidente, richiamato alle armi, alla lunga pesano sulla decisione del Direttorio Federale, che spinge al cambiamento nel tentativo di avere una presidenza più salda e presente in un momento di grande difficoltà del calcio. Così, il 17 marzo 1942 l’arbitro benemerito Oscar Bayer viene nominato nuovo presidente del Direttorio XI Zona, ma a Federico Tedeschi viene concesso di restare nel consiglio fino a fine stagione. Successivamente, diventerà Ispettore federale e lascerà definitivamente il Direttorio Laziale, in cui invece entra Armando Pipparelli, un caposaldo nell’opera di ricostruzione del calcio laziale, e non solo, dopo la conclusione della Seconda Guerra Mondiale.

Pipparelli era già entrato nella Federazione come componente del Direttorio Provinciale Romano (la cui presidenza passa da Francesco Seganti a Bruno Musso), mettendo subito in risalto le proprie qualità e conoscenze delle norme federali. Insieme a lui, nel Direttorio XI Zona sono componenti i riconfermati Adolfo Ramoni, Giulio Saraceno, che rientra a tempo pieno nell’incarico di segretario, e Armando Bonifazi. In seguito, entrerà anche Marino Juri, in qualità di rappresentante Opena Nazionale Dopolavoro (O.N.D.). Lasciano i rispettivi direttori Gino Orlandi, Aldo Giannoli e Umberto Erminio, mentre Alberto Valentini entra anche nel Direttorio Civitavecchiese diventando delegato C.I.T.A.. Raffaele Grandi, che sarà uno dei dirigenti di maggior spicco del Settore Giovanile e Scolastico, diventa presidente del Direttorio Prenestino, ma il grande dirigente federale dedicherà poi tutta la sua vita sportiva alla promozione e crescita del giovanile, prima come segretario e presidente del Comitato Regionale della Lega Giovanile e poi come dirigente del Consiglio Nazionale del Settore Giovanile e Scolastico.

TASSE DI ISCRIZIONE RIDOTTE DAL 50 PER CENTO

Il primo provvedimento assunto dal Direttorio XI Zona nella stagione 1941-42 è di natura eccezionale, a causa del conflitto bellico sempre più intenso e duro. Seguendo una disposizione del Direttorio Federale, il neo-presidente Bayer decide che le tasse gare e percentuali sugli incassi dovute alla F.I.G.C. siano ridotte del 50%., ma si decide che anche i club affiliati che non partecipano ai campionati debbano pagare una quota fissa di 50 lire. Gli spostamenti delle squadre, in ambito regionale ovviamente, continuano ad essere effettuati esclusivamente con il treno e soltanto nelle località dove la ferrovia non arriva si provvede con altri mezzi. Ai Castelli Romani, per esempio, si deve andare col tram della Stefer e questo spinge il Direttorio a ricordare che “su richiesta di interessate, per i viaggi in località servite da mezzi di trasporto della Stefer le società ospitanti debbono versare alle società ospitate un indennizzo pari al costo effettivo del biglietto per 14 persone, per il viaggio di andata e ritorno del luogo dove si svolge la gara e sulla base delle tariffe in vigore all’atto del viaggio”.

La I Divisione del 1941-42 viene vinta dal Littorio, ma il campionato è fortemente condizionato dalle gare non disputate. Il Frascati si ritira addirittura prima della conclusione del girone d’andata, mentre sono sei le squadre che terminano la stagione con una penalizzazione in classifica per la mancata partecipazione alle gare o per interruzioni anticipate degli incontri. Le decisioni del consiglio direttivo, oltretutto, sono assolutistiche perché non esiste appello. Per rompere questo sistema, bisogna attendere il 25 gennaio del 1943, quando il Direttorio Federale forma la Commissione d’Appello Federale (CAF), alla quale viene affidato il giudizio in appello. E’ la Disperata Roma a vincere la quarta edizione della Coppa XI Zona, superando con un solo gol nella doppia finale il Trionfale, mentre nel campionato Ragazzi prevale la Roma, che precede di tre punti la Lazio. I giallorossi diventano anche campioni di zona dopo aver vinto le finali con le vincenti dei campionati ragazzi provinciali.

SECONDA DIVISIONE ANCORA SOSPESA

Con l’Italia in pieno conflitto bellico, la II Divisione resta ancora sospesa nella stagione 1942-43. Nel Direttorio XI Zona, che riconferma tutte le cariche della stagione precedente, dà precise disposizione affinchè “il saluto reso dalle squadre a fine della gara deve essere eseguito con uguale ordine e disciplina del saluto reso all’inizio. Gli arbitri sono incaricati di controllarne la esecuzione facendo rilevare nei rapporti la eventuale inosservanza alla disposizione, inosservanze che saranno punite dagli Enti federali con ammende a carico delle società e dei giocatori”. Gli unici cambiamenti di dirigenti avvengono nei direttori locali. In quello dell’Alto Lazio sale alla presidenza Enrico Marzi, che “governerà” il calcio viterbese per più di vent’anni anni. Presidente del Direttorio del Basso Lazio (provincia di Frosinone) è invece Ettore Papetti, che subentra a Francesco Galella. Eugenio Tinelli, dopo tanti anni trascorsi nel direttivo regionale, verso fine stagione deve lasciare il posto di rappresentante del G.U.F. perché è richiamato alle armi. Il suo posto viene preso da Fortunato Precone.

Il campionato di I Divisione vengono iscritte ventidue squadre, che salgono a ventiquattro (divise in tre gironi) con le ammissioni di Guidonia e Civitavecchia, inizialmente escluse perché presentano l’iscrizione oltre i termini fissati. Il girone di finale del campionato, a cui si qualificano Latina, Littorio, La Disperata, Vigili del Fuoco e Tarquinia (dopo spareggio con l’Avia Ciampino) è vinto dalla Disperata, che viene promossa in serie C insieme al Tarquinia, anche se poi rinuncerà al titolo preferendo restare in I Divisione. L’Aeroporto Viterbo vince invece la II Categoria uliciana, l’Aerotecnica la I Categoria. La quinta edizione della Coppa XI Zona se l’aggiudica l’Ala Littorio, mentre la Stefer prevale nel tabellone riservato ai Ragazzi.

SI GIOCA SOLO IL CAMPIONATO ROMANO

Il 1943-44 si rivela un anno incredibile nella storia del calcio laziale perché le tragiche giornate vissute dall’Italia (il 10 luglio del ’43 gli americani sbarcano in Sicilia e il 25 dello stesso mese il fascismo cade; quindi l’8 settembre arriva l’armistizio che spezza l’unità dell’Italia e paralizza i campionati nazionali della Federcalcio) non fermano l’attività calcistica nella capitale. Il presidente Oscar Bayer e il segretario Giulio Saraceno sono le due figure di spicco nel Direttorio XI Zona. Con loro ci sono ancora Adolfo Ramoni e Armando Bonifazi, mentre dopo due anni trascorsi in guerra rientra il delegato C.I.T.A. Guido D’Atri, che però il 28 dicembre 1943 lascia l’incarico ad Alfonso Riselli. Anche Bonifazi, che in sua assenza aveva sostituito D’Atri come delegato degli arbitri, il 21 marzo del 1944 esce dal direttivo; al suo posto entra Enrico Baldani, lascia la carica di segretario del Direttorio Romano Settore Propaganda.

A BERNARDINI LA RAPPRESENTATIVA REGIONALE

Venendo a mancare il campionato nazionale, tutte le squadre laziali affiliate sono costrette a prendere parte all’attività regionale, Roma e Lazio comprese. Si organizza dunque un solo campionato, denominato Romano, girone unico da dieci squadre, vinto dalla Lazio, che precede la Roma di un punto e la Tirrenia di sette. Il campionato di I Divisione regionale se lo aggiudica invece la Stefer, dopo uno spareggio nel girone finale con l’Aerotecnica. La Lazio vince anche il campionato Ragazzi, mentre la Coppa XI Zona non viene disputata. Il 30 maggio del 1944 Oscar Bayer firma l’ultimo comunicato con la dicitura di Direttorio XI Zona, che seguendo le disposizioni del C.O.N.I. si trasforma in Comitato Regionale Laziale. Il primo atto porta la data del 13 giugno ed è la celebrazione della Liberazione di Roma: “Il Comitato rivolge un caloroso saluto agli atleti, ai dirigenti delle società, agli arbitri ed a tutti gli sportivi che possono tornare allo sport finalmente liberi, non più soggetti ai gravi pericoli che per tanto tempo misero a dura prova la loro passione”. Per lo stesso motivo, il Direttorio, “decide di amnistiare tutte le squalifiche a tempo inflitte dal Comitato XI Zona a giocatori e a dirigenti. Di tale amnistia fruiscono anche le punizioni del presente comunicato, che si intendono, quindi, comminate soltanto a fine schedariali”.

Un mese dopo, esattamente il 18 luglio, Bayer invia un ringraziamento alle società per l’andamento della stagione appena conclusa. In pratica è il suo saluto dopo due anni di presidenza. “Il Comitato, esaurite le gare in calendario sia dei Campionati che dei Tornei da esso organizzati, rivolge ai Dirigenti le Società, agli Atleti e agli Arbitri il più vivo compiacimento per la loro fattiva collaborazione, la quale rese possibile di superare le gravi difficoltà che per molti mesi insidiarono, anche nel settore sportivo, la vita cittadina romana. Il Comitato esprime altresì il proprio apprezzamento ai Dirigenti delle Società per la fiducia in esso riposta anche dopo la liberazione della Capitale, e continuerà ad esercitare le proprie funzioni per l’attuazione del nuovo ordinamento in base ai criteri di massima recentemente enunciati dal Reggente del C.O.N.I.”

Negli ultimi documenti del Direttorio XI Zona compare anche il nome di un altro personaggio storico del calcio nazionale, quel Fulvio Bernardini ex calciatore di Lazio, Roma e della Nazionale, che nella stagione ‘43-44 assume l’incarico di Commissario della Rappresentativa del Lazio insieme a Giovanni Degni.

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Mentre l’Italia del Nord è ancora in piena guerra civile, nell’estate del 1944 il presidente del C.O.N.I., Giulio Onesti, nomina Ottorino Barassi commissario per il Centro-Sud. L’ex segretario condiziona però il suo sì ad un referendum tra le società centro-meridionali che in quel momento, stante l’esistenza di una linea gotica, costituiscono il nucleo della ricostituita Federazione. Barassi, che ottiene il sostegno richiesto, indica in Alberto Valentini l’uomo da cui il calcio del Lazio deve ripartire. Le società laziali riunite in assemblea, senza problemi eleggono alla presidenza del Comitato Regionale il dirigente già conosciuto e apprezzato soprattutto dalle società romane.

ALBERTO VALENTINI DIVENTA PRESIDENTE

Con il comunicato numero 1 del 19 agosto 1944 il nuovo presidente porge alle società il saluto d’insediamento del nuovo organismo: “Il Comitato Regionale Laziale nell’iniziare la sua attività ringrazia le società della fiducia accordatagli, ed invia il proprio saluto al Commissario Straordinario del CONI e al Commissario Straordinario della FIGC, agli arbitri ed a tutte le società affiliate. Il Comitato rivolge inoltre il proprio saluto al Direttorio della XI Zona e al Commissario straordinario uscente”. Una settimana dopo, le società tornano a votare per scegliere i due membri rappresentanti le società all’interno del nuovo consiglio, formato da otto unità, presidente e segretario compresi.

Nella votazione del 26 agosto viene però riscontrata un’irregolarità nella delega del C.S. Monteverde Nuovo, “in quanto firmata dal socio compilatore e presentatore col nome del Presidente della propria Società”. Dopo la valutazione degli atti e delle testimonianze, il Comitato decide che Angelo Cascioli, il dirigente sotto accusa, ha comunque agito in buona fede e va soltanto ammonito. La votazione, però, dev’essere rifatta il 5 ottobre, data che viene spostata al giorno 12 per consentire alle società di rispondere a un questionario sulla vicenda. Nella seconda votazione Carlo Galeotti va a completare il direttivo del Comitato Regionale Laziale, in cui ci sono due dirigenti immuni da ogni epurazione post-fascista: Adolfo Ramoni, che assume la responsabilità della segreteria, e Armando Pipparelli, a cui è affidato il delicato compito di cassiere. A questi, si aggiungono quattro nuovi consiglieri: Andrea Ercoli, Ottorino Peronti, Ugo Catalano e Rodolfo Bevilacqua, altro personaggio che proviene dai vecchi direttori. Il presidente uscente, Oscar Bayer, resta nei quadri federali con un incarico nel campo delle vertenze economiche della F.I.G.C..

BALDANI PRESIDENTE SEZIONE PROPAGANDA

L’opera di assestamento dell’ex Direttorio XI Zona (che istituisce il Comitato della Zona Braccianese) subisce un altro stop quando l’ingegnere Andrea Ercoli, per motivi professionali, deve dimettersi dall’incarico. Il 20 novembre viene indetta un’altra assemblea per la sua sostituzione, in cui viene eletto Enrico Baldani, già affacciatosi nel precedente direttivo per sostituire Armando Bonifazi. Il nuovo dirigente mette subito in evidenza le proprie qualità, tanto che poco dopo il suo ingresso nel direttivo regionale va ad assumere anche la presidenza del Comitato Sezione Propaganda, di cui fanno parte anche Bevilacqua, Catalano e lo stesso Galeotti.

Nelle prime settimane del nuovo Comitato, per motivi economici e per l’ancor scarso funzionamento del servizio postale, il Comunicato ufficiale non è inviato alle società ma pubblicato sul “Corriere dello Sport”. Le società che hanno necessità di averne copia devono fare esplicita richiesta al Comitato, che provvede a inviarlo addebitando le relative spese. All’interno del Direttivo, però, ci si rende subito conto che la decisione assunta crea problemi e così, già a fine settembre, si fa marcia indietro, decidendo comunque di spedire a tutte le società una copia del comunicato. E’ così che vengono diramate le modalità per effettuare il saluto obbligatorio prima della partita. “Il saluto verrà reso assumendo la posizione di attenti. Subito dopo, con un rapido dietro-front, verrà reso il saluto al pubblico della tribuna opposta. I Capitani, si presenteranno fra loro e all’arbitro con sportiva cordialità; il saluto fra i capitani e fra questi e l’arbitro ripetuto al termine delle gara sarà considerato come l’espressione di quella cavalleresca sportività alla quale ogni atleta deve uniformare il proprio comportamento”. Il 30 gennaio 1945 viene poi aggiunta una postilla che stabilisce “che le squadre si scambieranno il saluto alla voce con un triplice VIVA per la squadra competitrice. Il saluto alla voce verrà scambiato prima del fischio d’inizio e ripetuto al termine della gara subito dopo il saluto reso al pubblico”.

L'AIA RIENTRA NEI RANGHI DELLA FIGC

La fine della Guerra segna anche il ritorno nella F.I.G.C. dell’Associazione Italiana Arbitri, rivitalizzata dagli stessi arbitri riuniti a congresso a Bologna. La Federazione, che trasferisce la propria sede in via S.Eufemia 19 a Roma, però, pur prendendo atto della rinascita dell’A.I.A. non gli dà il giusto riconoscimento, specificando con il comunicato del 16 ottobre del ’44 che “… la Federazione, pur riconoscendo la costituzione dell’Associazione Italia Arbitri (AIA) non può concedere alla stessa nessun mandato specifico, in sostituzione di Enti Federali già esistenti (CITA) e perciò tutto quanto si riferisce alla organizzazione arbitrale ed a mezzo dei suoi Enti periferici. La Federazione, a solo titolo consuntivo, potrà avvalersi, di volta in volta, della collaborazione dell’AIA”.

Il documento scatena una piccola-grande bufera nel mondo arbitrale, chiamato ad eleggere in brevissimo tempo i propri i rappresentanti C.I.T.A. in seno ai Comitati. Nel Lazio, il presidente Valentini convoca un’assemblea degli arbitri per il 20 ottobre e”invita gli arbitri laziali a far giungere al C.R. la libera espressione dei propri desideri”, ma il giorno dopo la convocazione, il 18 ottobre, attraverso un documento che ribadisce l’indipendenza della categoria, gli arbitri minacciano lo sciopero. Valentini ne prende atto e il 19 ottobre riafferma attraverso un documento “il tradizionale concetto unitario della Federazione, invita gli arbitri fedeli allo sport e alla loro missione di comunicare la propria adesione al Comitato, di disporre la regolare prosecuzione delle manifestazioni in corso autorizzando le società, nell’assenza dell’arbitro designato, ad affidare la direzione della gara ad altro arbitro o sportivo, possibilmente tesserato FIGC presente sul campo, previo accordo fra le società di concretarsi in una dichiarazione scritta di accettazione firmata dai due capitani”.

VALENTINI VUOLE UNA NUOVA CLASSE ARBITRALE

Contemporaneamente alla vertenza arbitrale, Valentini indice un corso per aspiranti arbitri, invitando le società a far iscrivere i propri soci nel tentativo di formare in brevissimo tempo una nuova classe arbitrale in sostituzione di quella “aventiniana”, la cui causa, a detta del presidente del Comitato, “è stata sottoposta ad interessi particolaristici, pur confermando la stima e il rispetto per la delicata funzione arbitrale”. Accanto al Comitato si schierano le società laziali, che in una riunione indetta il 20 novembre 1944, approvano un documento di sostegno all’operato di Valentini in cui “danno mandato al Comitato Regionale di sostenere presso il nuovo Reggente della FIGC la necessità che gli statuti vigenti, depurati dalle norme autoritarie, vengano rispettati fintanto che su di essi possa pronunciari l’assemblea nazionale delle società”.

La vertenza A.I.A.-F.I.G.C. si chiude a metà dicembre, grazie alla felice mediazione di Ottorino Barassi. L’autorizzazione straordinaria ad arbitrare le gare di campionato concessa ai dirigenti viene revocata e le gare tornano quindi ad essere regolarmente dirette dagli arbitri “in una sana e disciplinata atmosfera sportiva con piena consapevolezza del difficile momento che la nazione vive”. Gli arbitri, per il momento, continuano dunque a identificarsi nella Commissione Italia Tecnica Arbitri (C.I.T.A.), che nel Lazio, il 15 febbraio 1945, nomina presidente della commissione regionale Gino Mazzarini, che entra nel Consiglio direttivo del Comitato e si avvale della collaborazione di Armando Bonifazi e Alfonso Riselli.

LE SOCIETA' LAZIALI INDICONO UNO SCIOPERO

Fare ricorso allo sciopero sembra andare di moda in questi anni perché appena si è conclusa la polemica arbitrale, si apre un’altra vertenza, questa volta legata a problemi di natura fiscale, che culmina con uno sciopero generale delle società laziali, questa volta appoggiato dal Comitato Regionale Laziale. La clamorosa decisione scaturisce dall’assemblea del 10 aprile 1945, in cui le società approvano il seguente ordine del giorno: “Le società calcistiche laziali convocate presso il Comitato Regionale Laziale, per l’esame della situazione venutasi a creare degli gli aggravi fiscali in atto dal 1 aprile u.s. udita la relazione del Presidente del C.R.L., dopo ampia discussione decidono di sospendere l’attività in segno di protesta per domenica 15 aprile, riservandosi ulteriori decisioni dopo aver conosciuto l’esito delle pratiche in corso fra il C.O.N.I. e il Ministero delle Finanze. In rapporto al voto emesso dalle società, i campionati regionali e locali di qualsiasi categoria sono sospesi in tutto il Lazio, nella giornata del 15 aprile 1945. E’ sospesa anche la concessione di autorizzazioni di partite amichevoli”. Le assicurazioni che arrivano dal Ministero limitano ad una sola giornata lo sciopero, consentendo la regolare conclusione della stagione.

Il travagliato rapporto con il mondo arbitrale, conosce un altro momento difficile qualche mese dopo la riappacificazione di fine 1944. Il tema di attrito questa volta è la violenza sui campi di calcio, che continua a pesare sulla regolarità dei campionati. Un primo intervento del presidente Valentini arriva il 30 aprile del 1945, dopo che il presidente regionale del C.I.T.A., Gino Mazzarini, viene colpito da un dirigente della Juventus di Roma nella gara con l’Italia Libera, e un arbitro, Giovanni Stillaci, è costretto a sospendere la gara tra S.Lorenzo e Colosseum perché violentemente colpito dal giocatore Bruno Diotallevi. “Il Comitato Regionale Laziale ha deciso a non cedere ad intimidiazioni, minacce, violenze con la quali tentasse di continuare metodi superati dall’avvento di una sane e bene intesa libertà che consente, oltre il ricorso agli Enti Federali superiori, previsto dai Regolamenti, la libera critica e discussione nelle assemblee federali; ad esigere il rispetto dovuto a chi… opera nella serena conoscenza di un dovere compiuto al servizio della buona causa sportiva…”.

VIOLENZE CONTRO GLI ARBITRI: E' SCIOPERO

Anche nel mese di giugno “il Comitato esprime agli arbitri la propria solidarietà e li esorta a svolgere il loro compito con fermezza, nell’interesse di quella disciplina di cui sempre e comunque verrà preteso il più assoluto rispetto”; e con cui porta a conoscenza che “verranno escluse dai campionati le società ai danni delle quali, o di loro giocatori soci o sostenitori debbano essere applicate sanzioni per violenze contro gli arbitri”. La minaccia però non basta perché la Commissione arbitri il 13 giugno 1945 decide di scioperare, astenendosi, a partire dal 16 giugno, dal dirigere le restanti gare stagionali. Il Comitato Regionale, che “avanza e svolge, immediatamente le più ampie riserve sull’ordine di astensione dalla direzione delle gare” convoca d’urgenza l’assemblea generale delle società per le ore 6 del 19 giugno, imponendo loro di prendere l’impegno di “tutela morale e materiale dell’arbitro”. Un impegno che messo per iscritto il 23 giugno e tanto basta agli arbitri per riprendere immediatamente l’attività.

La F.I.G.C. dispone che il campionato di I Divisione misto regionale, che ha caratterizzato gli anni della guerra, nella stagione 1944-45 diventi di qualificazione alla nuova Divisione Nazionale, che verrà ripristinata nel 45-46. E’ anche istituito un torneo “pre-campionato di qualificazione”, che nel Lazio è articolato su cinque gironi da otto squadre ed uno da sette, al quale la città di Tivoli iscrive ben cinque squadre: Anio, Avanti di Tivoli, Edera di Tivoli, Libertas e Spartaco tutte inserite nello stesso girone, insieme a Subiaco, Mentana e Monterotondo. Al campionato di “pre-qualificazione” prende parte anche l’Associazione Sportiva Nettuno, che comincia così l’attività in F.I.G.C. dopo i dieci anni trascorsi dall’anno della sua fondazione (1933) nella Sezione Propaganda.

Il campionato di qualificazione, vinto dalla Roma, concede a otto squadre il visto a partecipare alla Divisione Nazionale. Tra queste c’è anche il G.S. Vigili del Fuoco, che rinuncia rendendo necessario far disputare un mini-torneo di qualificazione a tre, a cui prendono parte Stefer, Trastevere e Trionfale, per determinare la sostituta: prevale il Trastevere, che si aggiunge ad Ala Italiana, Alberotecnica, Italia Libera, Juventus Roma, Lazio, Mater e Roma. Si torna a formare anche la Rappresentativa, che gioca una partita con la Campania. Tecnico è Carlo Fiezzi, che sovrintende anche alle rappresentative provinciali delle Sezioni Propaganda. Sono ben 13 le squadre provinciali, affidate a tecnici diversi, ognuna per ogni zona o quartiere della città.

L'UNITA' NAZIONALE TARDA AD AFFERMARSI

Quando anche l’Italia del Nord viene liberata, il C.O.N.I. nomina un commissario (l’ex arbitro Giovanni Mauro, fratello dell’ex presidente del Comitato Regionale Francesco) anche per la ricostruzione del calcio nel Settentrione. Il problema della ricostituzione dell’unità federale è comunque lontano dall’essere risolto, al punto che per la stagione 1945-46 si decide di organizzare un doppio campionato nazionale: quello della Lega Nazionale dell’Alta Italia (la cui presidenza è affidata al colonnello Pedroni) e quello della Lega Nazionale Centro Sud, organismo affidato proprio al numero uno del calcio laziale, Alberto Valentini, costretto a lasciare la presidenza della Lega Regionale Laziale, come viene ora chiamato il vecchio Comitato, già ex Direttorio.

L’assemblea regionale per il rinnovo delle cariche federali è convocata per il 18 settembre del 1945, ma prima c’è tempo, per il presidente uscente, di indire un referendum tre le società laziali per decidere che l’attività regionale sia articolata su tre campionati a carattere regionale (I, II e III Divisione), uno Riserve, uno Allievi (calciatori che abbiano compiuto il 17.mo anno) e uno Ragazzi (14.mo anno di età compiuto). L’iscrizione ai tre gironi della I Divisione (l’Artiglio vince il girone A, l’Almas il girone C e la Stefer il B: quest’ultima diventa anche campione regionale ed è promossa in C insieme all’Almas Roma) costa mille lire, ma serve anche un deposito cauzionale di 10 mila lire per essere ammessi. La nuova articolazione dei campionati fa registrare un boom delle iscrizioni, e il primo ad esserne sorpreso è lo stesso Valentini, che prima di lasciare la presidenza del direttivo regionale, invia un caloroso ed entusiastico saluto alle società laziali: “La Lega Regionale rivolge il suo elogio alle società per la superba prova di sportività che esse hanno offerto superando le difficoltà contingenti ed assicurando ai campionati federali la più ampia partecipazione che sia stata segnata dalla costituzione del Comitato”. Valentini ringrazia anche le società che lo hanno voluto alla presidenza dell’attività interregionale, appena costituita.

CENTO SQUADRE NELL'ORGANICO DEL LAZIO

Il 18 settembre del 1945, l’assemblea delle società laziali approva la relazione morale e finanziaria del presidente uscente, che lascia un organico di oltre cento squadre. Nuovo numero uno della Lega Regionale Laziale diventa Rodolfo Bevilacqua, mentre nel direttivo sono confermati Enrico Baldani, Adolfo Ramoni, Armando Pipparelli e Ugo Catalano, a cui si aggiungeno Danilo Baldoni, Giuseppe Mattioli e Natale Sbordoni. Segretario diventa Adolfo Ramoni, che per ragioni di salute, il 26 marzo 1946 deve dimettersi dall’incarico. Da quella data la segreteria passa a Enrico Baldani, che così getta le basi per arrivare alla presidenza e inaugura una consuetudine che caratterizza la storia del Comitato Regionale: il presidente, prima di essere eletto, è stato segretario degli uffici regionali nel precedente mandato. Organo ufficiale della Lega per la divulgazione delle decisioni in materia di disciplina sportiva, oltre il “Corriere dello Sport”, diventa anche il settimanale “Sport di Roma”. La presidenza del C.I.T.A. passa da Bonifazi all’ex segretario del Comitato, Giulio Saraceno.

Nel dicembre del 1945 la Lega Regionale è costretta ancora lanciare un monito contro la violenza nei confronti della classe arbitrale: “La L.R. Laziale, di fronte al rinnovarsi di gravi atti di indisciplina contro le persone degli, arbitri; decisa a reprimere con tutti i mezzi a sua disposizione gli atti stessi che, oltre tutto, offendono lo spirito sportivo che deve presie­dere ad ogni manifestazione; mentre esprime a gli Arbitri tutta la propria solidarietà, rivolge ancora una volta alle Società un monito, invitandole ad adoperarsi nel modo più efficace per evitare. il ripetersi degli incresciosi incidenti lamentati con l’avvertenza che a partire dalle gare di Domenica 23 corrente, saranno applicate le più severe sanzioni previste dal Regolamento Organico fino alla radiazione dai ruoli federali delle Società i cui dirigenti, giuocatori, soci o sostenitori si rendessero colpevoli di violenze nei riguardi degli Arbitri”.

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Nei primi anni del Dopoguerra il calcio da’ vita ad una struttura federale non più centralista, che nella stagione 1946-47 porta alla nascita delle Leghe Interregionali (quella centrale comprende oltre al Lazio anche Emilia, Marche, Toscana, Umbria, Abruzzi e Sardegna) mentre la F.I.G.C. detta alcune regole per la composizione dei Consigli Direttivi delle stesse Leghe Regionali, che restano in carica due sole stagioni. I presidenti, i segretari e i cassieri, per necessità di funzionamento dell’Ente, d’ora in poi devono risiedere nella località dove ha sede la Lega e la nomina del segretario e del cassiere può avvenire tanto per diretta elezione dell’assemblea, che per designazione dello stesso Consiglio Direttivo; in questo secondo caso la persona dev’essere scelta tra i cinque consiglieri eletti.

BEVILACQUA DA COMMISSARIO A PRESIDENTE

L’assemblea elettiva delle società laziali si tiene il 3 settembre 1946 e conferma alla prima votazione nelle cariche di presidente e segretario Rodolfo Bevilacqua e Enrico Baldani, mentre l’elezione degli altri quattro membri del direttivo viene invalidata dal Consiglio Federale per un’irregolarità formale. Nella seconda assemblea elettiva, che si tiene il 12 novembre, sono eletti Eugenio Tinelli (responsabile del Comitato Romano), Armando PipparelliGiuseppe Di Tommaso, Walter Crociani, costretto a lasciare la carica per motivi personali, e Carlo De Pità, rappresentante del C.A.R., la Commissione Arbitri Regionale, tornata sotto l’ala dell’A.I.A.. Ricorsi e nuove votazioni si registrano anche nel Comitato Viterbese perché l’assemblea del 27 gennaio è annullata dalla Lega Regionale dopo la presentazione di un ricorso. Nella nuova votazione del 2 marzo Enrico Marzi è eletto presidente, carica che manterrà per lunghissimo tempo, mentre Aldo Carbonetti diventa delegato C.A.R..

L’attività delle Lega Regionale Laziale si allarga alla base, arrivando a formare, nella provincia di Latina, un intero girone di II Divisione, sia pure composto da sole sette squadre, e ad istituire la I Coppa Lega Regionale, intitolata ad Attilio Ferraris e aperta alle società di I e II Divisione. La vince il Frascati, che nella finale del 3 agosto supera 2-1 la Romana Gas. La I Divisione ha una struttura ben definita (tre gironi da 14 squadre ciascuno, 42 partecipanti in tutto) mentre la II Divisione si conforma in base al numero di squadre partecipanti. Sono cento le squadre che si al campionato 46-47; vengono formati dieci gironi, la cui composizione varia tra le 8 e le 11 squadre. Tuscania, S.Lorenzo e Nettuno vincono i tre gironi di I Divisione, ma è la squadra viterbese a diventare campione laziale. Alle finali regionali accedono anche Aurelia, Anzio e Portuense, con quest’ultima che contende al Tuscania il successo finale, chiudendo il girone al secondo posto con 13 punti, contro i 15 dei viterbesi, che vincono sette incontri su nove, perdendo gli altri due. Per meriti sportivi, sono ammesse in serie C anche l’Aurelia e la Tirrena, la nuova società che nasce nell’estate del 1947 dalla fusione di Anzio e Nettuno, grandi protagoniste della stagione.

PROTESTE TROPPO ACCESE A ROMA

Le fortune (o meglio le sfortune) di questa unione dureranno, però, appena una stagione perché nel campionato di C del 1947-48 il club finisce all’ultimo posto del girone P (formato anche da Tivoli, Castelsarda, Civitavecchia, San Lorenzo, Ostiense, Stefer, Albatrastevere, Latina, Sora, Frosinone, Poligrafico, Almascalera, Civita Castellana, Torres e Aurelia) dopo un finale di stagione travagliato, ma anche lodevole sul piano del comportamento sportivo per il club tirrenico. La retrocessione del Tirreno porterà, nell’estate del ’48, allo scioglimento del sodalizio e riporterà Anzio e Nettuno (entrambe otterranno senza problemi un posto nel campionato) al punto di partenza, ovvero a far viaggiare calcisticamente le due cittadine ognuna per proprio conto.

Proprio l’Anzio si rende protagonista in negativo di un increscioso episodio che accade il 3 marzo 1947. Persone legate a vario titolo alle società sportiva si recano a Roma, nella sede della Lega in via Colonna Antonina, per protestare per presunti torti subiti. L’incontro degenera in atti di violenza e di intolleranza che spingono il presidente Bevilacqua a prendere provvedimenti a carico dell’Anzio. “La Lega Regionale – si legge nel comunicato emesso il giorno dopo – sentita la relazione del presidente in merito agli incidenti verificatisi nei locali della Lega nella giornata di lunedì 3 marzo 1947, decide di usare la mano pesante, squalificando il campo dell’Anzio a tempo indeterminato, di chiedere il risarcimento dei danni e di adire a vie legali nei confronti dei colpevoli”. Nel comunicato si ridabisce anche a volontà di “non cedere ad intimidazioni, minacce o violenze, con le quali si tentasse di continuare metodi superati dall’avvento di una sana e benintesa libertà che consenta, oltre il ricorso agli Enti Federali superiori, previsto dai Regolamenti, la libera critica e discussione nelle assemblee federali;  di esigere il rispetto dovuto a chi, nella esecuzione del mandato conferito dalle assemblee delle Società e degli Arbitri, opera nella serena coscienza, di un dovere compiuto al servizio della buona causa sportiva;  di impedire che da parte di chiunque lo sport venga abbassato al livello di una manifestazione di violenza”.

LA FIGC INVITA I COMITATI AL MASSIMO RIGORE

In un secondo momento, il 18 marzo, la Lega Regionale, registrando la presa di posizione degli altri dirigenti tirrenici che, anche a mezzo stampa, prendono  immediatamente le distanze dai fatti, sposta il tiro e addossa tutta la responsabilità ad alcuni tifosi. L’impianto di gara resta comunque squalificato per due turni e la società multata di 20.000 lire. L’episodio, sia pure ridimensionato, rappresenta il segnale più grande del malessere che il calcio vive in questi anni, dentro e fuori dal campo. Le aggressioni agli arbitri, le intimidazioni e gli atti di violenza spingono la F.I.G.C. a intervenire con un lungo comunicato datato 11 marzo, sulla gestione della disciplina sui campi e invita le Leghe Regionali al massimo rigore. Così, il 1 aprile 1947, il presidente Bevilacqua decide di pubblicare un telegramma della F.I.G.C. dal seguente tenore: “Perdurando gravi incidenti contro arbitri, commissari et squadre ospitate, richiamo attenzione Enti Federali giudicanti prima et seconda istanza necessità assoluta applicazione severi et energiche sanzioni disciplinari escludendo senza titubanza dall’ulteriore attività giuocatori, società colpevoli violenze od atti gravi indisciplina ricorrendo preferenza provvedimento squalifica campi anche temporaneamente anziché applicazione multe inoperanti anche se elevate”.

VIENE COSTITUITA LA LEGA GIOVANILE

L'Assemblea Nazionale della F.I.G.C. che si svolge a Perugia nel luglio del 1947 getta le basi  per l’introduzione di una ulteriore riforma, che verrà messa in atto un anno dopo, quando a Firenze si terrà l’assemblea straordinaria che modificherà il vigente regolamento. In Umbria viene sciolta la Sezione Propaganda e istituita la Lega Giovanile. I Comitati Locali Settore Propaganda vengono quindi a decadere e alle società appartenenti è concessa la possibilità di affiliarsi alla F.I.G.C. o alla nuova Lega Giovanile. Molte società prima appartenenti alla Sezione Propaganda scelgono di affiliarsi principalmente alla neonata Lega Giovanile, che nel Lazio sarà fatta cresceta da Raffaele Grandi. Soltanto una minima parte, invece, decide di entrare nei ranghi federali. L’istituzione della Lega Giovanile (in data 15 settembre 1947) crea, però, dei problemi all’organizzazione federale, che deve fare i conti con sovrapposizione di campionati e conflitti di competenze che si protrarranno negli anni. Contemporaneamente alla Lega Giovanile, gestita da un Comitato Centrale, sono istituiti, al di sotto dei Comitati Regionali, dei Comitati Provinciali che nell’organizzazione (e negli uomini, spesso) ricalcano i Comitati Locali della Sezione Propaganda. A Roma emerge una figura che sarà pietra miliare nella storia del calcio giovanile e non solo, quella di Aldo De Juliis che per tantissimi anni sarà presidente del Comitato Provinciale. Anche al di fuori della provincia di Roma, ci sono figure che si impongono all’attenzione delle società nelle altre quattro province, diventando personaggi storici per i rispettivi comitati: Enrico MarziAngelo MarchettiRoberto CiccaglioniDomenico FrancioniMichele SerratoreLorenzo DonatiDomenico MancinelliAntonio De Bernardis.

I Comitati Provinciali della Lega Giovanile ufficialmente si costituiscono come enti autonomi (il sistema di affiliazione, associazione e tesseramento è ben diverso da quello dei dilettanti) ma in alcuni casi la nascita dei Commissariati Provinciali della Lega Regionale, porta quest’ultimi a sovrapporsi agli organismi della Lega Giovanile. Lo sdoppiamento delle strutture federali genera rapporti conflittuali o concorrenziali, che incidono nell’organizzazione dei campionati Juniores e Ragazzi, affidati alle Leghe Regionali.

SEPARAZIONE TRA PROFESSIONISTI E DILETTANTI

La riforma federale investe anche i campionati. Nasce la categoria dei calciatori professionisti, mentre nei dilettanti viene istituito il campionato di Promozione, che ha carattere interregionale e va a frapporsi tra la serie C e la I Divisione, declassata a campionato regionale. La Promozione, antesignana della serie D, garantirà, a partire dalla stagione 1948-49, ventiquattro posti per le leghe, cioè almeno uno per ogni regione, anche se al Lazio ne toccheranno ben quattro. Per preparare l’entrata a regime del nuovo campionato di Promozione, il Consiglio Direttivo della Lega Laziale decide di aumentare da tre a quattro i gironi del campionato di I Divisione. Tre dei quattro raggruppamenti sono formati da 15 squadre, uno da 13. A vincerli sono Torpignattara, Frascati, Formia e la Romana Gas, con quest’ultima che diventa campione regionale dopo aver prevalso anche nel girone finale a quattro, subendo un solo gol nell’unico pareggio conseguito.

Per contrastare la sempre più crescente attività ricreativa messa in piedi dagli enti di promozione sportiva, che fioriscono in Italia nei primissimi anni post-bellici, si gioca anche il campionato Amatori, formato da un girone da otto squadre ed uno da nove in provincia di Roma, e uno da otto in provincia di Viterbo. S’intensifica anche l’attività della Rappresentativa, che si divide in quattro; viene formata una squadra per ogni girone di I Divisione, affidata ad un consigliere: Baldani è responsabile della A (allenatore Pallotta), Di Tommaso della B (allenatore Bramante), Tinelli della C (Lommi in panchina) e Pipparelli della D (il tecnico è Sica).

A FIRENZE SCRITTE LE NUOVE NORME FEDERALI

L’assemblea federale straordinaria fiorentina del 1 e 2 luglio 1948 conferma Ottorino Barassi presidente della F.I.G.C. per acclamazione e approva i cambiamenti. Il Consiglio Nazionale diventa Consiglio Nazionale delle Leghe, vengono mandate in vigore le nuove Norme federali (Statuto, Regolamento organico e Regolamenti annessi stilate da una commissione di esperti) che mutano il sistema elettorale delle Leghe Regionali, portando da due a quattro gli anni del mandato dei consigli direttivi, eletti direttamente dalle società o dai loro delegati. La F.I.G.C. istituisce il premio “Pionieri del calcio”, assegnato a quei dirigenti ancora in vita che hanno fatto la storia del calcio in Italia. Ricevono il “distintivo d’onore” Guido BaccaniAlberto CintiEdoardo CaronciniPorfirio CiprariAntonino Sidoti. In un secondo momento all’elenco verrà aggiunto anche il nome di Olindo Bitetti, primo presidente del Comitato Laziale ed ex dirigente della Lazio.

Nell’assemblea federale il presidente della Lega Laziale, Rodolfo Bevilacqua, viene eletto nel Consiglio Nazionale della F.I.G.C. insieme a Moreno Trento, altro dirigente romano. Bevilacqua resta comunque presidente della Lega Regionale, che il 7 agosto del 1948 elegge il primo consiglio che resterà in carica quattro anni. A comporlo sono sette elementi, compreso il presidente. Alle conferme di Enrico BaldaniEugenio TinelliGiuseppe Di Tommaso (nominato cassiere), Armando Pipparelli (che diventa segretario) e Carlo De Pità, ancora il fiduciario degli arbitri nella Lega (carica che ricoprirà per tre stagioni di fila) si aggiunge la prima nomina di Giuseppe Arnaldi. L’attività agonistica segna un ulteriore passo in avanti con le nuove affiliazioni di Montecompatri, Capranica, Torre Maura, Vigor Acquapendente e della rinata Anzio, riammessa alla I Divisione dopo la scissione dal Tirreno, che torna ad essere As Nettuno; il Frascati si fonde con la Tuscolana e dà vita all’A.S. Frascati, l’Almascalera, invece, diventa semplicemente Almas.

La nascita del campionato di Promozione Interregionale (che non è di competenza delle Leghe Regionali), porta a ridisegnare la I Divisione, alla quale prendono parte ben 56 formazioni divise in tre gironi: due da 18 e uno da 20 squadre. L’Anzio vince il girone A; l’Artiglio il B e il Casilina il girone C: tutte e tre ottengono il passaggio nel nuovo campionato di Promozione. L’Anzio vince anche le finali e si laurea campione regionale. In Promozione salgono anche le Fiamme Gialle, che vincono i play-off per assegnare il quarto posto spettante alla Lega Regionale Lazio. La II Divisione è invece composta da otto gironi, ognuno formato da dieci squadre.

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L'attività del calcio regionale cresce ancora nella stagione 1949-50, grazie anche alle affiliazioni di Fregene, Astrea, Passo Corese e Manziana; il Pontinia, attraverso un cambio di denominazione sociale, si trasforma in Latina, mentre dall’Alc Fiumicino nasce l’Isola Sacra Fiumicino. Crescono anche i campionati, che si allargano soprattutto alla base. La Lega Regionale, per dare ancora più forza all’opera di contrasto nei confronti degli enti di promozione sportiva (U.I.S.P. e C.S.I.) decide di aumentare i gironi dell’attività amatori, che in questa stagione conosce un grosso incremento di squadre. Oltre i due gironi romani, si riescono a formare gironi provinciali oltre che a Viterbo anche a Latina: è la base da cui partirà, molti anni dopo, la Terza Categoria. Nel Lazio si organizza anche un campionato Riserve per le società laziali di A, B e serie C e a cui prendono parte anche Napoli e Salernitana.

IN I NDIVISIONE TRE GIRONI DA 18 SQUADRE

Il campionato di I Divisione torna ad essere più omogeneo, con tre gironi formati ognuno da diciotto squadre. Fiamme Azzurre, Fondana e Sogene accedono al girone finale, chiuso dalle tre squadre con gli stessi punti in classifica (due) e la stessa differenza reti. Il Comitato, per scegliere la squadra campione regionale, decide di far disputare un torneo di spareggio che viene vinto dalla Fondana. Salgono in Promozione Fiamme Azzurre, Fondana, Sogene e Italcalcio, quest’ultima dopo aver vinto i play-off tra le seconde classificate.

In II Divisione molte domande di iscrizione restano a lungo in sospeso perché ci sono problemi con i terreni di gioco, che non rispondono ai requisiti richiesti. Alla fine vengono composti sei gironi, vinti da Arcoprenestino, Astrea, Spes, Cavese, Tormarancia e Cisterna, ma ad essere promosse sono Spes, Pontinia, Giannisport, Robur, Astrea e Cisterna. La stagione è però condizionata dai troppi episodi di violenza che si verificano sui campi. Il presidente federale, in conseguenza di alcuni incresciosi fatti accaduti nel dopo-gara tra Di Biagio Terracina e Humanitas Roma, terminata con il successo degli ospiti per 3-2, che portano alla squalifica del campo pontino per tutto il girone di ritorno, è costretto a redigere il 14 marzo ‘50 un comunicato di richiamo alle società e ai giocatori, concedendo alle Leghe regionali la facoltà di introdurre, nei loro giudicati, in caso di danni ad un avversario, un rimborso delle spese sostenute dal giocatore infortunato a carico del giocatore responsabile del danno.

La stagione si conclude con le dimissioni dal direttivo regionale di Giuseppe Arnaldi, sostituito da Rodolfo Laurenti, primo dei non eletti nell’assemblea del 7 agosto ’48. Il dirigente, però, per motivi personali non può accettare l’incarico. Accade la stessa cosa con il secondo degli eletti, il signor Felici e così nel Direttivo alla fine entra Armando Pastuglia.

IL SEGRETARIO ENRICO BALDANI DIVENTA PRESIDENTE

Il Consiglio Federale, approvando una proposta del consigliere Zambelli, nella primavera del 1951 stabilisce l’incompatibilità tra la carica di Consigliere federale con quella ricoperta in un altro ente federale. Rodolfo Bevilacqua, membro del Consiglio Federale e presidente della Lega Regionale Lazio, è costretto a scegliere quando la carica di consigliere gli viene confermata nel marzo del 1951, quando le società daranno ancora fiducia, per acclamazione, al presidente della Federazione Italiana Giuoco Calcio Ottorino Barassi. L’assemblea delle società laziali elegge il sostituto di Bevilacqua il 31 marzo 1951 nel salone C.O.N.I. dello stadio Torino (oggi Flaminio) e porta alla presidenza della Lega Laziale l’uomo che negli ultimi anni più di altri è stato vicino al presidente uscente, e cioè Enrico Baldani.

Il neo presidente è funzionario della Fiumeter Assicurazioni, ma anche giornalista pubblicista, responsabile dell’attività dilettantistica al “Corriere dello Sport”. Come collaboratori della segreteria della Lega, ci sono due ragazzi, Mario Pennacchia e Franco Dominici, destinati a diventare due firme di primissimo piano nel panorama giornalistico italiano. Entrambi, probabilmente grazie ai buoni uffici di Baldani, vanno poi a lavorare nel “Corriere dello Sport”, iniziando così una brillante carriera giornalistica. Al posto di Pennacchia e Dominici, il presidente chiama in Lega Franco Ciavatta, vicino di casa di Baldani e conosciuto dal presidente (di cui diventerà il genero dopo aver sposato la figlia Anna) per la sua grande passione per il calcio.

Gli uffici della Lega hanno il pregio di essere nel cuore della Roma antica, in via Colonna Antonina 41, alle spalle di piazza Colonna. Ma hanno il difetto di essere ristretti: poche stanze, spesso affollate di collaboratori al lavoro nella segreteria o di dirigenti ansiosi di conoscere le decisioni della giustizia sportiva o di conferire con i dirigenti federali.

CONTRIBUTO SPECIALE DALLA FIGC PER IL LAZIO

Baldani, che tutti conosceranno come “il Cavaliere”, si presenta alle società con un contributo di 3.260.000 lire avuto dalla F.I.G.C. per lo storno parziale delle spese arbitrali a carico delle società. Per la prima volta, poi, si stipula un contratto collettivo per l’assicurazione sportiva obbligatoria per i calciatori attraverso una convenzione con la Cassa Previdenza per l’Assicurazione degli Sportivi, la vecchia Sportass. La Federazione decide di concorrere alle spese per la sottoscrizione dell’assicurazione obbligatoria: le società sono chiamate a pagare 100 lire, la Federcalcio integra questa cifra con altre 145 lire.

Sul piano sportivo, le promozioni dalla I Divisione regionale alla Promozione sono ancora quattro, posti che spettano alle vincenti i tre gironi del campionato, ovvero Romulea, Di Biagio Terracina e Humanitas Roma, che poi si aggiudica il titolo regionale della stagione 1950-51 grazie ad un 6-1 rifilato alla Di Biagio. La Lega Regionale riesce a mettere in campo anche un’attività amatori (2 gironi da otto) e una giovanile, che prevede due gironi unici per le categorie Allievi e Ragazzi.

La composizione dei campionati subisce un’ulteriore modifica la stagione successiva, datata 1951-52. L’assemblea dell’8 e 9 giugno ’51 a Firenze e l’assemblea romana dei presidenti delle Leghe Regionali e Interregionali della F.I.G.C. del 15 e 16 settembre, a cui prende parte anche Enrico Baldani, varano e ratificano la delibera del Consiglio Nazionale delle Leghe per il nuovo ordinamento dei tornei federali, che andrà in vigore a partire dalla stagione 1952-53. E che prevede una drastica riduzione delle squadre che prendono parte ai campionati professionistici e la necessità di introdurre una “categoria d’elite” per i dilettanti, la Promozione appunto. In considerazione della consistenza del proprio movimento, al Lazio vengono assegnati due gironi del nuovo campionato, che porteranno le vincitrici direttamente in IV Serie; la Toscana ne avrà invece tre e la Lombardia addirittura cinque.

NASCE LA PROMOZIONE, NEL LAZIO SONO DUE I GIRONI

I due gironi da 16 squadre sono composti dalle squadre laziali partecipanti al campionato Interregionale di Promozione 1951-52 che non otterranno la promozione in IV Serie e dalle squadre prime classificate nei campionati regionali di I Divisione della stagione 1951-52, che da tre viene allargato a quattro gironi. Dai gironi a 16 squadre retrocederanno le ultime quattro classificate. La II Divisione diventa campionato a carattere provinciale e va ad inglobare l’attività Amatori. Nasce anche un campionato regionale Ragazzi (14-16 anni) organizzato direttamente dalla Lega Regionale, che si sovrappone a quello già organizzato dalla Lega Giovanile. La fase sperimentale durerà più di quanto preventivato perché il nuovo campionato diventerà motivo di contrasto, fino ad essere oggetto di un’apposita assemblea di lega sette anni più tardi.

Sul piano finanziario sono anni comunque difficili anche per il calcio, che deve fare i conti con il problema dell’omologazione delle gare, che subisce forti rallentamenti perché i referti arbitrali, per colpa anche di un servizio postale che deve ancora ritrovare efficienza, arrivano in ritardo nella sede della Lega Regionale. Le decisioni della giustizia sportiva in diverse situazioni slittano addirittura di qualche settimana e questo crea qualche difficoltà alle società stesse. Sul comunicato dell’8 aprile del ’52, per esempio, si ritrova l’omologazione di partite giocate addirittura a dicembre e in gennaio. A fine stagione i conti comunque tornano e si celebra la vittoria nel campionato di I Divisione dell’Annunziata Ceccano, imbattuta per l’intera stagione.

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L'assemblea per il rinnovo delle cariche, in scadenza di quadriennio, si svolge il 29 luglio del 1952. Enrico Baldani raccoglie 88 voti, il massimo consentito essendo 88 le società aventi diritto di voto, ed è ovviamente confermato presidente. Armando Pipparelli (80 voti) Eugenio TinelliParide MaccaroniGiuseppe Di Tommaso e Giuseppe Russo sono invece i componenti del consiglio direttivo. Rodolfo Bevilacqua è ancora consigiere nazionale, delegati regionali per il Lazio all’assemblea federale vengono eletti Enrico BaldaniMoreno TrentoGiuseppe Mattioli ed  Eugenio Tinelli. E’ Armando Pipparelli ad assumere l’incarico di segretario della Lega Regionale, mentre Giuseppe Di Tommaso diventa cassiere e Francesco D’Arienzo è confermato fiduciario regionale arbitri, anche se poi lascerà l’incarico a Renato Federici.

UN TORNEO IN MEMORIA DI ADOLFO RAMONI

L’avvicendamento avviene il 24 novembre, due giorni dopo la morte di Adolfo Ramoni, dirigente della Stefer e importante componente sia della Lega Regionale negli anni difficili della guerra, che di quella Interregionale. La domenica successiva al lutto, il presidente Baldani dispone l’osservanza sui campi di calcio di un minuto di raccoglimento, mentre il campo di via Norma è subito intitolato al dirigente scomparso.

La Lega decide poi di istituire, in memoria del suo ex segretario, un torneo post-campionato riservato alle squadre di Promozione, I e II/a Divisione. Per facilitare il riconoscimento dei giocatori, e il lavoro della giustizia sportiva in sede di lettura dei referti, il consiglio regionale stabilisce che prima della gara debba essere presentata all’arbitro una lista in duplice copia con l’elenco dei giocatori.

Il primo campionato di Promozione regionale, partito nel settembre del ’52, caratterizza e polarizza l’attenzione di un’intera stagione e sembra non volersi mai concludere. Le finali di andate e ritorno per l’assegnazione del titolo regionale determinano infatti una perfetta parità tra Sora e Sanlorenzoartiglio, che hanno comunque entrambe il posto assicurato in IV Serie. Si deve dunque giocare una prima partita di spareggio al campo Roma, che finisce 3-3 anche dopo i tempi supplementari. Viene così disposta la ripetizione dell’incontro, allo stadio Torino e questa seconda gara di spareggio finisce 3-1 per il Sanlorenzoartiglio, che risulta così essere il primo vincitore del campionato di Promozione.

SCOPPIA UN CASO DI CORRUZIONE IN I DIVISIONE

La I/a Divisione è invece caratterizzata da un caso di corruzione, su denuncia presentata il 7 maggio 1953 dell’As Cassino nei confronti dell’Asaci Isola Liri. Un dirigente isolano, secondo quanto è riportato nella denuncia, e un sostenitore della squadra avvicinano a Isernia i giocatori Delio Perna e Gaetano Bove del Cassino allo scopo di esercitare una illecita interferenza mediante compenso sul risultato della gara in oggetto in favore dell’Isola Liri. La Lega, tempestivamente informata, consente, alla presenza di un delegato federale, di mettere in atto il tentativo di illecito, situazione che consentirà di accertare la responsabilità dell’Isola Liri, che viene retrocessa all’ultimo posto nel girone C. Il dirigente isolano che ha messo in atto il tentativo di illecito (di cui non viene pubblicato il nome) è punito con l’inibizione definitiva a ricoprire cariche e incarichi sociali o federali. I tre gironi della I/a Divisione vengono vinti da Federconsorzi, Velletri e Giannisport.

Dopo gli anni dell’assolutismo, le assemblee ora sono uno dei momenti più alti per un confronto schietto e diretto tra i dirigenti federali e quelli delle società, che vivono ancora anni difficili sul piano economico. L’assemblea del 30 luglio del ’53 serve ad approvare il bilancio, ma è anche l’occasione per parlare di uno dei problemi più gravosi che le società devono affriontare: quello delle trasferte. La Lega Regionale interviene disponendo che le società ospitanti corrispondano alle ospitate un indennizzo di viaggio di 10 mila lire e qualora la società ospitata non lo riceva è autorizzata, dandone avviso all’arbitro, a non giocare la gara ottenendo la vittoria a tavolino. Per la I/a Divisione l’indennizzo di viaggio è invece fissato a 5 mila lire.

LUTTO SU UN CAMPO DI CALCIO: MUORE UN CALCIATORE

La stagione viene funestata dalla scomparsa di un giocatore della Stefer, Raffaele Di Serio, che muore a gennaio su un campo di calcio in seguito ad un incidente di gioco durante la partita Stefer-Cosmet. Dopo qualche mese (5 agosto 1954) verrà a mancare anche Giuseppe Russo, che è consigliere regionale della Lega in carica. Il suo posto sarà assegnato, nell’assemblea del 31 agosto che si svolge nei saloni dello stadio Torino, a Filippo Jacinto, che in breve entrerà in sintonia perfetta con il presidente Baldani, di cui poi ne diventerà il successore.

Nella stagione 1953-54, Marcello Finamore, che sarà il primo presidente del Comitato Provinciale Romano della Lega Regionale, entra nel Comitato Provinciale della Lega Giovanile assumendo l’incarico di segretario al fianco di Aldo De Juliis. Finamore, che poi diventerà anche consigliere regionale della Lega, porta con se nella Lega Giovanile anche Franco Dominici, che diventa addetto stampa del Comitato Provinciale Romano. Il giornalista  arriverà poi ad essere eletto nel consiglio direttivo dello stesso comitato nella stagione 1955-56, quando prenderà il posto di Ugo Pagnani.

In seguito alla riduzione del numero delle retrocessioni dal campionato di IV Serie, nella Promozione del 1954-55 vengono ripescate Almas e Stefer, appena retrocesse in I Divisione: è la prima volta che la FIGC consente il ripescaggio dei club che si sono classificati agli ultimi posti del campionato;  la fusione tra Fiorentini e Spes libera un altro posto che va al Trionfalminerva. La Viterbese, che aveva fatto domanda di partecipazione e sperava di essere ripescata, fa reclamo contro quest’ultima ammissione ma il Consiglio Direttivo della Lega respinge tutto. I viterbesi restano in I/a Divisione e afine stagione ottengono il salto di categoria arrivando secondi nel proprio girone, vinto dalla Romana Elettricità.

BOOM DI ISCRIZIONI IN II E II DIVISIONE

Nella stagione successiva, quella del 1955-56, la Romana Elettricità ottiene la promozione, ma per motivi economici non potrà prendere parte alla IV Serie. Con un provvedimento straordinario, pertanto, la Federcalcio consentirà alla società di partecipare di nuovo alla Promozione. C’è anche un caso Rieti-Viterbese, che a metà stagione reclama l’attenzione degli uffici di giustizia sportiva. L’arbitro designato per dirigere l’incontro si presenta oltre i 45 minuti di norma e così il giudice sportivo decide di far recuperare la gara perché le società, multate di 10 mila lire il Rieti e di 5 mila la Viterbese, non si erano attenute alle norme stabilite dall’art.46 regolamento ordinario. Il Rieti fa reclamo alla Caf che porta soltanto l’annullamento della multa ma non il cambiamento del risultato. C’è anche un altro fattore che in questa stagione condiziona l’attività del calcio laziale, ed è il maltempo. Le nevicate, abbondanti e frequenti, fanno infatti rinviare numerose partite e così a febbraio, per effettuare i recuperi, il consiglio direttivo della Lega Laziale decide la sospensione dei campionati per il 18 e 25 marzo, facendo così slittare di due settimane la conclusione della stagione.

Nella prima metà degli anni Cinquanta il calcio laziale fa registrare una crescita nel numero delle squadre partecipanti ai campionati regionali. Stabilizzato l’organico della Promozione (32) è la I/a Divisione, che la stagione precedente aveva avuto una lieve flessione (da 56 a 51 squadre) a registrare un boom di partecipazioni. Le società che prendono parte al secondo campionato regionale salgono infatti a 72, mentre sono 64 quelle che rendono la II/a Divisione un campionato di buon livello. Gli arbitraggi costituiscono però ancora il neo del calcio laziale, in quanto le proteste nei confronti dei direttori di gara continuano ad essere il motivo principale dei continui pellegrinaggi dei dirigenti delle società nella sede federale di via Colonna Antonina.

La stabilità arriva anche all’interno delle strutture federali, ormai assestate per il migliore funzionamento. Le assemblee della Lega Regionale di questi anni, sono tranquille riunioni nelle quali, tutt’al più, si cambia un dirigente. Accade più o meno questo il 12 dicembre del ’56, nell’assemblea che porta all’ingresso nel Consiglio Direttivo di Otkar Ricci, che subentra a Giuseppe Di Tommaso, che lascia la Lega Regionale dopo 10 anni di attività federale. Il dirigente morirà il 20 gennaio del 1959. Conferme, invece, per Armando PipparelliParide MaccaroniEugenio Tinelli Filippo Jacinto. Nuovo è il fiduciario degli arbitri: Alessandro Di Giambelardino sostituisce infatti Renato Federici. Sarà questo l’ultimo anno in cui la Lega Regionale avrà i suoi uffici in via della Colonna Antonina.

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Nell’estate del 1957, il Consiglio Federale ratifica l’entrata in vigore di un’altra mini-riforma dei campionati dilettanti, trasformando la Promozione Interregionale in Campionato Italiano Dilettanti. Il CF lancia anche l’idea di istituire un torneo tra rappresentative per comporre una Nazionale Dilettanti, che resterà tale fino a due anni dopo, quando il commissario straordinario Bruno Zauli riuscirà a metterla in atto. Il Consiglio Federale introduce poi il limite massimo per il primo tesseramento, fissato a 23 anni, mentre il limite d’età per trasferirsi ad un’altra squadra della stessa regione è stabilito a 26 anni, fermo restando i 32 anni come limite oltre il quale bisogna smettere l’attività nei campionati di Lega Regionale.

LA SEDE SI SPOSTA IN VIA ANTONIO MUSA

Il 1 agosto 1957 gli uffici della Lega Laziale lasciano definitivamente la sede di via Colonna Antonina per occupare i nuovi locali in via Antonio Musa 12/A, alle spalle di viale Regina Margherita. La sede viene inaugurata il 9 settembre con una cerimonia ufficiale alla quale prende parte (oltre al presidente Baldani, al consigliere Bevilacqua e al consiglio direttivo laziale al completo) anche il presidente della FIGC Ottorino Barassi, che aveva già voluto, qualche tempo prima, una nuova casa federale in via Allegri. I nuovi uffici occupano un intero piano (il primo) della palazzina in stile liberty a metà della via. Gli uffici sono spaziosi ed eleganti, ma con il passare degli anni, com’era già successo con la sede di via Colonna Antonina, anche questi diventeranno stretti per la crescente attività del calcio laziale.

Per trent’anni, la sede di via Musa (che si allargherà alla palazzina difronte dove verrà allocato l’ufficio tesseramenti, istituito nell’estate del ’58 dopo la decisione del Consiglio Federale di dividere il tesseramento dei calciatori dilettanti da quello dei professionisti) sarà comunque il punto di riferimento di tutto il calcio laziale, ospitando personaggi che hanno contribuito in maniera determinante alla crescita del movimento. Nella stanza del presidente passeranno oltre a Baldani, anche Filippo Jacinto ed Enzo De Angelis, mentre con l’avvento di Antonio Sbardella la sede del Comitato si trasferirà (dopo una breve parentersi nel cuore dei Parioli) in via Pollenza e poi con Melchiorre Zarelli nel palazzo ex Romanazzi di via Tiburtina.

ZAULI SCIOGLIE GLI ORGANISMI FEDERALI

Trascorso un anno dal trasferimento della Lega Regionale nel nuovo palazzo di via Musa, nel 1958 il Commissario straordinario della FIGC, Bruno Zauli, decide di sciogliere tutti gli organismi periferici per consentire la riorganizzazione dell’intera Federazione Italiana. Il presidente Enrico Baldani deve quindi lasciare la reggenza al commissario straordinario Rodoldo Bevilacqua, che nomina Armando Pipparelli, già segretario con Baldani, suo vice e Filippo Jacinto segretario. Saranno proprio questi due dirigenti a condurre poi per mano il Comitato Regionale fuori dalla crisi fino a portarlo ad un assetto ottimale negli anni Settanta.

I cambiamenti nella Lega Regionale vengono portati a conoscenza delle società nell’assemblea che si tiene nel Teatro delle Muse del Dopolavoro Ferroviario in via Forlì a Roma. “Chi è veramente sportivo, chi ama il calcio – è il messaggio inviato da Zauli per motivare la sua opera e chiedere la cooperazione – oggi più che mai può dare in opera e sentimenti il suo più valido contributo alla desiderata rinascita. Chi è veramente sportivo – e mi auguro lo siate tutti – chi ama sinceramente il calcio, deve trovare in sè la forza di moderare gli inevitabili egoismi con quello spirito di socialità che è alla base del bene comune. Ponendo l’interesse nazionale al di sopra di ogni singolo “campanile” dobbiamo tutti lavorare, nel nostro ambito di sport, per l’Italia che insieme ci unisce nel cuore e nello spirito”.

Bevilacqua, costituisce subito la commissione impianti sportivi (formata da Paride Maccaroni, Lionello Cianca e Nicola Zoppo) che si mette a disposizione delle società per l’espletamento di tutte le pratiche inerenti gli impianti sportivi, mentre va in vigore la disposizione che obbliga la presentazione, al momento del tesseramento, del certificato di “sana costituzione fisica”, rilasciato dalla Federazione Italiana Medici Sportivi. I calciatori al di sopra dei 32 anni, invece, per giocare devono invece presentare ad inizio della stagione un apposito certificato medico. Una disposizione che resterà in vigore per dieci anni.

VARATO IL PROTOCOLLO PER L'INGRESSO IN CAMPO

Zauli mette mano anche all’organizzazione dei campionati. Immutato il Campionato Italiano Dilettanti (la vecchia Promozione) è la I/a Divisione a dover ridurre l’organico, che passa da 65 a 56 squadre: i gironi sono quattro, formati ognuno da 14 squadre; le vincenti disputano la finale per il titolo di categoria. In questa stagione, vengono definite, con un apposito comunicato, le moalità d’ingresso in campo delle squadre, che “entreranno in campo contemporaneamente di corsa e, ciascono in fila indiana, raggiungeranno la metà campo schierandosi di fronte alla tribuna centrale; a destra la squadra ospite ed a sinistra la squadra ospitante. Tra le due squadre, al centro, prenderà posto la terna arbitrale con i capitani rispettivamente a destra e a sinistra”.

Durante tutta la stagione 1958-59 il Commissario straordinario Bruno Zauli indice moltissime riunioni a Roma e non solo, convocando i commissari regionali da lui stesso nominati il 6 ottobre del 1958 (due non accetteranno e saranno sostituiti) e presentati in una conferenza stampa convocata due giorni dopo. Oggetto di discussione (e litigio) è il nuovo ordinamento da dare al calcio italiano, a cominciare dalla proposta di abolizione del vincolo per i ragazzi, idea che viene subito fatta cadere nella riunione del 1 ottobre a Bologna, facendo invece prevalare la trasformazione del vincolo da vitalizio e triennale. Si decide anche di far cessare le promozioni dal settore dilettantistico a quello professionistico e far passare l’idea di creare un settore dilettantistico a compartimento stagno, che viva per proprio conto, assegnando uno scudetto come massimo traguardo. Due decisioni che verranno riformate non appena sarà costituita la Lega Nazionale Dilettanti.

SI ORGANIZZA IL PRIMO TORNEO DELLE REGIONI

Se da una parte Zauli è fortemente impegnato a riscrivere le regole del calcio, dall’altra il Commissario straordinario della FIGC non distoglie l’attenzione dal calcio giocato, proponendo alcune interessanti novità. Prima di varare il nuovo ordinamento federale Zauli vara infatti il progetto di organizzare un grande torneo nazionale per le rappresentative regionali delle Leghe. E’ il Torneo delle Regioni, che viene intotolato all’ex dirigente della FIGC, nonchè segretario generale, Zanetti e sarà poi accostato ai nomi di altri due grandi dirigenti federali: Artemio Franchi e Antonio Sbardella.

Spetta alla Lega Regionale Laziale essere investita della prima organizzazione della manifestazione, che si tiene a Roma nella settimana che va dal 22 al 31 gennaio 1959. La cerimonia d‘apertura si tiene allo stadio Tre Fontane, inaugurato proprio per l’occasione, mentre le squadre partecipanti sono ricevute in Campidoglio dal sindaco di Roma. La Lazio, che viene sensibilizzata come altri enti e società, per celebrare l’avvenimento mette a disposizione dei vincitori due medaglie d’oro. La Lega Laziale concede l’uso di sei campi da gioco per le gare: il Motovelodromo Appio, il campo Roma, l’Omi, il Valco S.Paolo, il Tor di Quinto e due impianti all’Acqua Acetosa. La finale del torneo, vinta dal Lazio, si gioca allo stadio Olimpico il 31 gennaio 1959.

Il nuovo regolamento e il nuovo Statuto vanno in vigore dal 1 luglio 1959, dopo aver ricevuto l’approvazione del CONI. Il 3 luglio, pertanto, Zauli decide quindi di sciogliere il Consiglio Centrale Dilettanti, da lui costituito un anno prima, per istituire la Lega Nazionale Dilettanti (la terza lega italiana dopo quella professionisti e semiprofessionisti), a capo della quale viene chiamato l’ingegner Carlo Di Nanni, che però resterà in carica poco più di un mese. Il 9 agosto del 1959, infatti, le società chiamate a votare in assemblea indicano all’unanimità il nome dell’ex presidente della FIGC Ottorino Barassi quale primo presidente della Lega Dilettanti.

LE LEGHE REGIONALI TORNAO A CHIAMARSI COMITATI

Nel nuovo ordinamento calcistico, Zauli ha previsto che le Leghe Regionali riacquistino la vecchia denominazione di Comitati Regionali e che la Lega Giovanile sia trasformata in “Settore Giovanile”, con il preciso compito di gestire l’attività dei calciatori fino all’età di 18 anni, riacquistando così una dimensione che era andata perduta. Zauli “sdoppia” anche i Comitati Provinciali, che hanno quindi due “anime”: una di settore dilettanti e una di settore giovanile. Il vecchio CITA viene abolito e al suo posto nasce il CAR, la Commissione arbitri regionali.

La prima assemblea elettiva della Lega Dilettanti segna dunque il passaggio ufficiale dell’attività del calcio dilettantistico da una gestione diretta con la Federcalcio ad un’attività decentrata affidata. Poco dopo si svolgono anche le elezioni regionali, che portano, o meglio riportano, alla presidenza del Comitato Regionale Laziale Enrico Baldani, dopo il periodo di commissariamento di Rodolfo Bevilacqua, che torna a far parte del Consiglio Federale presieduto da Umberto Agnelli, nuovo presidente della FIGC. Zauli saluta le società con un messaggio pubblicato sul comunicato ufficiale in cui plaude al “ritorno alla normalità di ogni organo o settore operativo”.

PIPPO JACINTO ELETTO PER LA PRIMA VOLTA

Nel Consiglio Direttivo del Comitato Regionale vengono eletti anche Filippo Jacinto (che diventa segretario), Giuseppe Garuti, Armando Pipparelli e Umberto Tutinelli, che un anno dopo sarà sostituito da Lamberto Benigni. Vicesegretario è nominato Armando Andreani, mentre Angelo Sansoni, ex calciatore e già dirigente di spicco del calcio viterbese, è nominato presidente della neonata Commissione giudicante, a cui vengono affidate le decisioni della giustizia sportiva, di cui fanno parte anche Cesare Taurelli, Eugenio Tinelli, Natale Sbordoni e Nicola Zoppo. Commissario tecnico regionale viene nominato l’ex consigliere Otkar Ricci, il tecnico sul campo è Alberto De Rosa.

Il 9 ottobre del 1959 nasce ufficialmente il Comitato provinciale di Roma del Comitato Regionale, a cui viene affidata l’organizzazione del campionato di Seconda categoria. Primo presidente provinciale è Marcello Finamore, già consigliere regionale e già segretario del Comitato Provinciale della Lega Giovanile insieme a Ugo Pagnani: entrambi si erano dimessi da quest’ultimo incarico il 23 dicembre dell’anno prima proprio per andare ad assumere l’ìincarico di commissario del Commissariato provinciale romano, voluto da Zauli. Finamore, nella stagione 1958-59, è stato anche responsabile della rappresentativa di quartiere del campionato Giovanissimi; quella delle rappresentative di quartiere era una soluzione voluta dallo storico presidente del CP romano della Lega Giovanile Aldo De Julis per avere una selezione capillare dei migliori giovani su tutto il territorio capitolino. Insediati il nuovo Comitato Regionale e i nuovi organismi locali, viene deciso di unificare il comunicato ufficiale, che comprende sia le decisioni dell’attività regionale che di quella provinciale. I giudizi e le omologazioni delle partite sono decisioni assunte a Roma dalla Commissione giudicante, mentre ai Comitati Provinciali (Frosinone, Latina, Rieti e Viterbo) è delegata soltanta l’organizzazione dei campionati provinciali di Terza serie (che non prevede promozione, essendo possibile per le società di nuova costituzione iscriversi direttamente alla 2^ Categoria) e dell’attività amatoriale, che torna ad essere regolamentata.

Sul piano tecnico, i campionati cambiano denominazione, lasciando il vecchio suffisso di “Divisione” per quello di “Categoria”. L’inizio del primo campionato di I/a categoria laziale slitta però al 4 ottobre, rispetto al “mese di settembre” stabilito dalla FIGC, a causa delle difficoltà incontrate dal Comitato nel completare gli organici dei quattro gironi, che saranno poi vinti da Civitavecchiese, Stefer, A.Be.T.E. e Terracinese. Il 1959 è l’anno dell’affiliazione del Tor di Quinto, che nasce in piazzale Ponte Milvio, e dell’unione tra Almas SCE e Cosmet C.G., che danno vita all’Appio Latino Metronio Associazione Sportiva, ovvero l’Almas.

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Nell’estate del 1960 nascono ufficialmente i Nuclei Addestramento Giovani Calciatori, precursori delle scuole calcio. “I Nagc si prefiggono lo scopo di raggiungere la più larga divulgazione della pratica calcistica, il reclutamento e l’addestramento tecnico del maggio numero possibile di giovanissimi ed il loro razionale avviamento all’attività agonistica federale”, viene  scritto nell’atto costitutivo. Per far nascere un NAGC, le società devono rispettare a due requisiti: avere almeno tre anni di affiliazione e partecipare ad un campionato federale. Due le classi di età interessate: dai 10 ai 12 anni e dai 12 ai 14 anni. Obbligatorie almeno due lezioni settimanali per un totale di cinquanta lezioni annue. I NAGC vengono istituiti anche nel settore dilettantistico, subordinando però l’iscrizione e la partecipazione al campionato junior.

FAUSTI TRANI DIVENTA RESPONSABILE RAPPRESENTATIVE

Sempre nell’estate del ’60 nel consiglio del Comitato Provinciale del Settore Giovanile entra Enzo De Angelis, mentre Fausto Trani viene incaricato di selezionare i calciatori per la Rappresentativa del Settore Giovanile. Il nome di Trani sarà sempre associato, anche quando il dirigente entrerà nel direttivo del Comitato Regionale, a quello di responsabile delle rappresentative, un ruolo che Trani amava in modo particolare. Insieme a Trani, collaboravano all’allestimento delle rappresentative, con diversi ruoli, anche Lamberto BenigniAlberto De Rosa e Enzo De Angelis. Il Comitato Regionale delibera poi una riduzione dei gironi del campionato, che nelle ultime due stagioni era stato articolato su 4 gironi da 14 squadre.

La delibera dà seguito alla disposizione della Lega Nazionale Dilettanti, che aveva chiesto una progressiva riduzione degli organici del principale campionato regionale, sia per riqualificare il campionato stesso, sia per assecondare un più vasto progetto di riforma che sarà attuato tre anni dopo. Il presidente Baldani e il suo consiglio decidono quindi che dalla stagione 1961-62 i gironi di I categoria da quattro scendano a tre (ma da 16 squadre ciascuno) e l’anno dopo si riducano addirittura a due sempre da 16 squadre ognuno.

A fine stagione, pertanto, le prime 10 classificate dei quattro gironi del campionato 1960-61 saranno ammesse di diritto alla I/a Categoria, mentre il ruolo di 48 squadre verrà completato da eventuali società retrocesse dalla serie D, il cui numero condizionerà anche il numero delle società promuovende dalla II categoria. Al termine della stagione 61-62, invece, la riforma prevede che si qualifichino alla I/a categoria della stagione successiva le prime nove classificate dei tre gironi; completeranno il ruolo delle 32 squadre le retrocedende dalla serie D e le promosse dalla II/a categoria.

L'IMPROVVISA SCOMPARSA DI ENRICO BALDANI

Il calcio laziale affronta uno dei momenti più tristi della sua storia a fine 1961, quando improvvisamente viene a mancare il presidente del Comitato Regionale, Enrico Baldani. E’ la prima volta che il calcio laziale si trova a dover affrontare una situazione simile che, per un triste destino, sarà vissuta altre due volte quando scompariranno, mentre erano ancora in carica, Enzo De Angelis e Antonio Sbardella.

Enrico Baldani muore il 4 novembre del ’61 al Policlinico di Roma, dopo essere stato ricoverato d’urgenza in seguito ad un infarto. Il presidente si sente male all’uscita di un ristorante in via Veneto, dove ha cenato con un pasto frugale a base di pasta e formaggi insieme ad alcuni amici del mondo del calcio per festeggiare il passaggio in IV serie dell’arbitro romano Falloni. Baldani non ama le cene fuori casa, ma quel venerdì sera (giorno in cui in tv viene trasmessa una commedia, genere che non è la passione del presidente) cede all’invito dopo molte insistenze.

Grande è la commozione che pervade tutto il movimento calcistico laziale e nazionale. I giornali riportano nelle pagine nazionali la notizia della scomparsa del presidente, arrivata poco dopo l’addio del noto arbitro internazionale Vincenzo Orlandini, già commissario della CAD e presidente dell’AIA di Roma. Il “Messaggero”, nella pagina sportiva del 5 novembre definisce lo scomparso presidente del Comitato Regionale “autentica figura di sportivo, scrupoloso, signorile e modesto in ogni suo atteggiamento, forte di qualità morale che gli valsero sempre la stima e il rispetto di quanti lo conoscevano”. Il Consiglio Direttivo del Comitato, in segno di profondo cordoglio per l’immatura scomparsa del proprio presidente, decide che il 12 novembre le squadre scendano in campo con il lutto al braccio e venga osservato un minuto di silenzio.

ARMANDO PIPPARELLI DIVENTA REGGENTE

Con la morte di Baldani viene nominato reggente temporaneo Armando Pipparelli, altro dirigente dall’alto profilo morale che fino al 20 dicembre manda avanti con capacità l’attività del Comitato Regionale. Dopo un mese, però, la Lega Nazionale nomina di nuovo Rodolfo Bevilacqua commissionario straordinario, affidandogli così il periodo di transizione fino alle elezioni fissate a fine stagione. Il dirigente federale, pur con il Consiglio direttivo decaduto, continua ad avvalersi del lavoro dei consiglieri, che vengono tenuti all’interno del Comitato con altre funzioni: Filippo JacintoAngelo Bonincontro e Ugo Pagnani si occupano infatti della gestione della segreteria; ad Armando Pipparelli viene affidata l’amministrazione, mentre Giuseppe GarutiLionello Cianca e Paride Maccaroni si occupano di campi sportivi. Aldo PasqualiLamberto Benigno e Franco Ciavatta vengono invece incaricati di sovraintendere ai comitati provinciali, al regolamento e all’organizzazione tecnica.

Le elezioni per il nuovo consiglio direttivo vengono indette per il 22 luglio 1962, ma già dal mese di gennaio Bevilacqua decide di “liberare” i collaboratori del Comitato dagli incarichi assegnatogli per consentire loro di proporre la propria candidatura. Filippo Jacinto, com’era nelle previsioni e negli auspici di tutti, diventa presidente, mentre alla segreteria viene proposto e votato il nome di Enzo De Angelis, che viene scelto per le sue qualità organizzative già messe al servizio del Comitato Provinciale di Roma. Consiglieri vengono invece eletti Lamberto BenignoAlberto BoniventoFranco CiavattaMarcello FinamoreEzio LucchettiEnrico Lupo e Domenico Molinini. Per l’ultima stagione Angelo Sansoni è presidente della Commissione giudicante, che la stagione dopo sarà affidata ad Armando Pipparelli.

COMMISSIONE DI STUDIO SUI CAMPIONATI

Nel 1962-63 i Comitati Regionali vengono trasformati in “organi di funzionamento regionale della Lega con dirigenti nominati, mentre le società, attraverso una consulta regionale (eletta ogni due anni dall’assemblea regionale e composta da un numero di consiglieri variabile in rapporto al numero di squadre) manterrebbero i rapporti con il Comitato”. Prima dell’inizio della stagione, nel Lazio viene formata una commissione di studio sui campionati, composta da alcuni presidenti di società e presieduta dal segretario Enzo De Angelis: l’insediamento avviene il 4 agosto e i risultati che scaturiranno daranno il via al progetto di riforma che verrà attuato qualche anno dopo dalla Lega Nazionale Dilettanti.

Per ricordare degnamente la figura del compianto presidente del Comitato, il cavalier Enrico Baldani, scomparso da un anno, viene organizzato un torneo a carattere regionale a cui partecipano squadre di I/a, II/a e III/a categoria. La prima edizione è vinta dall’Invictus Terracina, che in finale batte il Rieti 5-4 dopo i calci di rigore. La rappresentativa regionale è ancora affidata ad Alberto De Rosa, che si avvale sempre della supervisione di Otkar Ricci, mentre il consigliere federale Rodolfo Bevilacqua diventa responsabile della squadra nazionale dilettanti. Vengono nominati anche degli osservatori provinciali: Giovanni Mayer a Frosinone, Olferino Di Spigno a Latina, Giacomo Berardi a Roma e Nazzareno Caporossi a Viterbo.

CRESCE IL BILANCIO DEL COMITATO REGIONALE

La crescita del calcio laziale negli anni Sessanta è testimoniata dalle cronache dei campionati e delle rappresentative regionali che interessano sempre di più i giornali e in particolare il quotidiano sportivo di Roma e del Lazio, il “Corriere dello Sport”, che sollecita la collaborazione del Comitato per avere le cronache delle partite. L’8 febbrario, il presidente Jacinto chiede quindi alle società laziali di indicare un dirigente al quale il Comitato può rivolgersi per raccogliere i risultati delle proprie squadre e comunicarle ai giornali. Compaiono anche i resoconti delle partite di III categoria, che vengono inviati entro il martedì pomeriggio al “Corriere dello Sport” che li pubblica il giorno dopo.

Cresce l’attenzione e cresce, di conseguenza, anche la trasparenza, amministrativa e contabile del Comitato Regionale Laziale. I rendiconti economici di fine stagione, oltre ad essere portati all’approvazione delle assemblee, vengono pubblicati sui comunicati ufficiali in modo da essere portati a conoscenza anche di quei dirigenti che non prendono parte alle assemblee. Costi e ricavi aumentano e nei bilanci, quindi, le cifre riportate sono ormai in termini di milioni di lire. L’affitto della prestigiosa sede di via Musa, l’aumento del numero dei collaboratori chiamati a lavorare negli uffici del Comitato (gli impiegati sono ancora pochissimi) e l’attività sempre più ampia fanno lievitare le spese, che nella stagione 62-63 toccano gli 11 milioni e 416.275 lire, portando il Comitato a registrare un avanzo di gestione di 142.459 lire, a fronte dei proventi che ammontano a 11.558.734 lire. Come sono lontane le cifre degli anni Venti, attestate intorno alle decine di migliaia di lire. La voce più grande nelle spese è diventata quella derivante dalla gestione del personale.

LA LIBERTAS VULSINIA PENALIZZATA

Il campionato di I/a categoria del 1963-64 è vinto dal Rieti, mentre quello di II/a è stravolto da una decisione della Caf su un tentativo di llecito a carico della Libertas Vulsinia stravolge. L’arbitro Alessandro Lucaccini di Roma, designato già dall’8 maggio 1964 per la gara tra il Vulsinia e il Mancini Civitavecchia del 17 maggio, riceve un’offerta tra le 300 e 500 mila lire da un collega di lavoro che gli chiede, a nome del presidente del Vulsinia, di agevolare il Bolsena, impegnata nel girone B della II categoria. In prima istanza il Giudice sportivo condanna il Vulsinia alla perdita del titolo di vincitore del girone del campionato, ma assolve i dirigenti del Bolsena.

La Commissione Disciplinare conferma la sentenza infliggendo sette punti di penalizzazione al Vulsinia, così il Mancini Civitavecchia viene dichiarato vincitore del campionato ed è promosso in I Categoria. In questa stagione si affaccia per la prima volta in FIGC il Paliano, che aveva iniziato a giocare a calcio subito dopo la Seconda Guerra Mondiale, disputando però, per quasi vent’anni, soltanto tornei e amichevoli. La stagione viene funestata dalla scomparsa di Eugenio Tinelli, già consigliere del Comitato e presidente del Comitato Romano nell’immediato dopoguerra, che muore nella mattinata del 4 marzo del 1964.

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Il Lazio vive un momento di grande splendore sul piano tecnico e così, per la terza volta in cinque anni la rappresentativa si aggiudica il VI trofeo Zanetti, come si chiamava allora il Torneo delle Regioni; la selezione laziale è baciata dalla fortuna perché il sorteggio le assegna il trofeo dopo che anche i tempi supplementari della finale con la Sicilia terminano in parità. In panchina c’è sempre il selezionatore Alberto De Rosa. I passi in avanti del calcio laziale vengono sottolineati dal presidente della Lega Dilettanti Ottorino Barassi, che presenzia all’assemblea di fine stagione (23 luglio 1964 nel teatro delle Muse di Roma).

BARASSI ELOGIA IL MOVIMENTO LAZIALE

Il massimo dirigente della Lega rivolge un plauso all’attività dei Comitati Regionali, mettendo il Lazio ai primi posti, nella politica del contenimento delle spese, imposto dalla congiuntura negativa dell’economia italiana. Nonostante la riduzione dei contributi federali, il rendiconto amministrativo del Comitato Regionale Lazio chiude la stagione 63-64 con un avanzo di gestione di 108.584 lire, determinato da 11.684.491 lire di proventi e  11.575.907 lire di spese.

Barassi affronta anche l’aspertto organizzativo dei campionati, che vivono ancora una fase evolutiva e che sono alla ricerca di un assetto. Il presidente della Lega sottolinea come “anche quest’anno i campionati si sono svolti con regolarità e interesse e quello di prima categoria ha anche espresso valori tecnici di notevole rilievo. L’averne limitato l’effettuazione alla fase regionale – come ormai avviene da due anni – rinunciando alla finale-nazionale, non ne ha sminuito il valore, ma accresciuta l’importanza e migliorato lo svogimento organizzativo. Un soddisfacente numero di partite – rivela poi Barassi – ha avuto il conforto di un pubblico numeroso e sempre crescente, il che dimostra che l’interesse degli sportivi non è limitato al cosiddetto calcio spettacolo, ma si rivolge anche a quella parte dell’attività con sole finalità sportive”.

Per dare forza alle sue parole, Barassi sottolinea come le limitazione dell’impiego dei calciatori imposta in prima categoria “darà certamente una migliore qualificazione al campionato stesso. Il riconoscimento dei fuori quota non modificherà la struttura sostenziale delle squadre. L’impiego dei giovani calciatori darà invece affidamento per il futuro, evitando i rischi tipici delle categorie professionisti o semiprofessioniste”.

RIMBORSI TROPPO ALTI IN PRIMA CATEGORIA

Il presidente della Lega non perde l’occasione per lanciare un monito alle società di prima categoria che rimborsano ai loro giocatori le spese in misura eccessiva, arrivando a corrispondere premi di varia natura che non sempre conciliano con le norme sui giocatori del settore. “Bisogna saper resister alle richieste – spiega Barassi – e seguire l’utile direttiva dell’addestramento dei giovani. Avere coraggio di rinunciare a richieste ingiustificate che snaturano il normale rapporto fra le nostre società e i loro giocatori”.

L'assemblea elettiva del Comitato Regionale Laziale si svolge il 10 gennaio del 1965 ed elegge per la prima volta nel Consiglio Direttivo (cinque membri, più il presidente) l’avvocato Michele Pierro, dirigente della Pro Cisterna che negli anni Novanta sarà anche vice-presidente della FIGC. L’ingresso di Pierro, scomparso nel giugno del 2004, segna un cambiamento nella struttura direttiva del Comitato, che vede uscire di scena ben tre consiglieri: l’avvocato Enzo LucchettiEnrico Lupo e il dottor Domenico Molinini, a cui il riconfermato presidente Filippo Jacinto invia un saluto sul comunicato ufficiale: “Ai consiglieri uscenti  questo Comitato, certo di intepretare anche il pensiero delle società dipendenti, desidera inviare un sincero ringraziamento per la fattiva collaborazione data”.

A fianco di Pierro ottengono la conferma nel consiglio regionale Lamberto BenigniAlberto BoniventoFranco Ciavatta e Marcello Finamore, mentre con il nuovo statuto, il segretario del Comitato Regionale non è più carica elettiva ma diventa di nomina da parte del direttivo, che può sceglierlo anche al di fuori dello stesso consiglio. La carica di segretario tocca ancora a Enzo De Angelis, che non è tra gli eletti, mentre Armando Pipparelli diventa presidente della Commissione Disciplinare, nuovo organismo di giustizia sportiva dei Comitati Regionali che prende il posto della Commissione Giudicante fino ad allora investita delle decisioni in materia di giustizia sportiva.

Insieme a Pipparelli sono chiamati a lavorare Sergio Esposito, Piero Nuzzo (membri effettivi), Domenico Andriola e Tullio Capezzuoli (supplenti). La Commissione Arbitri Regionale è invece affidata ad Antonio Scalise. Nel Comitato Provinciale di Roma presieduto dal consigliere regionale Marcello Finamore si affaccia Ruggiero Lopopolo, che entra nel consiglio e diventa subito figura di primo piano della dirigenza laziale e un riferimento per le società.

BARASSI CONFERMATO PRESIDENTE DELLA LND

L'assemblea della Lega Nazionale Dilettanti si svolge invece il 19 marzo e conferma presidente Ottorino Barassi con 1057 voti su 1076 votanti. Rodolfo Bevilacqua resta nel Consiglio Federale come rappresentante dei dilettanti per il Centro (insieme a lui c’è Renzo Lodi che ottiene 70 voti), mentre la successiva assemblea federale del 4 aprile elegge alla presidenza del calcio italiano Giuseppe Pasquale; vice sono Artemio FranchiUgo Cestani e lo stesso Ottorino Barassi.

Sul piano tecnico, sono ancora quattro i campionati organizzati dal Comitato Regionale Laziale: I/a categoria, II/a categoria, III/a categoria e campionato Riserve. In I/a categoria vincono Stefer e Latina, con quest’ultima squadra promossa in serie D. Tivoli (appena promosso dalla II/a categoria) e Cassino sono protagoniste in negativo della stagione e retrocedono dalla I/a categoria.

In III/a categoria l’attività continua a crescere in modo esponenziale perché le squadre partecipanti ai campionati, grazie anche al capillare lavoro di sensibilizzazione dei dirigenti del Comitato Regionale Laziale, passa infatti da 121 a 168 squadre. La punta massima di squadre partecipanti in questa categoria (base di partenza di tutta l’attività dilettantistica regionale) si riuscirà a toccarla nella stagione 1966-67, quando saranno 246 le squadre iscritte al campionato. Un salto in avanti imponente, se si pensa che nella stagione 1962-63 la III/a categoria laziale aveva avviato la crescita partendo da 52 squadre.

LA FIGC CAMBIA LA STRUTTURA DEI CAMPIONATI

Conclusa la lunga fase che porta al rinnovo delle cariche federali nazionali e regionali, a fine stagione 1964-65 arriva anche una revisione della struttura dei campionati federali, già stabilita nel corso dell’assemblea straordinaria di un anno prima. La decisione di modificare l’articolo 25 del Regolamento Organico (quello che stabilisce la struttura dei campionati) viene assunta il 4 agosto del 1965 e ribadita nel comunicato ufficiale FIGC del 29 agosto: “Dalla stagione 1967-68 – si legge – sarà messa in atto una riforma dei campionati, mentre la stagione 1966-67 diventerà di qualificazione al nuovo ordinamento dei campionati”. Il nuovo ordinamento proposto dalla Lega Dilettanti prevede l’allargamento della serie D e l’istituzione della Promozione, nuovo campionato che si colloca al di sopra della I/a categoria e diventa così la porta di accesso alla serie D. La Lega, con questa riforma vuole conferire una fisionomia precisa alle diverse categorie, fino ad allora molto flessibili nei meccanismi di entrata e uscita, limitando così alla sola III/a categoria la composizione degli organici in base al numero di squadre iscritte.

La FIGC stabilisce anche le date di questo percorso a tappe che si dovrà concludere due anni dopo: la prima scadenza è fissata al 30 giugno 1966, data entro la quale la Lega Dilettanti, esaminate le proposte dei Comitati Regionali, delibererà la struttura di tutti i campionati dei singoli Comitati; la seconda scadenza è fissata al 15 settembre 1966, quando la Lega preciserà i meccanismi di promozione e retrocessione che si renderanno necessari per passare alla nuova struttura dei campionati; infine, entro il 20 agosto 1967 dovranno essere emanati i termini per completare gli organici (in base a promozioni e retrocessioni dovranno essere assegnati altri 33 posti) della nuova struttura dei campionati.

TABELLONE UNICO PER LA COPPA ITALIA: 14 POSTI AL LAZIO

Contemporaneamente alla riforma dei campionati, viene “riformata” anche la Coppa Italia, che riparte da un tabellone nazionale di 256 squadre, appartenenti ai 18 comitati secondo una distribuzione che al Lazio assegna 14 posti (verranno ammesse le prime sette classificate dei due gironi di I categoria). La nuova coppa partirà dalla stagione 1966-67 e assegnerà alla squadra vincitrice, oltre al titolo di Campione d’Italia Dilettanti anche uno scudetto che la squadra vincitrice potrà portare sulle maglie la stagione successiva. Nella stagione 1965-66 viene modificato anche il regolamento organico per quanto concerne i trasferimenti nelle liste suppletive di novembre, stabilendo che in questa fase possono essere trasferiti o svincolati i giocatori che non hanno mai preso parte alle gare di campionato nella prima squadra della società di appartenenza. Mentre possono essere trasferiti, ma in una serie diversa, quei calciatori che hanno preso parte alle gare di campionato di prima squadra prima del 31 ottobre.

Il primo passo verso l’ennesima riforma dei campionati, nel Lazio viene compiuto il 4 settembre del 1965, quando il Comitato Regionale, secondo le disposizioni impartite dalla Lega Dilettanti, convoca una riunione in via Antonio Musa per raccogliere le indicazione delle proprie società. Nella riunione, oltre ad un approfondito esame della situazione, il Comitato chiede ai partecipanti di rispondere in merito a tre importanti quesiti: 1) l’attuale strutturazione dei campionati risponde alle esigenze delle società della regione? 2) nel caso contrario, quale diversa strutturazione dovrebbe darsi al campionato di I Categoria, in relazione anche agli altri campionati ad esso collegati? 3) quali altri suggerimenti possono essere dati per realizzare una migliore strutturazione dei campionati dilettanti?

Alla riunone partecipano meno del cinquanta per cento delle società di I/a categoria, ovvero 15  presidenti o loro delegati, su 32. Dopo un’ampia discussione, che dura quasi due ore, metà dei presenti si dice favorevole all’istituzione nel Lazio di un girone di eccellenza da collocare davanti la I categoria, “per garantire una più alta qualificazione del campionato e garantire la promozione alla serie D alla vincente il girone”. L’altra metà si mostra invece favorevole alla conformazione dei campionati in vigore, adducendo motivazioni di carattere economico e logistico. Tutte le società partecipanti però concordano sul fatto che ad entrambe le squadre vincenti i due gironi di I categoria dev’essere garantita la promozione in serie D. Dopo la riunione di settembre (in cui viene stabilito che ogni società invii al Comitato 16 tessere omaggio, da girare alle altre società del raggruppamento per facilitare l’acceso ai campi da gioco) la Lega Dilettanti, vista l’intesa attività assembleare della stagione precedente, concede ai Comitati Regionali la facoltà di non far svolgere le assemblee ordinarie stagionali. E il Lazio si avvale di questa facoltà.

SI PARLA DELLA SOSTITUZIONE ANCHE DEL PORTIERE

Nella stagione 65-66 si cominica a parlare di sostituzione del portiere anche per i dilettanti, regola che verrà applicata a partire dalla stagione successiva. Viene poi introdotta la regola dei “fuori età” (ovvero la limitazione all’impiego nelle squadre di due calciatori al di sopra dei 27 anni) nei quali però non rientra la figura dei “fuori quota” (o fedelissimi), calciatori tesserati sempre per la stessa società per almeno quattro stagioni di fila. Il nuovo limite per l’impiego dei calciatori rischia di diventare un aggravio per il lavoro degli uffici tesseramenti e così la Lega stabilisce che le società sono sì tenute, anno per anno, a chiedere il riconoscimento di tale status per i giocatori che rientrano in queste caratteristiche; ma stablisce anche che in caso di partecipazione alla gara in assenza di tale richiesta non verrà riconosciuta la perdita dell’incontro in cui il calciatore è stato impiegato. Per i trasgressori vengono stabilite soltanto delle sanzioni amministrative. I limiti d’età saranno poi “ritoccati” negli anni successivi, portando prima  a sei, poi a cinque e infine di nuovo a quattro il limite dei calciatori al di sopra dei 27 anni. Il Comitato Laziale stabilisce che la richiesta del riconoscimento del particolare status debba essere inoltrata entro il 10 settembre, data in cui i dirigenti federali regionali compileranno lo speciale elenco che farà fede per tutta la durata della stagione.

La spinta a far giocare i giovani, nel Lazio viene accentuata dal presidente Jacinto, che insieme al Consiglio Direttivo decide di istituire l’obbligo per le squadre del Comitato di partecipazione ai campionati di settore giovanile o a un torneo riserve. Le iscrizioni però scarseggiano e allora Jacinto istituisce un girone di III/a categoria riservato a squadre riserve di I/a e II/a categoria. Il campionato suscita subito entusiasmo, forse anche troppo se poi il presidente del Comitato si vede costretto, a causa dei troppi episodi di violenza nei confronti degli arbitri, a richiamare all’ordine le società, minacciandole di provvedimenti: “Questo Comitato – si legge in una lettera inviata a tutte le società – non può che stigmatizzare tali episodi che, tra l’altro, creano dei seri inconvenienti in seno alla nostra organizzazione, soprattutto per il problema che maggiormente ci assilla, ovvero il reclutamento di nuove leve arbitrali. Il campionato di III categoria all’atto della sua istituzione aveva degli scopi ben definiti miranti all’inserimento nell’organismo federale di nuove società desiderose di svolgere la pratica del giuoco del calcio. L’aver dato ai campionati di III categoria una struttura organica analoga a quella esistente per le altre due categorie non ha però portato, per quanto sta avvenendo, a quei risultati che questo Comitato si era prefisso. Richiamiamo pertanto tutte le società ad una maggior senso di responsabilità sportiva, significando che, perdurando questo stato di cose, il Consiglio Direttivo sarà costretto a rivedere la struttura dei campionati di III categoria”.

A vincere il campionato di I/a Categoria della stagione 1965-66 sono la Viterbese e l’Alatri: i ciociari vincono poi la finale per il passaggio al campionato di serie D della Lega Nazionale Semiprofessionisti.

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La stagione 66-67 si apre con la nuova Coppa Italia, manifestazione a carattere nazionale (prima fase in regione, poi scontri interregionali e finale unica) voluta dalla Lega per promuovere e favorire i contatti tra le realtà calcistiche su tutto il territorio nazionale. Tocca al presidente del Cr Laziale, Filippo Jacinto, assumere la presidenza del Comitato di gestione che ha sede in Roma. In base al numero di squadre concesso dalla Lega (14), il Comitato Regionale Laziale ammette a partecipare alla manifestazione le squadre classificate ai primi sette posti nei due gironi di I/a categoria del 1965-66, esclusa l’Alatri promossa in serie D.

ALMAS ROMA PRIMA LAZIALE A VINCERE LA COPPA ITALIA

Così, le prime laziali ammesse sono Viterbese, Romulea, Almas, Omi, Tor di Quinto, Vivace Grottaferrata, Vulsinia, Libertas Bolsena, Stefer, Sezze, Acicalcio, Formia, Sora e Atac. Il posto dell’Alatri sarà poi assegnato per sorteggio all’Isola Liri (che è più fortunato rispetto al Nettuno), mentre il Frascati (favorito dal sorteggio rispetto alla Civitavecchiese) prenderà il posto della Viterbese, che rinuncerà a partecipare. La prima squadra laziale a vincere il trofeo, sarà l’Almas nella stagione 1968-69: nella finale giocata all’Olimpico i biancoverdi batteranno la Parmense, l’attuale Parma calcio si serie A.

Il Consiglio Direttivo della Lega Dilettanti, ad inizio stagione 1966-67 delibera di autorizzare la sostituzione del portiere in tutte le gare dei campionati dilettanti e della Coppa Italia. Il Consiglio Federale della FIGC, invece, dal 1 luglio 66 istituisce una nuova figura, quella del Giudice sportivo per i campionati dilettanti, che diventa organo di giudizio di primo grado mentre la Commissione Disciplinare, che aveva preso il posto della Commissione giudicante, diventa organo di giudizio di secondo grado. Armando Pipparelli, la cui esperienza e competenza è diventata un baluardo per l’attività giuridica del Comitato Regionale, viene confermato alla presidenza della Disciplinare, organismo in cui entra anche Cesare Mazza, che di Pipparelli ne sarà il successore.

MARTORELLI DIVENTA CT DELLA RAPPRESENTATIVA

Le nomine degli organi giudicanti arrivano dopo l’assemblea regionale dell’estate del ‘66, a cui prendono parte 78 società su 113 aventi diritto, in contemporanea con la scelta del tecnico per la Rappresentativa regionale, affidata al consigliere regionale Fausto Trani: l’incarico tocca a Gianni Martorelli (che poi diventerà responsabile dei corsi per gli allenatori del Comitato Regionale), ex calciatore della Lazio e per tantissimi anni del Lecco.

Di quella rappresentativa fa parte anche Piero D’Innocenzo, giocatore dell’Omi che poi diventerà apprezzato arbitro di serie A e B ed è oggi consigliere del Comitato Regionale Lazio, dopo essere stato presidente della sezione Aia di Ciampino e delegato regionale del calcio a cinque. Vengono formate anche delle Rappresentative di III/a categoria, che si affrontano tra loro in un torneo provinciale che assegna in appena tre giorni (gare in notturna sul campo dell’Ina-casa) il trofeo intitolato al dirigente del Comitato Eugenio Tinelli.

A complicare la stagione 1966-67 sui campionati piombano alcuni casi di illecito sportivo, che costringono Armando Pipparelli ad usare la mano dura nelle sue decisioni; esemplare la punizione di 7 punti comminata all’Almas per un tentativo di corruzione perpretato ai danni dei giocatori della Civitavecchiese Alberto Mantovani e Fernando Borrelli, da parte di un dirigente dell’Acicalcio e dell’allenatore dell’Acilia. La Civitavecchiese vincerà poi il proprio girone, ma sarà sconfitta nella finale regionale di I categoria vinta 1-0 dalla Romulea: entrambe, però, accedono al campionato di serie D.

FUORIQUOTA, IL LAZIO PORTA IL NUMERO A SEI

La normativa dei “fuoriquota” viene cambiata nella stagione 1967-68. La Lega stabilisce che nelle gare del nuovo campionato e della I Categoria alle società venga fatto obbligo di impiegare non più di 3 giocatori (contro i due di prima) al di sopra dei 27 anni, ma il presidente Jacinto, insieme ad altri presidenti, si fa carico di un’istanza delle società per portare a quattro il numero dei fuori età; l’istanza viene accolta soltanto in parte, perché viene deciso di far partire il provvedimento dei quattro “fuoriquota” dalla stagione successiva.

Il Consiglio Direttivo del Lazio, non soddisfatto, con un colpo di mano decide comunque di alzare, autonomamente, addirittura a sei il numero dei “fuoriquota” nelle partite di Promozione e I categoria. Le società laziali plaudono l’iniziativa del loro presidente, ma chiedono comunque di considerare “eccezionale il provvedimento” e di discutere i termini esatti dei limiti in un’apposita assemblea. Jacinto non ritiene opportuno accettare la richiesta, ma concede comunque alle società la possibilità di indire, nel mese di gennaio, un sondaggio per ridiscutere la norma e la sua eventuale applicazione per la stagione successiva.

Dal sondaggio emergono pareri contrastanti, che spingono il Consiglio Direttivo ad un compromesso: nella riunione del 31 marzo ’68 viene infatti stabilito che a partire dalla stagione 1968-69 possono essere impiegati cinque “fuoriquota”, mentre nel ‘69-70 questi diventeranno quattro.

I NAGC VENGONO CONTROLLATI DAL COMITATO

Nella stessa stagione, ai Comitati Regionali viene dato il controllo sulla validità dei NAGC, mentre le società chiedono di poter prendere parte con le squadre riserve al campionato di III/a categoria. L’istanza non viene però accolta dal Comitato per ragioni organizzative e per garantire la regolarità del campionato stesso. Viene comunque concessa l’opportunità, qualora il numero delle squadre lo consenta, di istituire un girone riserve che non dà diritto alla promozione in II/a categoria.

La mancanza di arbitri e le conseguenti difficoltà a garantire continuità nell’attività agonistica (numerose sono le gare rinviate per assenza o per mancata designazione del direttore di gara) spingono il Comitato a prendere una clamorosa decisione a fine 1967, disponendo la sospensione dei campionati: il 24 dicembre si ferma la I/a categoria, il 31 dicembre la II/a categoria, sospensioni che danno l’oppurtunità di concentrare di volta in volta su un unico campionato tutta la forza arbitrale. Un’altra sospensione al campionato di II/a categoria viene disposta il 9 gennaio ‘65, dopo che il Comitato si è trovato di fronte un elevato numero di gare da recuperare. Nelle domeniche 21 e 28 gennaio, dunque, stop alle partite del calendario proprio per consentire di effettuare i recuperi e rimettere il campionato in linea con il calendario. Uno stop viene dato anche alle richieste di guardalinee ufficiali sui campi nelle due giornate fissate per i recuperi.

JACINTO, MESSAGGIO ANTI VIOLENZA

Ad incidere sulle difficoltà incontrate dalla classe arbitrale, anche gli episodi di violenza che si riscontrano soprattutto nel campionato di III/a Categoria. “Dalla lettura dei comunicati dei Comitati Provinciali della Regione – scrive il presidente Jacinto -, si è dovuto rilevare il verificarsi di molti atti di interperanza e di teppismo in particolare nei confronti dei direttori di gara. Questi atti – riprovevoli non solo dal lato sportivo ma anche socialmente – oltre a provocare le punizioni nei confronti delle società responsabili degli incidenti causati dai propri sostenitori, vengono a creare una situazione di disagio a danno dei campionati e di tutte le società che vi partecipano. Si deve infatti tenere presente che la situazione numerica dell’organico arbitrale della Regione è già carente ed i particolari incidenti che si verificano incidono fortemente sulla possibilità di reclutamento di nuove leve arbitrali, e creano inoltre alcune situazioni di intimidazione a svantaggio delle società più discplinate. Questo Comitato – scrive ancora il presidente Jacinto – non intende permettere che, per colpa di una ristretta minoranza di società, si possa alterare il normale andamento dei campionati, di cui intende garantire anche gli sviluppi futuri, strettamente connessi al miglioramento quantitativo e qualitativo degli arbitri. Di conseguenza, pur augurandosi che il senso di sportività e la fattiva collaborazione dei dirigenti responsabili vengano già da soli ad evitare il ripetersi di incidenti, questo Comitato Regionale ha impartito precise disposizioni ai Comitati Provinciali della Regione perché venga severamente punito ogni atto di interperanza con ogni possibile sanzione disciplinare prevista dai regolamenti in vigore, compresa l’esclusione dal campionato delle società responsabile degli atti più gravi”. Una stagione così travagliata sul piano logistico sarà rivissuta soltanto a metà degli anni Ottanta, ma a causa del maltempo che bloccherà tutta l’attività dilettantistica.

Nell’assemblea del 13 luglio del ’68, le società laziali confermano alla presidenza, per il terzo mandato di fila, Filippo Jacinto; al suo fianco restano Franco CiavattaEnzo De Angelis e Michele Pierro; mentre entrano per la prima volta nel consiglio Mario Zarghetta e Sergio Esposto. Dal Direttivo escono i consiglieri Lamberto BegninoAlberto Bonivento e Marcello Finamore, ai quali Jacinto, com’era accaduto quattro anni prima, invierà attraverso il comunicato ufficiale un “ringraziamento per la fattiva collaborazione data”. Il segretario, per la prima volta secondo il nuovo regolamento della FIGC, viene nominato dal Consiglio Direttivo, che indica ancora il nome di Enzo De Angelis.

Edmondo Caira, su proposta del direttivo laziale, viene nominato dal presidente federale giudice sportivo con Massimo De Paolis, che diventerà anche vicesegretario, supplente. Luciano Colombari ottiene la nomina a Commissaio del CAR Laziale, Armando Pipparelli è confermato alla presidenza della Disciplinare, con Tullio CapezzuoliArmando Guardabasso e Cesare Mazza componenti. Sarà questa l’ultima stagione alla presidenza della commissione per Pipparelli, che l’anno dopo sarà chiamato da Jacinto a dirigere l’ufficio del giudice sportivo di primo grado e nella stagione 69-70 riceverà la benemerenza sportiva insieme a due storici presidenti provinciali come Domenico Francioni e Enrico Marzi. La Disciplinare verrà poi affidata a Cesare Mazza, che resterà presidente per più di venticinque anni.

LA TIVOLI VINCE IL CAMPIONATO MA RINUNCIA ALLA D

L'ultimo campionato di I/a Categoria che ha la veste di principale campionato regionale, viene vinto dalla Tivoli, che precede di due punti il Tor di Quinto, e dal Sora, ma per salire al nuovo campionato di Promozione vanno a concorso in tutto nove squadre, classificate dal decimo posto in poi. Alla fine restano escluse Pro Sette, Maccarese e Priverno, mentre sono amesse alla Promozione Allumiere, Fregene, Virtus Pomezia, Palestrina e Scauri. Verrà poi ammessa anche la Tivoli, che rinuncerà alla serie D per difficoltà economiche. La fine degli anni Sessanta segna anche la definitiva affermazione delle rappresentative regionali, che diventano la vetrina del calcio dilettantistico italiano.

Il Torneo delle Regioni è ormai un appuntamento tradizionale delle stagioni calcistiche ed ogni Comitato dà fondo a tutte le proprie risorse per allestire squadre altamente competitive, che siano in grado di affermarsi nel torneo, che dopo un paio di stagioni giocate a Roma, ha iniziato a girare l’Italia. Nella rappresentativa laziale di I/a Categoria della stagione 1967-68 affidata al commendador Giuseppe Mattioli, compaiono i nomi di Paolo Marchiori (Atac), Franco Ciccarelli (Omi) e Giancarlo Lupi (Fondi), giocatori allora, tecnici o dirigenti di società oggi.

E’ la stagione 1968-69 quella che manda a regime una nuova riforma dei campionati. Entra in scena il campionato di Promozione, articolato su due gironi da 16 squadre, il vertice di una piramide che vede anche una I Categoria formata da 4 gironi da 16 squadre, una II Categoria con 8 gironi da 14 squadre e una III categoria la cui composizione è determinata dal numero delle squadre iscritte. L’iscrizione alla Promozione, tra tassa di associazione, tassa di iscrizione, deposito cauzionale e deposito per conto spese tesseramento, viene a costare complessivamente 280 mila lire, partecipare alla III categoria, costa invece 100 mila lire.

ALLENATORI, OBBLIGO DI ISCRIZIONE AL SETTORE TECNICO

Contemporaneamente alla riforma, la Lega Dilettanti dispone che le società di Promozione e di I Categoria tesserino obbligatoriamente un allenatore iscritto ai ruoli del Settore Tecnico, che dovrà sedersi, insieme ai dirigenti accompagnatori e ai giocatori di riserva della squadra, su una panchina disposta lungo il lato lungo del campo. In via sperimentale, il Consiglio Federale della FIGC decide di estendere l’autorizzazione a sostituire il 13.mo giocatore anche nei campionati di Promozione e Prima categoria. Così, anche nei campionati dilettanti c’è la possibilità di sostituire un altro calciatore, oltre il portiere, durante il corso della partita. Gli obblighi per le squadre di Promozione e di I Categoria non finiscono qui: la Lega dispone infatti l’iscrizione obbligatoria di una propria squadra ad un campionato (Juniores o Allievi) del Settore Giovanile.

Nel Lazio, raccogliendo le preoccupazioni delle società, il direttivo regionale istituisce un torneo “Riserve Under 23” (formato da tre gironi, uno da nove e due da sette squadre) che permetta l’impiego di quei giovani calciatori che, avendo superato il diciottesimo anno di età, non riescono a trovare spazio nei campionati principali.

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Nel corso del 1969-70, la Presidenza Federale vara il regolamento sanitario, che va subito in vigore su tutto il territorio nazionale. Il regolamento impone che chiunque svolga attività agonistica sotto l’egida della FIGC sia sottoposto a visita medica preventiva per accertarne l’idoneità fisica. In precedenza, l’obbligo era limitato soltanto ai calciatori al di sopra dei 32 anni. La Lega Dilettanti dispone pertanto la nomina di un Fiduciario Medico in ogni Comitato Regionale. Nel Lazio l’incarico viene affidato al dottor Ignazio Caruso, che sarà affiancato dal dottor Florindo Stocchi.

LE VISITE MEDICHE DIVENTANO OBBLIGATORIE

In seguito a questa disposizione federale, vengono emanate le disposizioni per lo svolgimento delle visite mediche, che potranno essere effettuate da un medico sociali, da un medico condotto o da un medico della Federazione medici sportivi. Il costo della visita è fissato in 1.000 lire per i calciatori dilettanti e in 500 lire per i giovani calciatori, dagli juniores in giù. Nel Lazio le società incontrano subito delle difficoltà logistiche-organizzative per mettersi in regola. Il Comitato Regionale crea quindi un proprio centro medico regionale nella sede di via Antonio Musa 9. Insieme al dottor Caruso lavora nella sede del Comitato anche un’equipe medica che il martedì dopo le 19 e il sabato dopo le 18 è a disposizione delle società e dei calciatori per l’effettuazione delle visite mediche. Il centro medico diventa in brevissimo tempo il punto di riferimento per espletare l’obbligatorietà della visita medica preventiva, i cui esiti dovranno essere poi riportati in una scheda fornita dalla Federazione e che dovrà essere conservata presso il medico sociale delle società.

Nella stagione 69-70 la sostituzione del 13.mo giocatore viene estesa anche ai campionati di II/a e III/a Categoria e nasce l’attività agonistica che abbraccia la fascia d’età tra i 10 e 14 anni, giovani che possono essere tesserati annualmente nelle categorie Pulcini e Giovanissimi. Le assemblea delle società laziali si tengono ancora in via degli Astalli, che è la sede dell’Aia. Armando Pipparelli è confermato giudice sportivo, ma al suo fianco compare per la prima volta Raffaele Cipollone (che rappresentava il Settore Giovanile) in qualità di sostituto. Completano i quadri della giustizia sportiva di primo grado Massimo De Paolis e Roberto Perroccini.

Anche la Commissione Disciplinare vede la conferma di Cesare Mazza alla presidenza, con Tullio Capezzuoli (rimasto nel Comitato fino all’Era Sbardella), Arnaldo Del PesceArmando Guardabascio e Damiano Ricevuto in qualità di componenti. Vittorio Cariani è il nuovo presidente del CAR. Sergio Esposto (con Aldo De Julis presidente aggiuntivo), Antonio De Bernardis, Domenico Francioni, Angelo Marchetti e Enrico Marzi sono i presidenti dei Comitati Provinciali di Roma, Frosinone, Latina, Rieti e Viterbo. Esposto è anche consigliere regionale.

COMMISSIONE DI STUDIO PER L'ATTIVITA' DILETTANTE

Gli anni Settanta portano l’attività dilettantistica a toccare quota 6.500 società con oltre 350 mila tesserati, molti dei quali sono dei giovani calciatori. Si rende quindi necessario esaminare a fondo la situazione, formando una Commissione di studio sull’ordinamento delle strutture federali, dei campionati giovanili e sui limiti d’età per i giocatori partecipanti ai campionati della Lega Dilettanti. Ne fa parte anche il presidente del CR Laziale, Filippo Jacinto, che è anche componente della commissione tecnica per la squadra Nazionale Dilettanti affidata Romolo Alzani. A presiedere la Commissione di studio, che inizierà a lavorare nel mese di ottobre, è il cavalier Cesare Camilletti, consigliere federale.

I lavori della commissione, iniziati nel mese di ottobre 1970, si concludono con la proposta di ridurre i limiti d’età per la partecipazione ai campionati dell’attività giovanile. I nuovi limiti proposti sono: 9-12 anni per i nuclei di addestramento; 13-15 anni per l’attività allievi; 15-17 anni per l’attività juniores. A 15 anni viene invece fissata l’età minima per poter partecipare ai campionati federali. “Ridotta entro tali limiti di età l’attività giovanile, la Commissione ha ritenuto di proporre che, nell’ambito del campionato di 3^ Categoria, si costituiscano, nei Comitati dove ciò è possibile, dei gironi Under 21”, è la proposta che emerge dalla relazione finale.

La Commissione giunge anche a delle importanti conclusione sul piano della riorganizzazione dei Comitati Provinciali e dei rapporti tra la Lega Dilettanti e il Settore Giovanile. Per quanto concerne i primi, viene proposte di rendere elettiva la carica di presidente provinciale e dei componenti (numero da stabilire a seconda dei comitati), con elezioni ogni due anni, contro i quattro anni per la duranta dei mandati dei Comitati Regionali (consiglio direttivo di cinque membri in rappresentanza delle società di Promozione, I/a e II/a Categoria).

I COMITATI PROVINCIALI LND E SGS SI UNISCONO

Per quanto concerne i rapporti tra Lega Giovanile e Lega Dilettanti, viene avanzata una proposta per la creazione di Comitati Provinciali unitari, che “discende dalla necessità di addivenire, nell’esclusivo interesse di tutte le società, ad una strutturazione dell’attuale Comitato Regionale del Settore Giovanile che possa portare ad una maggiore correttezza di rapporti”, spiega la Commissione nella sua relazione. “La proposta – viene aggiunto – non si esprime in termini di assorbimento del Settore Giovanile nella Lega Dilettanti, tanto più che il Settore Giovanile, per disposizione statutarie, è organismo a sè stante con finalità che dovrebbero essere del tutto diverse da quelle della Lega Dilettanti. La proposta tende soltanto a dare agli attuali Comitati Regionale una struttura più congeniale alle finalità istituzionali e più snelle correnti”.

La sostanza della proposta si esplica nella creazione di un Comitato Regionale unico, che abbia inserito il “Settore Giovanile regionale”, il cui presidente faccia parte del Consiglio Direttivo del Comitato stesso. Da questa organizzazione deriverebbe una struttura amministrativa e organizzativa unica, che diventerà motivo di “battaglia”, molti anni più tardi. Soltanto nella stagione 1993-94, infatti, lo sportello di riferimento delle società diventerà unico, sia per l’attività dilettantistica che per quella giovanile.

Le proposte della Commissione vengono considerate “fondate e valide” dal Consiglio Direttivo della Lega che le presenta alle società nell’assemblea del 28 febbraio del ‘71, accompagnandole dal proposito di attuarle quanto prima. Le società laziali sono chiamate ad esprimere un parere sulla riforma strutturale del calcio dilettantistico in cinque distinte riunioni che il presidente Jacinto convoca in ambito provinciale. A bloccare tutto, però, nel novembre del 1971 arriva la morte del presidente della Lega Nazionale Dilettanti, Ottorino Barassi, che piomba come un fulmine a ciel sereno su tutto il movimento. Barrassi è colpito da infarto e a nulla serve il pronto ricovero in ospedale. Per sostituirlo, la FIGC manda un commissario straordinario, il consigliere federale Carlo Grassi, mentre Marcello Folena, già segretario del settore giovanile, dal 1 gennaio ‘72 diventa segretario della LND. Nello stesso anno morirà anche Giuseppe Garuti, dirigente di società laziale, presidente della Commissione Impianti sportivi della Lega e presidente della Commissione tecnica della Nazionale Dilettanti.

LOPOPOLO PRESIDENTE DEL C.P. DI ROMA

Nel 1970 Ruggiero Lopopolo viene nominato, per la prima volta, presidente del Comitato Provinciale di Roma al posto di Sergio Esposto, che due anni dopo lascerà anche il direttivo del Comitato Regionale. Lopopolo, primo presidente provinciale scelto non tra i consiglieri regionali,  inizia così il lungo cammino federale che lo porterà a ricoprire per venticinque anni proprio la carica di consigliere regionale.

Nell’organizzazione interna al Comitato del 71-72, viene sostituito un componente della giustizia sportiva di prima grado: entra Renato Nicola, mentre Nicola Macchiarella diventa commissario della Commissione Arbitri Regionale. Il Virtus Castelgiorgio (Terni) viene autorizzato a prendere parte al campionato di III/a Categoria laziale, mentre il Bomarzo ottiene l’autorizzazione inversa, cioè quella di partecipare ai campionati regionali umbri.

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Nella stagione 1972-73 le società laziali censite sono 587 con oltre 22 mila giocatori tesserati; 1265 sono invece gli arbitri inseriti nei quadri. Dati che si traducono in una percentuali di sette punti dell’attività regionale, in linea comunque con l’andamento nazionale. Testimonianza della fertilità del movimento calcistico laziale è l’istituzione, dopo una stagione di sperimentazione, del campionato “Under 21”, a cui possono partecipare le società di III/a categoria o le squadre riserve di altri campionati. Alle società vincitrici (escluse quelle Riserve) viene riconosciuta la promozione in II/a Categoria.

MULTE SALATE A CHI NON FA ATTIVITA' GIOVANILE

L’obbligo di partecipare ad un campionato giovanile (Juniores o Allievi) ai club di Promozione e I/a Categoria, viene inasprito dal Consiglio Direttivo che si concede la facoltà di svincolare d’autorità tutti i giocatori di età inferiore ai 16 anni e superiore ai 14, l’età minima per ottenere il tesseramento a vita, qualora venisse disatteso l’obbligo. Alle società del settore giovanile viene concessa la facoltà di tesserare anche calciatori stranieri, che però abbiano lo status di dilettante con la propria federazione e siano residenti in Italia.Un grande merito, in questa crescita, viene riconosciuto alle capacità dirigenziali di Filippo Jacinto, che l’8 luglio 1972 ottiene la riconferma alla presidenza per il quinto mandato di fila e che i vertici della Federazione apprezzano ogni giorno di più, tanto da coinvolgerlo nell’attività nazionale della Lega Dilettanti.

Nell’assemblea dell’8 luglio arrivano le conferme anche per Eugenio Bartolozzi e Franco Ciavatta, mentre Enzo De Angelis, che mantiene la carica di segretario, viene eletto per la prima volta nel consiglio del Comitato Regionale. Escono dal direttivo (ridotto di una unità) Mario Zarghetta, Sergio Esposto e Michele Pierro: oltre a De Angelis, subentrano anche Alberto Tribioli e Fausto Trani, responsabile delle rappresentative.

Nella prima metà degli anni Settanta nel Comitato Regionale entra Laura Mattia, l’attuale segretario del CR, che inizia a collaborare con il calcio laziale. L’orario di lavoro dei cinque impiegati allora presenti nel Comitato è molto ampio, e abbraccia l’arco di tempo che va dalle 10 alle otto di sera, ma è soprattutto di pomeriggio che si svolge gran parte del lavoro.

NEL COMITATO REGIONALE SI AFFACCIA ZARELLI

Ed è sempre di pomeriggio che negli uffici di via Musa compaiono i tantissimi collaboratori (tra questi ci sarà anche Melchiorre Zarelli, l’attuale presidente del Comitato, chiamato dal suo amico Pippo Jacinto a “dare una mano”), che fanno quasi tutti capo al segretario De Angelis, la cui competenza è riconosciuta da tutti, e a Raffaele Sciortino, che lavora nel ministero della Pubblica Istruzione ed è un ottimo scrittore. Profondo conoscitore delle carte federali, Sciortino è un costante riferimento, anche per il giudice sportivo Armando Pipparelli, al quale basta dare indicazioni sui provvedimenti assunti per poi verderli trascirtti con chiarezza sul comunicato ufficiale.

La fiduca nelle conoscenza delle norme federali di Sciortino è così ampia che quando si verificano situazioni particolari, il dirigente viene consultato senza problemi dagli organi di giustizia sportiva di primo e secondo grado. Grazie a questa sua competenza, Sciortino con l’avvento di De Angelis alla presidenza del Comitato Regionale diventerà prima segretario e poi consigliere del calcio laziale.

IL COMITATO REGIONALE SDOPPIA GLI UFFICI

La sede di via Musa, per quanto ampia e abbastanza confortevole, non è sufficiente ad ospitare tutti gli uffici del Comitato. Così, l’ufficio tesseramento, in cui lavorano l’attuale segretario dell’Interregionale Mauro De Angelis e Di Giambelardino, è distaccato nella palazzina che è proprio di fronte al Comitato Regionale: il lavoro di tesseramento è tutto manuale perché l’informatizzazione arriverà nella FIGC soltanto una decina di anni più tardi, quando nel 1982 verrà messo in funzione un cervellone elettronico chiamato “S400” che ancora oggi è il cuore del sistema informatico federale.

Nella palazzina di fronte a quella del Comitato in via Musa, c’è anche la sede del Comitato Provinciale diretto ancora da Ruggiero Lopopolo e nella quale lavora già da qualche anno come giudice sportivo Antonino Catalfamo, dirigente del Ministero della Marina, portato nel Comitato dallo stesso presidente Filippo Jacinto e convinto a sposare la “passione per il calcio” già nel suo primo giorno di lavoro al ministero. Catalfamo viene “reclutato” dal concittadino e collega di lavoro Jacinto appena arrivato da Messina, dov’è nato e si è laureato, dopo aver vinto un concorso che lo porta a lavorare nella sezione dove c’è anche il papà di Ferdinando Fanfani, che con Catalfamo dividerà il ruolo di giudice sportivo e presidente del Comitato Provinciale di Roma.

Il giudice sportivo sarà poi tra i primi in Italia ad applicare la “responsabilità oggettiva” nei confronti del Pontemammolo non per azioni violenta dei propri tifosi, ma per omissione da parte dei dirigenti della società, che davanti all’aggressione dei calciatori all’arbitro (un giovane tassista), si sono voltati dall’altra parte anziché intervenire. Una decisione giuridica che viene fortemente criticata dal “Corriere dello Sport“ ed è invece approvata dalla “Gazzetta dello Sport”, testimoninanza della controversa interpretazione che fu data all’applicazione della norma. Catalfamo diventerà presidente del Comitato Provinciale di Roma con l’avvento di Enzo De Angelis alla presidenza del Comitato Regionale, e quando Ferdinando Fanfani (che era subentrato a Ruggiero Lopopolo) era passato alla giustizia sportiva della neonata Divisione Interregionale; ma la nomina viene suggerita da Filippo Jacinto, che nutriva infinita stima per il suo conterraneo.

LA CRISI ENERGETICA E L'AUSTERITY NEL LAZIO

La presenza di numerosi dirigenti di grande spessore garantisce, in questi anni, un’attività abbastanza tranquilla per gli uffici del Comitato Regionale, impegnati a far quadrare i conti delle società, alle prese con la difficile situazione di austerity vissuta in tutta l’Italia nel 1973, l’anno della grande crisi petrolifera. Il Governo, per farvi fronte, dopo l’estate, fa scattare a sorpresa “le domeniche senza auto”, provvedimento che mette in grave difficoltà l’attività del calcio dilettanti nel Lazio, come nel resto del Paese. Ogni settimana si corre il rischio di non poter garantire il regolare svolgimento dei campionati.

Arbitri, dirigenti e calciatori vanno incontro a enormi disagi per arrivare sui campi sportivi. Il Comitato Regionale Laziale si fa ovviamente carico del problema e proponendo di anticipare al sabato tutta l’attività. Per discutere del provedimento straordinario, il 26 novembre è indetta una riunione a cui prendono parte tutte le componenti federali regionali e alcuni presidenti di società. Jacinto invia una lettera a tutte le società in cui spiega la situazione e i provvedimenti: “I noti, recenti provvedimeti governativi sul divieto di circolazione automobilistica nei giorni festivi impongono al calcio dilettantistico non solo dei sacrifici ma anche una serie di problemi, la cui risoluzione è strettamente collegata ad elementi generali (comportamento dei cittadini e delle varie categorie interessate) e ad elementi di dettaglio (organizzazione ed efficienza dei trasporti pubblici) di cui potrà essere valutata la portata solo dopo un certo periodo di esperienza”. Dalla riunione, però, emerge la volontà di mantenere salda l’identità del calcio dilettanti, continuando a svolgere l’attività nella giornata di domenica, anche per ragioni prettamente organizzative.

Il Comitato decide di tornare ad esaminare l’argomento dopo aver raccolto elementi sulle varie esperienze, aver inviato e ricevuto un questionario a tutte le società per una più approfondita conoscenza dei diversi problemi ed aver predisposto una relazione sulla situazione del Lazio che sarà portata all’attenzione del Consiglio Direttivo della Lega Nazionale Dilettanti, la cui riuione è prevista per la metà di dicembre. Malgrado le difficoltà incontrate a raggiungere i campi, anche in questa stagione non mancano gli episodi di intolleranza sportiva, che spingono il presidente Jacinto a chiedere maggiore disciplina sui campi sportivi, “perché in questo particolare momento vanno messe in evidenza le doti morali di tutti per concorrere a mantenere la nostra attività sportiva”.

I dirigenti delle società laziali, però, pur di arrivare a determinati risultati non fanno mancare uno scandalo per un tentativo di illecito sportivo nella partita Isola Liri-Nettuno, nel quale come testimone viene coinvolto anche l’avvocato Michele Pierro. La sentenza della Disciplinare penalizza di tre punti il Nettuno e radia l’allenatore del Nettuno Domenico Cappelli e il giocatore dell’Isola Liri  Mauro Clementi, ritenuti colpevoli del tentativo di illecito.

LA RESPONSABILITA' OGGETTIVA DELLE SOCIETA'

Le tasse d’iscrizione al campionato di Promozione della stagione 1974-75 è di 500 mila lire, mentre sono 365 mila le lire necessarie per partecipare alla Prima categoria. La Promozione è sempre strutturara su due gironi da 16 squadre, la Prima categoria ne ha quattro di gironi, otto la Seconda, tutti da 16 squadre l’uno. Si consolida il campionato di Terza categoria Under 23, vengono formati ben tre gironi in provincia di Roma che garantiscono il salto in Seconda categoria. Il campionato suscita così interesse che la stagione successiva il presidente Jacinto decide di allargare anche alla Seconda categoria la formazione di un girone Under 23.

NASCE LA LODIGIANI CHE FARA' LA STORIA DEL CALCIO ROMANO'

La Maia Cat cede il proprio titolo alla Lodigiani, che così fa la sua comparsa nei campionati dilettantistici, gettando le basi per diventare, nell’arco di vent’anni, la terza squadra di Roma. Il campionato di Promozione è vinto dalla Fortitudo, che però decide di rinuniciare al semiprofessionismo, preferendo restare nei dilettanti. Al posto dei rossoblù sale il Banco Roma, secondo classificato nel girone A e neo-promosso dalla I Categoria.

Anche in questa stagione il campionato è in parte condizionate dalle difficoltà con cui i referti arbitrali giungono negli uffici di via Musa. Il giudice sportivo Armando Pipparelli, che ha al suo fianco anche Carlo Calabria (oggi giudice sportivo del Comitato) e Raffaele Cipollone, esamina con ritardo i referti e le decisioni vengono quindi prese a distanza anche di qualche settimana dalla data di svolgimento della partita. Nella stessa situazione si trova anche il presidente delle Disciplinare, Cesare Mazza, che deve lavorare fino all’inizio dell’estate per esaminare tutti i ricorsi.

La Promozione continua ad essere la vetrina del Comitato anche nella stagione 1975-76. E’ il campionato che interessa di più i mass-media e anche i tifosi che sui campi fanno sentire in modo discreto, ma a volte anche deciso, la propria presenza sugli spalti. I numeri d’altronde parlano chiaro. Le società affiliate che al 30 giugno 72 erano 546, nel giro di quattro stagioni sono diventate 758, con un incremento di 212 società. “Tale incremento – scrive Jacinto nella sua relazione – ha portato contemporaneamente un notevole aumento dei giocatori tesserati che raggiungono il numero di circa 50 mila. Dati che confermano ancora una volta l’interesse allo sport calcistico anche come fatto sociale”.

C’è anche un forte incremento dell’attività giovanile, che spinge il Comitato ad abbassare i limiti del campionato under di Terza categoria, scendendo da 23 a 21 anni e di formare uno o più gironi di Under 23 in Seconda categoria. Ai gironi Under 21 di Terza potranno accedere anche le squadre riserve dei club già iscritti alla Promozione, che in caso di vittoria finale non avranno però diritto alla promozione in Seconda categoria.

Da questa stagione viene poi a cessare l’obbligo di corrispondere, alle società ospitate, l’indennizzo di viaggio che aveva caratterizzato i campionati federali dall’immediato dopoguerra. Sui comunicati ufficiali, dopo decenni di intestazione classica (soltanto la scritta) compare un logo del Comitato Regionale Lazio. E’ una “C” stilizzata che racchiude le sigle FIGC e LND.

Con la Seconda categoria allargata anche all’Under 23, nell’estate del 1976 il Comitato decide di ampliare i campionati, portando da quattro a cinque i gironi di Prima categoria e da otto a dieci quelli di Seconda. Un provvedimento che verrà ratificato nell’assemblea del 3 luglio ‘76 che si tiene nel Palazzo dei Congressi all’Eur. “Tale delibera – spiega il presidente Jacinto – si rende necessaria per il costante allargamento della base, il che comportava l’impossibilità di garantire, secondo la prassi sempre seguita da questo Comitato, la promozione alla categoria superiore delle società vincenti i rispettivi gironi. L’aumento dei gironi consente una maggiore selezione tecnica delle società”.

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Con la Seconda categoria allargata anche all’Under 23, nell’estate del 1976 il Comitato decide di ampliare i campionati, portando da quattro a cinque i gironi di Prima categoria e da otto a dieci quelli di Seconda. Un provvedimento che verrà ratificato nell’assemblea del 3 luglio ‘76 che si tiene nel Palazzo dei Congressi all’Eur. “Tale delibera – spiega il presidente Jacinto – si rende necessaria per il costante allargamento della base, il che comportava l’impossibilità di garantire, secondo la prassi sempre seguita da questo Comitato, la promozione alla categoria superiore delle società vincenti i rispettivi gironi. L’aumento dei gironi consente una maggiore selezione tecnica delle società”.

IL CONSIGLIO DIRETTIVO DEL CR LAZIO SI ALLARGA

Si allarga anche il Consiglio del Comitato Regionale, che ammette l’ingresso di altri due consiglieri. Per la sesta volta di fila Filippo Jacinto viene eletto presidente, che nella sua relazione nell’assemblea di fine quadriennio (chiuso con un avanzo di gestione di oltre 14 milioni di lire) che poi è anche la relazione del nuovo insediamento, fa il punto della situazione difficile che il calcio laziale ha dovuto superare. “Le nostre società hanno dovuto affrontare notevoli disagi nel quadriennio, superati grazie alla maturità e alla piena consapevolezza della loro opera. E’ bene ricordare che tutta la nostra organizzazio ne è stata messa a dura prova durante il periodo di austerità impostoci dalle autorità governative nella stagione 73-74, provvedimento adottato improvvisamente due mesi dopo l’inizio di tutta la nostra attività stagionale, creandoci un momento di smarrimento e di incertezza, Ebbene, in quell’occasione i nostri dirigenti, gli atleti e gli arbitri hanno reagito prontamente con abnegazione e immani sacrifici rendendo possibile il regolare svolgimento dei campionati”.

Accanto a Jacinto, nell’assemblea del 3 luglio 1976 vengono confermati Eugenio BartolozziFausto TraniAlberto Tribioli (a cui viene assegnata la benemerenza sportiva), Franco Ciavatta e Enzo De Angelis, che diventa vicepresidente nella prima riunione del Direttivo che nomina Raffaele Sciortino nuovo segretario, mentre il nuovo allargamento a sette unità del consiglio consente a Renzo Lorenzi e Angelo Riccioni di entrare per la prima volta nel consiglio. E’ Fausto Trani il consigliere che si occupa della Rappresentativa regionale, il cui commissario tecnico è Alfredo Orsini, con Nazzareno Cerusico allenatore (l’anno dopo lascerà a Mario Pelosi) e Roberto Belà massaggiatore. Nella seconda metà degli anni Settanta della Rappresentativa faranno parte, tra gli altri, anche Pietro Mantero, Pasquale Camillo, Igor Jankole, Carlo Del Bufalo, Gianfranco Ricci, Leopoldo Ciprianetti, Gianni Terribili, Nello Segatori, Gianni Bianchetti, Bernardino Pezzotti.

AI COMITATI PROVINCIALI TRASFERITA LA JUNIORES

Nella stagione 1976-77 la Lega Nazionale Dilettanti decide di trasferire ai Comitati Provinciali l’attività dei calciatori cosiddetti juniores, sottraendola definitivamente al Settore Giovanile. L’intento è di spingere tutti i propri club a sviluppare l’attività giovanile all’interno delle società. I Comitati Provinciali, oltre che all’organizzazione del primo campionato juniores della LND, devono attivarsi per effettuare le premiazioni delle società vincitrici i campionati della stagione precedente, che il Comitato Regionale decide di effettuate nei mesi di novembre e dicembre: inizia Rieti, poi Latina, Viterbo, Roma e infine Frosinone.

La stagione successiva è caratterizzata da un tentativo di illecito che coinvolge il Cynthia. La Disciplinare infligge sei punti di penalizzazione alla squadra di Genzano perché incolpata di aver tentato di alterare la gara Civitavecchia-Romulea consegnando al giocatore Antonio Mecorio del Civitavecchia sette biglietti da 100 mila lire, tagliati a trequarti promettendo la consegna delle parti mancanti uin caso di vittoria del Civitavecchia. Il presidente del Cynthia viene ritenuto colpevole di aver dato uno e due milioni ai giocatori Mario Cancellieri e Adriano Alibardi del Pro Cisterna per indurli a facilitare la vittoria del Cynthia. Il campionato di Promozione viene poi vinto dal Casalotti Pineta Sacchetti e dal Sora.

Il Comitato raggiunge un accordo con il “Corriere dello Sport” per pubblicare sul giornale settimanalmente uno stralcio del Comunicato ufficiale. La decisione serve ad ovviare il disagio continuo che si registra nell’invio per posta, anche tramite espresso, dei comunicati. Il quotidiano sportivo pubblica nelle giornata del venerdì, sia nell’edizione di Roma che in quella del Lazio, le decisioni del Giudice sportivo relative ai campionati di Promozione, I/a e II/a categoria. Una novità che comporterà un aggravio di spese per il Comitato ma che ha sicura efficacia.

UN ALTRO ILLECITO SPORTIVO IN II CATEGORIA

C’è ancora un illecito sportivo a caratterizzare la stagione 1978-79; un illecito che porta alla revoca della vittoria del campionato di II Categoria alla Nuova Podgora. In I Categoria viene pertanto ripescato il Monterotondo. All’interno del Comitato c’è un problema con i tesseramenti, che procedono a rilento. Il Comitato chiede alle società di svincolare i calciatori che non sono più necessari, dato l’elevato numero di vincolati che risultano dai tabultati che periodicamente vengono inviati alle società. Per questo motivo, il consiglio direttivo decide di alzare a 200 mila lire, dalla stagione 79-80, l’acconto per le spese di tesseramento. Il 9 dicembre ‘78 viene eletto alla presidenza della Lega Dilettanti Antonio Ricchieri, in sostituzione di Artemio Franchi diventato presidente FIGC.

Alla fine degli anni Settanta ha molta importanza l’attività ricreativa, che si affianca a quella dilettantistica.  I tornei si susseguono con un ritmo impressionante e già ad inizio stagione viene chiesta l’approvazione dei regolamenti e di assegnazione di commissioni tecniche. Sono tornei di quartiere o aziendali, che precedono l’attività ufficiale della FIGC o addirittura l’affiancano in gran parte del suo percorso stagionale. Il presidente del Comitato Regionale, Jacinto, è molto attento a valorizzare questa attività, che considera fonte di incremento per tutto il movimento calcistico regionale. Negli anni assume una sua dimensione il torneo Caravella, top dell’attività amatoriale del Lazio. Il delegato del torneo è Scibetta, con Franco Corsi che organizza tutto nei mini dettagli.

Al torneo prendono parte professionisti, avvocati, medici e calciatori in età avanzata e questo basta a far diventare un torneo da tenere conto negli uffici del Comitato Regionale. Malgrado il torneo riservi qualche problema disciplinare, il presidente Jacinto dimostra di tenere in grande considerazione il “Caravella”, che resterà in primo piano nel Lazio anche con l’avvento alla presidenza del Comitato di Enzo De Angelis.

OMOLOGAZIONE DEI CAMPI SPORTIVI IN II CATEGORIA

Nella stagione 1979-80 il Consiglio Direttivo del Comitato stabilisce che anche in Seconda categoria serva l’omologazioneno dei campi da gioco. Viene comunque concesso un periodo di adeguamento che si potrarrà fino alla stagione ‘82-83, quando chi non avrà un campo di dimensioni minime 50×100 non verrà ammesso al campionato. Durante il campionato, alcune squadre del girone B chiedono di spostare l’orario d’inizio delle gare dal pomeriggio alle 10,30 della mattina per evitare accavallamenti con le gare di serie A. Il presidente Jacinto indice un piccolo referendum tra le società appartenenti al girone che ne avevano fatto richiesta per conoscerne il parere. Viene fuori che 12 squadre su 16 non sono d’accordo a spostare l’orario d’ufficio. Così, il cambiamento viene bloccato, pur restando valida la possibilità di raggiungere accordi tra le società per ogni singola partita

Nella stagione 1979-80, Armando Pipparelli è ancora il giudice sportivo, con Carlo Calabria primo collaboratore. Negli uffici della giustizia sportiva entra Vittoriano Paoles, che per dieci anni sarà a sua volta giudice sportivo con la gestione SbardellaCesare Mazza continua ad essere il presidente della Disciplinare, con Tullio CapezzuoliArchimede Di PietroArmando Guadabascio e Damiano Ricevuto componenti. Antonio Sbardella, ex arbitro internazionale, dirigente della Lazio dello scudetto, della Roma e della Triestina poi, diventa presidente del CAR (Commissione arbitri regionale) e inizia a lavorare con Armando Pipparelli, di cui è fraterno amico essendo stato, il giudice sportivo, colui che ha indirizzato l’ex presidente del Comitato alla carriera arbitrale.

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La stagione 1980-81 porta alla conclusione dell’era Jacinto. Il presidente del Comitato Regionale porta a conclusione l’anno calcistico e viene anche rieletto nell’assemblea quadriennale del 28 giugno 1981. Ma resterà in carica ancora per pochi mesi in quanto a novembre verrà chiamato ad assumere la vicepresidente della Lega Dilettanti prima e, dopo un anno, quella della nuova Divisione Interregionale.

GIUSEPPE RUSSO, GIOVANE DIRIGENTE FEDERALE

Insieme a Jacinto, nell’assemblea di fine quadriennio vengono confermati consiglieri del CR laziale Enzo De Angelis, che è ancora vicepresidente, Eugenio BartolozziFranco CiavattaFausto Trani, Alberto Tribioli e Angelo Riccioni. Dal consiglio esce Lorenzi ed entra Ruggiero Lopopolo, che lascia la presidenza del Comitato Provinciale di Roma a Ferdinando Fanfani  Raffaele Sciortino è nominato segretario nella prima riunione del nuovo direttivo, con Franco Corsi suo vice per una sola stagione, in quanto a ottobre del 1981 sarà colto da malore e morirà. Nell’1983-84 il Comitato Regionale gli intitolerà il torneo amatoriale Caravella.

Gli inizi degli anni 80 segnano l’ingresso nel mondo del calcio di Giuseppe Russo, medico di Minturno chiamato a condurre la società pontina che non vive un periodo di grande splendore. Russo è giovane, uno tra i più giovani presidenti del calcio laziale, ma L’inesperienza non gli impedisce di far volare il Minturno, facendolo diventare subito uno squadrone.

Emblematica una partita del campionato di Promozione giocata contro il Marino di Pino Wilson, l’ex capitano della Lazio che nella sua breve esperienza nel calcio dilettantistico porta ai Castelli Romani fior di giocatori, prelevati dalle Primavera di Lazio e Roma. Il Minturno in quella partita incanta e riesce a vincere tre a uno, lanciando un segnale inequivocabile a tutto il campionato

JACINTO DIVENTA PRESIDENTE DELL'INTERREGIONALE

La Legge 91 sullo sport, varata nel 1981 decreta la fine del semiprofessionismo e, con esso, arriva la trasformazione del campionato di serie D in quello Interregionale. Un cambiamento che coinvolge Filippo Jacinto, chiamato prima a ricoprire la carica di vicepresidente della Lega e poi quella di presidente della nuova struttura federale. Il presidente del Comitato Laziale lascia la presidenza a metà stagione e lo fa a malincuore, pur sentendosi gratificato per l’incarico a cui è stato chiamato. Dopo quasi quattro lustri di presidenza, e trent’anni di vita trascorsi all’interno del Comitato il distacco non è facile: “Dopo diciotto anni di presidenza ho accettato l’invito fattomi dalle società del Centro Italia che mi hanno voluto eleggere Vice Presidente della Lega Nazionale Dilettanti – scrive Jacinto in una lettera di commiato alle sue società – E’ stata una decisione sofferta e maturata dopo lunga riflessione perché condizionata da contrastanti considerazioni: da una parte la consapevolezza di poter portare nel mio nuovo incarico quel bagaglio di esperienze acquisite in tanti anni di collaborazione con le società dell’altra il rammarico, particolarmente sentito, di abbandonare un’attività così viva, continua ed appassionata come quella finora svolta. Nel lasciare lla carica di presidente rivolgo un saluto affettuoso a tutte le componenti del calcio dilettantistico laziale e, in particolare, mi sia consentito, adi dirigenti di società che, a prezzo di grandi sacrifici, hanno reso possibile un miglioramento dell’attività tale da portare la nostra Regione ai primissimi posti della graduatoria nazionale”.

L’assemblea che elegge Jacinto alla presidenza del Comitato Interregionale (che era stato retto da Antonio Ricchieri per un anno) si svolge il 26 giugno 1982 a Roma, nel Jolly Hotel: votano 176 società su 200 e l’ex presidente del Comitato Regionale è eletto all’unanimità.

DE ANGELIS DIVENTA PRESIDENTE DEL CR LAZIO

Uscito di scena Jacinto, tocca a Enzo De Angelis, suo delfino e stretto collaboratore per quasi dieci anni, assumere la carica di presidente. Le società lo eleggono senza battere ciglio, scegliendo così la naturale via della continuità. Nel nome della continuità è anche l’elezione nel consiglio direttivo di Raffaele Sciortino, che mantiene la carica di segretario. Le prime innovazioni il nuovo presidente le porta nella composizione della Disciplinare: Cesare Mazza è confermato presidente, ma Archimede Di Pietro e Armando Guardabascio lasciano il posto a Antonio Masiello e Renzo Merluzzi. Ad inizio stagione Antonio Sbardella lascia l’incarico di delegato regionale degli arbitri e passa alla nuova Divisione calcio a 5. Nuovo presidente del CRA diventa Antonio Vitullo, che sarà in carica anche nel periodo più difficile del mondo arbitrale laziale, quello del “grande scandalo” che scoppierà nella stagione 85-86.

Alcune avvisaglie di quello che poi emergerà nei rapporti che si instaurano tra arbitri e dirigenti di società negli anni Ottanta si hanno già in questa stagione 81-82, dove si registrano, sia pure in campionati non di primo piano, diversi tentativo di illecito. Il Viterbo viene penalizzato di cinque punti per aver tentato di alterare la gara Castelgiorgio-Viterbo offrendo all’arbitro Settimio Caprioli 50 mila lire. Il Nuovo Formello, accusato di aver offerto un integrazione ai bassi rimborsi dell’arbitro della gara Nuovo Formello-Magliano Romano viene invece assolto. Tre sono i punti di penalizzazione per l’Ausonia, che tenta di favorire la propria vittoria contro l’Arce. Soldi e regali agli arbitri, ma anche ai guardalinee, saranno poi il leit-motiv delle accuse rivolte a numerosi dirigenti di società qualche anno più tardi.

NUOVO SISTEMA PER LO SVINCOLO DEI CALCIATORI

Nell’82-83 viene introdotto un nuovo sistema per lo svincolo dei calciatori, con un modulo in triplice copia che reca indicati i nomi dei calciatori tesserati per la società e il loro status. Una X accanto a nome determinerà la svincolo. Il sistema è ancora in vigore oggi. Il Comitato Regionale riesce ad ottenre un aiuto economico dalla Lega Nazionale Dilettanti, che concede un contributo di 354 milioni e mezzo di lire, soldi che vengono girati alle società secondo criteri di appartenenza: alle società di Promozione spetta un milione, a quelle di I Categoria 800 mila lire. Ad ogni società vengono anche stornate 125 mila lire per le spese arbitrali. L’anno successivo il contributo per le società di Promozione salirà a 2 milioni e mezzo, quello per le società di I/a Categoria ad uno e mezzo. E’ più o meno la cifra che ad inizio anni Ottanta ci vuole per iscriversi ai campionati. In questa stagione, Giuseppe Grispo assume un incarico ufficiale nel Comitato Regionale, diventando vicefiduciario dei campi sportivi, viene istituita la figura dell’addetto stampa, che viene ovviamente assunta da Franco Ciavatta, che oltre ad essere consigliere regionale è giornalista per il Corriere dello Sport

La stagione 1983-84 segna la nascita del calcio a cinque all’interno dell’organizzazione federale. Un rulo da grande motivatore e innovatore spetta ad Antonio Sbardella, che è stato chiamato a regolare l’attività nazionale della niova disciplina sportiva, impostasi a suon di tesserati e squadre all’attenzione della FIGC. Il movimento è così forte che viene organizzato il primo campionato federale di calcetto, espressione soprattutto di Roma e della sua provincia. Il primo comunicato ufficiale, datato 8 marzo 1984, lo firma Lionello Barelli, nominato Delegato Regionale dalla Presidenza Federale. Barelli può essere considerato il “padre” del calcio a cinque laziale subito dopo “Babbo Valiani”, che è stato il dirigente a dare il primo e maggiore impulso all’attività organizzata nella nostra regione.

IL CALCETTO ENTRA NEL MONDO FEDERALE

Il primo campionato di calcetto è unico, articolato su una prima fase regionale (otto, dieci squadre per girone) e una fase finale per l’aggiudicazione del titolo italiano. Iscriversi al campionato italiano di calcetto della FIGC costa 1 milione e 25 mila lire. Le gare si svolgono il martedì e il venerdì per evitare accavallamenti con il calcio; non sono ammessi a partecipare calciatori tesserati per società delle Leghe professioniste.

Al campionato di calcetto si iscrivono 77 squadre, divise in dieci gironi di diversa composizione. Questo tipo di ordinamento resterà in vigore fino al 1990, quando verrà istituito il girone unico di serie A a livello nazionale, nascerà il primo campionato femminile di calcio a cinque e saranno istituiti i campionati regionale e provinciale; quest’ultimi, per una sola stagione (92-93)  assumeranno poi la denominazione di Eccellenza e Promozione, sulla falsariga di quanto avveniva per i campionati di calcio, prima di trasformarsi in serie C nella stagione 1993-94.

In contemporanea con le nuove denominazioni dei campionati, il vecchio calcetto (tipica espressione nata nei circoli sportivi romani dove lo sport ha avuti i natali) diventa ufficialmente calcio a cinque. Soltanto a partire dalla stagione 1998-99 (che segna la nascita dei primi tornei sperimentali per allievi e giovanissimi), la classificazione dei campionati si dividerà in serie C e D (con quest’ultimo torneo che è d’ingresso al mondo federale); l’attuale denominazione di C1, C2 e serie D è in vigore dal 2002.

Il calcio a cinque regalerà moltissime soddisfazioni, sul piano sportivo, al Comitato Regionale Lazio. La rappresentativa regionale di calcio a cinque è ancora oggi la più titolata nel Torneo delle Regioni, avendo vinto sei volte il trofeo. Con particolare soddisfazione vengoni ricordati i due successi dell’Era Sbardella, ottenuti nel 1995 (accoppiata con la vittoria della rappresentativa femminile) e nel 1997, gli ultimi in ordine di tempo del Lazio. Sono quattro i delegati regionali che si sono succeduti nella storia del Comitato Regionale: dopo Barelli, è toccato a Piero D’Innocenzo (dal 92-93 al 95-96), Ugo Marini (dal 96-97 al 99-00), Antonio Dragonetti, che si è insediato nella stagione 2000-01, e a Pietro Colantuoni, in carica dal 2009.

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Nella stessa stagione della nascita del calcio a cinque federale, il terremoto colpisce la provincia di Frosinone, che nella sua attività calcistica risente di questo tragico evento. Il presidente De Angelis e i consiglieri mostrano subito grande sensibilità verso il problema e offrono collaborazione e aiuti alle società frusinati che hanno subito danni dal sisma. Anche il calcio viterbese è colpito da un evento tragico, la morte del suo presidente, il ragionier Luciano Ripamonti.

DE ANGELIS CONFERMATO PRESIDENTE DEL CR LAZIO

E’ il 7 luglio 1984 quando le società laziali vanno di nuovo al voto per rinnovare la dirigenza federale regionale in scadenza di mandato. L’assemblea conferma la fiducia al successore di Jacinto, Enzo De Angelis, che si rivela uomo di grande sicurezza, anche se un po’ troppo accentratore, ma comunque capace di mantenere politicamente gli equilibri giusti. Confermata anche la composizione del consiglio direttivo, che è sempre di sette elementi: così, a  Eugenio BartolozziFranco CiavattaRuggiero LopopoloRaffaele Sciortino e Fausto Trani (ancora responsabile della Rappresentativa, affidata a Rolando Giovanardi e Visconti Follador) si aggiungono Giuseppe Russo e Nuccio Caridi, che poi diventerà presidente regionale del Settore Giovanile e Scolastico. Segretario viene nominato il consigliere Sciortino, mentre nella sede del Comitato il punto di riferimento diventa Alessandro Ciuffa, il dirigente al bancone che ha il primo contatto con le società e arriverà a ricoprire l’incarico di componente del Comnitato Provinciale di Roma. Il fratello Mario, invece, è l’uomo di collegamento con l’ufficio postale, un ruolo importantissimo perché per le sue mani passano tutti i referti degli arbitri.

Anche De Angelis, come Jacinto cura poco il rapporto con i Comitati Provinciali, considerato di secondo piano e non per la scarsa considerazione che c’è nei confronti dei dirigenti che li compongono, quanto per le ridotte funzioni attribuite agli organi periferici. Qualcosa, tuttavia, De Angelis lo fa per migliorare questa situazione. Nella riunione del Consiglio Direttivo fissata per giovedì 6 settembre, insieme al presidente del Comitato Regionale del Settore Giovanile, si ravvisa comunque la necessità e l’opportunità di migliorare la funzionalità dell’attività dilettantistica e giovanile in provincia creando una commissione speciale. “Tenuti presenti i considerevoli impegni – spiega il presidente De Angelis – che ciascun Comitato Provinciale deve già assolvere per la conduzione dei campionati di 3^ categoria e dei campionati di Settore Giovanile, si è ritenuto opportuna la creazione di un organismo al quale assegnare il compito di collegamento fra il Comitato Regionale – e in particolarte con la presidenza – e le società delle Province partecipanti ai vari campionati. Il Consiglio decide di affidare al ragionier Antonio De Bernardis, al commendador Domenico Francioni e al ragionier Angelo Marchetti, presidenti dei Comitati di Frosinone, Latina e Rieti e al cavalier Angelo Riccioni, già consigliere del Comitato Regionale, il nuovo incarico di Fiduciari della Presidenza”. Nasce anche la consulta regionale, composta dall’avvocato Dante Fedeli, da Piercarlo GiorgiGiorgio Macagna e dai ragionieri Vittorio Mariotti e Aurelio Matteini.

LE ABBONDANTI NEVICATE CONDIZIONANO I CAMPIONATI

L'attività agonistica della stagione 1984-85 viene condizionata dalle nevicate che colpisono il Lazio il 6 gennaio dell’85 e che bloccano come mai prima l’attività calcistica laziale. Il Consiglio Direttivo è costretto a riunirsi in sede straordinaria per prendere atto delle eccezionali avversità climatiche e decidere di spostare a domenica 20 gennaio le gare dei campionati previste per il giorno dell’Epifania, facendo così slittare di due settimane tutta l’attività, “non essendo possibile stabilire cronologicamente il perdurare di tali avversità”. La novità più importante della stagione è la delibera con cui il Consiglio direttivo del Cr Lazio stabilisce di elevare da 10 a 14 il numero dei gironi della Seconda categoria, in virtù della crescita del numero di squadre iscritte.

I premi Baldani, istituiti al posto del torneo riservato alle squadre di I e II Categoria di qualche anno prima, che intendono ricordare la figura di uno dei più grandi presidenti del Comitato Regionale Lazio diventano una consuetudine nelle estati e negli autunni del calcio laziale. Così il 5 ottobre 1985, nell’Hotel Ergife Palace di via Aurelia, avviene la consegna stagionale del prestigioso riconoscimento. La cerimonia è preceduta dalla relazione Consiglio Direttivo, che durante la stagione sarà chiamato a far fronte ad un problema emergente: i disagi del doppio tesseramento con il calcio a cinque, disciplina che prende sempre più piede, soprattutto a Roma. Viene pertanto stabilito che per giocare durante la settimana nel calcio a cinque serve il “nulla-osta” della società di calcio di appartenenza. Soltanto chi è in possesso di questo documento può  tesserarsi anche per il calcetto, una regola che vale anche a parti invertite. Viene introdotta la limitazione nell’impiego dei giocatori in età anche nel campionato di II categoria. Il disposivito prevede l’impiego di non più di 4 calciatori al di sopra dei 27 anni. La regola andrà in vigore dalla stagione 87-88.

IL GRANDE SCANDALO DEGLI ARBITRI LAZIALI

Il grande scandalo degli arbitri piomba sul calcio laziale nell’autunno del 1986, quando gli echi del “totonero” che ha sconvolto il calcio professionistico non si sono ancora spenti e mentre la Federcalcio vive uno dei momenti più difficili, con il commissariamento della FIGC, affidato prima a Franco Carraro e poi ad Andrea Manzella. A differenza di quanto accadde nel 1958 con Zauli, questa volta la Federazione uscirà dalla crisi con un nuovo Statuto, nuove regolamenti e nuove  norme economiche ma non con un nuovo ordinamento dei campionati.

Nel pieno della crisi federale, scoppia dunque il caso-corruzione nel calcio laziale, che viene fuori in seguito ad una denuncia del dirigente Giuseppe Carbonara, deluso per la retrocessione del Priverno in Seconda Categoria nonostante i suoi tentativi di corruzione tesi a favorire proprio il club pontino. Carbonara, ex carabiniere, ex pugile e proprietario di una piccola azienda casearia, è dirigente del Priverno Fossanova e al presidente del Comitato Regionale Lazio, Enzo De Angelis, dichiara di “essersi rovinato per comprare gli arbitri”, chiedendo quindi “il ripescaggio per meriti sportivi” della sua squadra. Ricevuto l’ovvio rifiuto di De Angelis, il dirigente del Priverno sporge denuncia, inviandola per conoscenza al presidente del Comitato Regionale Lazio e a Tonino Vitullo, Commissario regionale degli arbitri. Inizialmente sono cinque le partite indicate come “corrotte”, ma l’inchiesta porta subito alla luce un’altra serie di incontri in cui il tema della corruzione è dominante.

Il sistema per indirizzare il corso delle partite viene messo in piedi un anno prima la sua deflagrazione da Giuseppe Carbonara e da Giuseppe Neroni, presidente del Priverno e zio del Carbonara, che il 19 novembre 1985 incontrano all’Eur gli arbitri Bruno Esposito e Brunello Brunelli, ai quali viene proposto il primo illecito. Gli incontri si susseguono durante il campionato e coinvolgono altri direttori di gara e anche il designatore dei guardalinee Sergio Cavaliere. A far venire completamente alla luce il sistema di corruzione molto diffuso nei campionati regionali laziali è la  confessione di quattro arbitri (Elia CatalanoAlfredo De Rosa, Bruno Esposito e Franco Zazza) che decidono di parlare nel tentativo di riabilitarsi. Soltanto Zazza, in seguito, proverà a ritrattare durante il dibattimento, ma l’unico risultato che l’arbitro riuscirà ad ottenere è una citazione di “meschinità psicologica” da parte della Commissione Disciplinare. “Le dichiarazioni rese dai quattro arbitro sono talmente concordanti – si leggerà poi nella sentenza firmata dal presidente Cesare Mazza – e quindi improntate alla verità. Sono quindi risultati vani i tentativi delle società, di fronte alle precise circostanze richiamate dagli arbitri, di elidere e attenuare le proprie responsabilità”.

L'INCHIESTA METTE A NUDO LA CORRUZIONE

L’inchiesta, condotta da una commissione formata dal magistrato Franco Serrao, dal capitano dell’aeronautica Biagio Martino e dal funzionario statale Lori-Piccolomini (tutti e tre membri dell’Ufficio Indagini della FIGC), prova il coinvolgimento diretto degli arbitri, che finiscono addirittura per frequentare la casa del Carbonara, come poi testimonierà la moglie dello stesso dirigente del Priverno. “Le accuse sono talmente dettagliate da non poter essere suscettibili di smentiti – si leggerà ancora nella sentenza – La Commissione ha lungamente vagliato la posizione del tesserati e seppur con sofferta decisione ha dovuto ritenere la loro piena responsabilità”. Il riferimento è soprattutto al dirigente del Fiumicino Pasquale Pes, tra i principali imputati, a cui viene contestato di “aver incaricato l’arbitro effettivo Lucio Lucarelli di contattare il guardalinee Elia Catalano – in relazione alla partita Fiumicino-Villalba – e l’arbitro effettivo Daniele Serra per indurli a favorire il Fiumicino, dietro compenso in denaro da dividersi tra la terna arbitrale e per aver corrisposto tramite il Lucarelli, al Catalano la somma di 800 mila lire che venne divisa tra il Serra, il Catalano e l’altro guardalinee Esposito e il Lucarelli medesimo”.

L'inchiesta conferma che la corruzione avveniva attraverso il versamento di denaro (150 mila lire a un milione e promessa di altri cinque a promozione avvenuta) o la donazione di buoni benzina, prosciutti, prodotti caseari, vino e dolciumi, definiti di “utilità varie”. Tra le donazioni, anche quella di un chilogrammo e mezzo di bistecche e l’ospitalità garantita per quattro persone (moglie e coppia di amici dell’arbitro De Rosa) all’albergo-ristorante “La Ripetta” di Gradoli, oltre ad una segreteria telefonica e a degli orologi.

IL PROCESSO ALL'ACQUA ACETOSA DI ROMA

Chiusa l’inchiesta, il dibattimento si svolge nell’Aula Magna della Scuola Centrale dello Sport all’Acqua Acetosa. A giudicare è la Commissione Disciplinare presieduta da Cesare Mazza e composta dai Tullio Capezzoli, Antonio Masiello, Renzo Merluzzi e Carlo Esposito. L’accusa federale è rappresentata da Manin Carabba, vice di Corrado De Biase che nella sua requisitoria rimprovera severamente i dirigenti coinvolti, colpevoli di “aver calpestato le regole del gioco fino alla più completa prostituzione. Arbitri da una parte e dirigenti dall’altra hanno formato due squadre, che hanno giocato una partita falsa durata tutto un campionato”.

Al procedimento è presente anche Gianfranco Menegali, rappresentante degli arbitri, la cui posizione viene stralciata in quanto tesserato per un altro organismo che ha un propria commissione disciplinare. Sarà proprio Menegali poi a giudicarle i 17 direttori di gara coinvolti nella vicenda. Per sette di loro (Mario Bartocci, Brunello Brunelli, Sergio Cavaliere, Luigi Fondacaro, Nevio Intilia, Lucio Lucarelli e Luigi Onesti) arriverà poi il ritiro della tessera.

La Commissione Disciplinare emette la sentenza il 21 dicembre 1986, quattro giorni prima Natale. E’ una sentenza pesante, che porta, complessivamente, 50 anni di inibizione ai dirigenti e 76 punti di penalizzazione da scontare nel campionato 87-88 alle squadre. Il presidente Cesare Mazza accoglie in pratica le richieste del vice procuratore federale della FIGC, Manin Carabba, ritenendo 10 dirigenti di società colpevoli di aver corrotto 17 arbitri con l’intento di alterare lo svolgimento e il risultato di 23 partite svoltesi tra il 20 ottobre dell’85 e il 18 maggio dell’86. Ai club vengono dati dai nove ai cinque punti di penalizzazione da scontare alla conclusione della stagione 86-87. Il massimo della pena tocca al Priverno e al Gradoli, il minimo a Fiumicino, Acquapendente, Nuova Itri, Fontana Anagni, Ceriara, Forano, Alvito e Policassino. Sette i punti di penalizzazione, invece, per la Stella Azzurra Porrino.

IL CALCIO LAZIALE PIANGE JACINTO E DE ANGELIS

Con questo terremoto disciplinare sulle spalle, la stagione 1986-87 porta al successo finale l’Isola Liri nel girone B (la Policassino, penalizzata di sei punti,  finisce terza a sette lughezze dalla prima classifica) e dal Passo Corese. Né il Fiumicino e né il Rieti, penalizzate, corrono rischi di retrocessione, chiudendo il campionato a metà classifica. Va peggio, invece, alle società di I Categoria penalizzate, che retrocedono quasi tutte in II, fatta eccezione per l’Olimpia Cecchina. Vengono promosse in questa stagione dalla I Categoria Trevignano, Romana Gas, La Rustica, Amatori Bnl e Sporting Pontecorvo.

L'anno 1987 si rivela un anno terribile per il calcio laziale. L’attività federale viene infatti funestata da ben tre lutti, che portano la perdita di due dirigenti che per quasi trent’anni hanno condotto per mano la vita del Comitato Regionale Lazio: Filippo Jacinto e Enzo De Angelis. Il commendador Jacinto scompare l’11 giugno 1987, De Angelis muore invece il 29 settembre, colpito da un attacco cardiaco quando è ancora presidente del Comitato Regionale Lazio e solo quattro giorni prima dello svolgimento dell’assemblea regionale per il rinnovo quadriennale della cariche federali.

Enzo De Angelis viene ricoverato all’ospedale San Giovanni in seguito ad un’intossicazione da medicinali dalla quale non riesce più a riprendersi. Proprio questa intossicazione gli aveva impedito di partecipare, il 22 settembre dell’87, all’assemblea della Lega Nazionale Dilettanti che aveva portato alla presidenza Elio Giulivi, dirigente dell’Elettrocarbonium Narni e figura importantissima, nel bene e nel male, nella storia del calcio dilettantistico italiano. I funerali di Enzo De Angelis si svolgono nella Basilica di San Lorenzo ed è padre Giustino a celebrarli, così come aveva fatto tre mesi prima per Filippo Jacinto. Per l’amico “Pippo” insieme a padre Giustino aveva officiato anche padre Libero, cuore della Spes, a cui era toccato il compito di ricordare la figura dell’ex presidente laziale. Sui banchi della basilica anche Franco Carraro, che era molto legato a Jacinto. Qualche mese più tardi la morte di De Angelis, scomparirà anche Maurizio Celani, segretario del Comitato Provinciale di Frosinone. L’8 febbraio dell’anno prima era invece morto l’arbitro Mario Lo Sasso, deceduto in un incidente stradale di ritorno da una direzione di una gara del campionato Under 18.

CIPOLLONE COMMISSARIO STRAORDINARIO

Nonostante la morte improvvisa di De Angelis, il commissario straordinario Manzella, in quei tempi insediato in FIGC a seguito di una crisi istituzionale, non può rinviare l’assemblea per il rinnovo delle cariche federali, ma riesce ad ottenere il rinvio della votazione per la carica di presidente, affindando ad un commissario straordinario la presidenza del Cr Laziale. Nell’hotel Ergife è il consigliere anziano Franco Ciavatta ad aprire i lavori in un clima di forte costernazione, mentre l’ex consigliere Alberto Tribioli traccia un toccante ricordo del presidente appena scomparso. L’assemblea dura pochissimo perché nessuno ha voglia e modo di parlare dei problemi del calcio laziale. Così, poco dopo la commemorazione di De Angelis si vota subito per l’elezione del Consiglio Direttivo che sull’onda emotiva viene confermato in blocco: Raffaele Sciortino ottiene 171 voti, Ruggiero Lopopolo 103, Fausto Trani 101, Nuccio Caridi 87, Giuseppe Russo 87, Franco Ciavatta 85 e Eugenio Bartolozzi 72. A presiedere il consiglio c’è Raffaele Cipollone, commissario straordinario, che aveva già vissuto una situazione d’emergenza qualche mese prima, gestendo l’Interregionale per qualche settimana prima dell’avvento alla presidenza di Alfio Branda. La stagione 1987-88 non segna soltanto dei lutti, ma anche la nomina di Antonino Catalfamo (consigliere federale con l’era Sbardella) a presidente del Comitato Provinciale di Roma, e quella di Roberto Ciccaglioni alla presidenza del Comitato Provinciale di Rieti.

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La morte di De Angelis non ferma l’attività agonistica, che va avanti fino al termine della stagione senza i sussulti di qualche anno prima. Il campionato Juniores si chiama “Campionato Giovanile”, è a carattere regionale e le società di Promozione sono obbligate a parteciparvi già da qualche anno. C’è anche una fase provinciale del campionato, riservate però a tutte le squadre delle altre categorie. I critieri di entrata e uscita dal principale campionato giovanile del Comitato Regionale sono ancora lontani da venire e così ammissioni ed esclusioni sono ancora prerogativa dei dirigenti federali, il cui potere in queste situazioni è fortissimo. Nei campionati giovanili come nei campionati dilettanti.

LIMITI D'ETA' IN PROMOZIONE

Alla Promozione, campionato a cui non possono prendere parte più di 5 giocatori che abbiano compiuto il 25.mo anno di età (è di 27 anni, invece, il limite per la I Categoria)  vengono ammesse Anzio e Marino e nella scelta, spiegano al Comitato, incidono la posizione di classifica dell’anno precedente, le dimensioni dell’attività giovanile, l’efficienza degli impianti sportivi, la partecipazione alle assemblee annuali, l’anzianità di affiliazione, la posizione nella Coppa Disciplina. Un ventaglio di situazioni che lasciano ampi margini di operatività ai dirigenti federali. Monteromano e Pofi sono invece le squadre ripescate in Prima categoria. La Rappresentativa è affidata ad Amos Cardarelli con Pino Grispo segretario, Fausto Trani dirigente e Visconti Follador allenatore.

Raffaele Cipollone, con l’appoggio della Lega Nazionale Dilettanti, da commissario diventa presidente del Comitato Regionale nell’assemblea dell’8 luglio del 1988. Raffaele Sciortino, viene nominato vice presidente e lascia la segreteria, per la prima volta, ad una donna, la signora Maria Cristina Gallo che in breve diventerà un preciso punto di riferimento per tutto il calcio dilettantistico, ma resterà nel Comitato Regionale appena una stagione. Il nuovo Consiglio Direttivo si presenta con un’importante novità, l’aumento di un girone sia in Promozione, campionato che passa da due a tre raggruppamenti, sia in I/a Categoria, che da cinque passa a sei gironi. La variazione degli organici apre la strada ad una riforma che va in vigore qualche anno dopo in conseguenza della nuova articolazione dei campionati professionistici di serie C1 e C2. La stagione 1988-89 è anche quella che assegna di nuovo al Lazio, dopo quasi trent’anni, l’organizzazione del Torneo delle Regioni.

IL CALCIO FEMMINILE ENTRA NELLA FIGC

Il Comitato sceglie il Sud Pontino e qualche centro del frusinate come sedi di gara, là dove cioè ci sono i campi in erba e delle strutture ricettive alberghiere in grado di ospitare tutte le diciannove rappresentative d’Italia. La manifestazione si svolge dal 17 al 23 marzo e impegna moltissimo le forze del Comitato Regionale che riescono a mettere in piedi un’organizzazione molto buona, poi riconosciuta dalla stessa Lega Dilettanti. Il Comitato Regionale Lazio cambia ancora sede nell’estate dell’89 perché la storica palazzina di via Antonio Musa, dopo trent’anni, è diventata piccola e scomoda. Scaduto il contratto di affitto, la Lega Dilettanti sposta la sede del Lazio in via Paisiello, all’ultimo piano di un palazzo affacciato sulla splendida Villa Borghese, a pochi passi dal prestigioso hotel Parco dei Principi, che per alcuni stagioni sarà sede delle assemblea regionali.

Nell’estate dell’89 il calcio femminile (rinosciuto dalla FIGC nel 1983) viene inquadrato nell’attività della Lega Nazionale Dilettanti, che costituisce un apposito comitato e dà vita alle delegazioni regionali e provinciali, ai quali viene affidata l’attività sul territorio. Viene affidato al consigliere regionale Ruggiero Lopopolo il primo incarico primo delegato del calcio femminile laziale, che con l’arrivo di Antonio Sbardella nel Comitato Regionale, passerà a Sandro Silvestri, già dirigente della selezione provinciale di I/a categoria del Comitato Provinciale di Roma vincitrice, nel 1995, del torneo delle Province d’Italia.

Contemporaneamente all’ingresso nella grande famiglia della Lega Dilettanti, il Consiglio Federale, a dicembre del 1989 viene varata un’altra riforma dei campionati che porta all’istituzione di un nuovo campionato a livello regionale, denominato di Eccellenza, che partirà dalla stagione 91-92 e che nel Lazio sarà articolato su due gironi da 16 squadre ciascuno. Le vincenti accederanno al Campionato Nazionale Dilettanti, (che prende il posto dell’Interregionale) le retrocedende alla Promozione. Per mandare a regime la riforma, la Lega Dilettanti si concede due stagioni, durante le quali le modalità di promozione sono diverse. Il Lazio è penalizzato dalla riforma, in quanto i posti in IV Serie a sua disposizione da tre scendono a due. Viene così stabilito che nella stagione 90-91 si dovrà giocare uno spareggio a tre tra le vincenti dei gironi di Promozione. Le ultime tre promozioni dirette all’Interregionale sono dunque quelle della stagione 1989-90, che regala il salto di categoria a Casalotti, Spes Montesacro e Anzio Calcio, con quest’ultima che sale di categoria dopo una penalizzazione inflitta al Marino, vincitore del girone C, per un illecito sportivo.

IL CASO MARINO AGITA IL CALCIO REGIONALE

Il “caso Marino” scoppia a fine stagione, quando negli uffici del Comitato arriva una denuncia per un tentativo di illecito presentata (in ritardo come poi accerteranno gli inquirenti) da Benedetto Panunzi che il presidente del Fiuggi, Giuseppe Martellacci, il giocatore della stessa società Bruno Giustini e il Marino avrebbero messo in atto per favorire il successo della squadra castellana nella partita dell’11 marzo del 1990. Secondo l’accusa, il presidente Martellacci avrebbe invitato il proprio portiere Giustini a “farsi segnare una rete”. Nel giudizio di primo grado, davanti la Disciplinare, il Procuratore Federale Vito Giampietro (oggi consigliere federale) chiede la penalizzazione di 4 punti per il Marino, la squalifica di 4 anni per Giuseppe Martellacci e per il portiere Bruno Giustini.

La Disciplinare accoglie soltanto in parte le richieste, squalificando per tre anni Martellacci e Giustini ma assolvendo il Marino, che potrà così festeggiare la vittoria nel girone C della Promozione e il conseguente salto in Interregionale con tre lunghezze di vantaggio sull’Anzio. Sarà poi la CAF, il 7 settembre, a ribaltare la classifica del girone C della Promozione, riconoscendo la responsabilità del Marino, accogliendo in pieno le richieste della Procura Federale, che portano a 4 gli anni di squalifica di Martellacci e Giustini e infliggono 4 punti di penalizzazione al Marino, che costano ai castellani del presidente Domenico Fiore il primo posto in classifica a vantaggio dell’Anzio.

CRISTINA GALLO LASCIA IL COMITATO REGIONALE

La stagione 1990-91 parte dunque con un cambio in corsa di protagonisti. Il Marino torna a giocare in Promozione, mentre l’Anzio si ritrova a disputare il campionato Interregionale. La società castellana è ancora protagonista di questa stagione con un lungo e a volte aspro duello sportivo con il Terracina, per assegnare la vittoria nel girone C della Promozione. La perseveranza del club marinese è così forte che neanche due spareggi (il primo con il Terracina per determinare la vincitrice del girone) fermano la corsa dei gialloblù al Campionato Nazionale Dilettanti.

Insieme al Marino, dopo un mini-torneo di spareggio a tre che viene giocato allo stadio Flaminio di Roma, sale in Interregionale il Villalba Ocres Moca, mentre il Fregene resta in Promozione con profonda delusione. Per determinare le squadre promosse tre gare non bastano, in quanto i punti acquisiti e la differenza reti mettono sullo stesso piano Marino e Fregene, che dunque devono giocare un’ulteriore gara di spareggio ,che viene vinta dai castellani uno a zero. In via sperimentale era stato varato anche un Campionato Under 23 che dà diritto, alle società vincenti, di accedere alla II/a Categoria. A stagione iniziata, il 13 ottobre del 1990 nell’hotel Midas sulla via Aurelia, si tiene l’assemblea ordinaria delle società laziali. Un’assemblea che saluta il segretario Cristina Gallo, chiamata a lavorare da Elio Giulivi nella Lega Dilettanti.

Il Consiglio Direttivo nomina segretario Giuseppe Patassini, ma dopo una sola stagione anche lui sarà chiamato a lavorare nella sede della Lega in via Po. A fine marzo, in contemporanea con il trasferimento della sede nei nuovi uffici di via Pollenza 4, nel quartiere Tiburtino, la segreteria viene affidata Marco Cenciarelli, che è legato a Raffaele Cipollone. Anche Cenciarelli resterà pochissimo negli uffici del Comitato Regionale perché Antonio Sbardella, subito dopo la sua elezione, chiamerà al suo fianco il dottor Melchiorre Zarelli, attuale presidente del Comitato Regionale, che ne sarà compagno di viaggio all’interno della Federazione per dodici lunghissimi anni. La stagione 1991-92 manda in vigore la riforma varata dalla Lega Dilettanti due stagioni prima. Nasce il campionato di Eccellenza, la cui prima edizione è vinta dal Colavene Industrie di Civita Castellana e dal Cynthia di Genzano. I gironi di Promozione sono ancora tre, ma dopo la prima stagione è evidente la difficoltà di far quadrare il meccanismo di accesso alle categorie superiori.

LA COPPA ITALIA DILETTANTI

Il Consiglio Direttivo del Comitato Regionale stabilisce dunque di aumentare di un girone sia il campionato di Promozione (si passa da tre a quattro) che quello di I/a Categoria (da cinque a sei). Con l’istituzione del campionato di Eccellenza, cambia anche la formula della Coppa Italia, arrivata alla XXVII edizione. Alla fase regionale vengono infatti iscritte d’ufficio tutte le squadre dei campionati di Eccellenza e Promozione, che si affrontano tra di loro per l’assegnazione del titolo regionale e l’ammissione alla fase nazionale. Possono prendere parte alla competizione tre fuoriquota, nati dal 1 gennaio 65  in poi.

Nuovi limiti d’età anche per i fuoriquota in Eccellenza e Promozione: 26 anni e tre per ogni squadra, di cui uno rientrante nella categoria dei fedelissimi (tesserati con la stessa società per almeno sei stagioni di fila). Viene anche fatto obbligo di inserie nella lista da presentare all’arbitro due calciatori appartenenti alla categoria Under 18. E’ il primo passo verso la politica dei giovani che prenderà piede negli anni  Novanta. Pesanti le sanzioni disciplinari per chi non rispetta la regola: multa di un milione e un punto di penalizzazione in classifica. Nel Comitato Provinciale di Roma Antonino Catalfamo è il presidente, mentre Giorgio Freddi (che è il segretario), Alessandro Ciuffa, Vincenzo Iannone, Sandro Silvestri e Giuseppe Urbani sono i componenti del direttivo. Roberto Ciccaglioni, Michele Serratore, Giuseppe Testa e Domenico Mancinelli sono invece i presidenti del Comitati provinciali di Rieti, Latina, Frosinone e Viterbo.

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