Boreale DonOrione, ecco i vincitori del concorso letterario

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Si è concluso, con l’assegnazione delle borse di studio ai sette vincitori, due ex aequo, il concorso letterario #DISTANTIMAUNITI, voluto dal Presidente della Boreale DonOrione Leandro Leonardi per seguire sempre più da vicino tutti i tesserati della Società, costretti a stare a casa per la sospensione dell’attività sportiva a causa della pandemia dovuta alla rapida diffusione del Covid-19. Tutti gli elaborati, compresi quelli che non sono stati scelti dalla commissione giudicante, hanno messo in evidenza come la Boreale sia per tutti una famiglia, un punto di riferimento per la vita dei ragazzi, che è venuto a mancare, ma che è ben scolpito nelle loro menti.

Un vanto per la Boreale sapere, tramite questa iniziativa, che i propri calciatori abbiano assimilato quegli insegnamenti di formazione educativa che una Società dilettantistica ha il dovere di impartire. E allora, ecco che si esalta il rispetto delle regole, degli avversari, dell’arbitro, senza dimenticare il sano combattimento leale, l’appartenenza a una stessa maglia che deve essere onorata fino in fondo, i genitori, i nonni e la passione per lo sport. Insomma, per tutti il calcio è vita.

Scrive Cristi Otgon, 18 anni, portiere dell’U19 e vincitore nella categoria che racchiudeva Eccellenza, Juniores e Under 19: “È facile dividere le persone e molto difficile unirle. Cercare di sfruttare questo momento di stop per fare un resoconto della nostra vita e cercare di migliorarla perché adesso abbiamo tempo, sfruttiamolo nel migliore dei modi, io ho scoperto che riesco a fare la pizza e ho riscoperto amicizie perdute”.

Una sfida contro il virus per Andrea Ricci (1986): “Vinceremo finalmente questa battaglia, la partita più’ difficile della nostra vita, quella che mai ci saremmo aspettati di giocare, perché in fondo la vita è come il calcio, ogni giorno ti sorprende e ti mette a dura prova”.

Uniti si vince, riflette Riccardo Andolina (2003): “Non siamo più io e te, siamo noi, tutti insieme. Non esistono più nemici, ne esiste uno soltanto. Non esistono guerre, ne esiste una sola. Non esistono paure, ne esiste una sola. Non esistono più squadre, ne esiste una sola”.

Michele Musto (2004) ha vinto nella categoria U16. Ricorda come nel 2019 si è conquistato il torneo di Agropoli. “Un solido legame di amicizia, che rendeva possibile che il nostro compagno fosse, ancor prima di noi stessi, la persona su cui fare affidamento, pronto al sacrificio per la propria squadra”.  Angelo Santarelli (2004) conferma: “Ognuno svolgeva più ruoli, ognuno correva più di quanto realmente potesse e ognuno aiutava al meglio il proprio compagno in difficoltà”. Il calcio come maestro di vita: “Le lezioni tratte durante la mia attività calcistica – spiega Daniele Tondi (2004) – mi hanno migliorato anche come persona, nella capacità di gestire le emozioni e nel cercare di risolvere i problemi personali ma anche quelli di un gruppo”.

Ex aequo nella categoria U15. Si dividono il premio Andrea Fiasco e Tommaso Fabrizi. Il primo in poche righe sintetizza: “Squadra è voglia di fare e paura di deludere, è desiderio di vincere e terrore di perdere, è pazienza in panchina e responsabilità in campo, è trappola che diventa rifugio, sogno che diventa realtà, gruppo che diventa famiglia”.

Per Tommaso c’è bisogno di un gioco di squadra per battere il Covid-19: “C’è il portiere che sono i dottori e che devono impedire di far entrare il virus in porta, cioè di vincere e di fargli prendere il sopravvento, ci sono i difensori, che siamo noi che ci difendiamo stando a casa, ci sono gli attaccanti, che sono i ricercatori che cercano un medicinale o un vaccino per mettere fuori gioco questo virus.”.

Chiosa Carlos Galdini (2005): “Ero convinto che in questa società sarei cresciuto non solo tecnicamente, ma anche nella testa, grazie ai consigli del mister e all’aiuto di tutta la squadra. La Boreale è la mia casa”.

Andrea Totino (2006), vincitore nella categoria U14, riscopre quei valori centrali in un processo di crescita: “Il calcio mi trasmette un senso di appartenenza ad un gruppo di ragazzi fantastici, guidati da un mister molto competente e con grande esperienza, che ha avuto la capacità di valorizzare ciascun ragazzo, sia a livello calcistico, sia a livello personale, trasmettendo ad ognuno di noi grande affetto, rispetto reciproco, capacità di resistenza e solidarietà, valori che, mai come quest’anno, ho saputo apprezzare e renderli parte fondamentale della mia crescita”.

Vincenzo Tutore (2006) ammonisce: “Non bisogna mai abbassare la guardia. In questo periodo di quarantena vale la stessa regola: finché il nemico non è sconfitto non bisogna pensare di aver vinto”. La felicità al centro dei pensieri di Alessandro Pola (2006) nel corso di una partita che lo ha reso protagonista: “Il massimo non è irraggiungibile, non sarebbe il massimo altrimenti. E la felicità non è una condizione, e non è neanche il suo raggiungimento. Poi mi sono chiesto: potevo fare meglio? In quel caso non avrei potuto. Così ho ottenuto anche il massimo della felicità”.

Vincono Francesco Longo (2007) e Patrizio Pisani (2008) nella categoria Esordienti. A Francesco mancano gli amici, le trasferte in pullman, quello stare insieme che a quell’età significa divertirsi: “Quanto vorrei ora risalire su quel pullman e non stare sempre al cellulare, ma parlare con i miei compagni. Parlare, scherzare, cantare, cose vere, non virtuali. E le pacche, gli abbracci, pure le spinte”. Patrizio racconta tutta la sua felicità per aver partecipato a un torneo fuori Roma: “Al Clagluna di Viareggio, ho toccato il cielo con un dito, eravamo solamente in 11. L’esperienza è stata entusiasmante, sembravamo 11 principi”.

Emanuele Borgazzi (2007) pensa alla nonna che non c’è più: “Ero molto nervoso perché volevo vincere questa partita a tutti i costi per onorare mia nonna. Esultai alzando le mani e gli occhi al cielo e dedicai il gol a mia nonna dicendole, è per te”. La voglia di sfogarsi di Mirko Celli (2008): “Gli adulti pensano che quello che ci stanno chiedendo di fare, cioè stare a casa, sia facile, ma in realtà per noi è difficilissimo, perché noi bambini siamo i più attivi e quelli che hanno più bisogno di sfogarsi. A tutti noi manca quell’ abbraccio, lo stesso abbraccio in grado di farci vincere le partite”.